TI AMERO' SEMPRE
Premio EFA 2008 come Miglior attrice a Kristin Scott Thomas e nomination Golden Globe come Miglior film straniero

Regia di: Philippe Claudel
Attori: Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Serge Hazanavicius, Laurent Grevill, Frédéric Pierrot, Claire Johnston, Catherine Hosmalin, Jean-Claude Arnaud, Olivier Cruveiller, Lise Ségur, Mouss, Souad Mouchrik, Nicole Dubois, Laurent Claret, Marcel Ouendeno
Soggetto: Philippe Claudel
Sceneggiatura: Philippe Claudel
Fotografia: Jérome Alméras
Musiche: Jean-Luis Aubert
Costumi: Jacqueline Bouchard
Scenografia: Samuel Deshors
Montaggio: Virginia Bunting
Produttore esecutivo: Yves Marmion
Produttore: Sylvestre Guarino
Coproduttore: Alfred Hurmer
Titolo originale: Il y a longtemps que je t’aime
Origine: Francia e Germania 2008
Distributore: Mikado
Link: www.ilyalongtempsquejetaime-lefilm.com www.mikado.it www.ugcdistribution.fr
Durata: 115’
Produzione: UGC YM - Integral Film in coproduzione con France 3 Cinéma - UGC Images in associazione con Sofica UGC 1 e Sofica Soficinéma 4 con la cooperazione di Canal+ e TPS Star con il sostegno di Eurimages, la Regione della Lorraine, la cittŕ di Nancy e la Comunitŕ urbana della Grande Nancy
Programmato dal 6 febbraio 2009

Dalla scrittura al cinema

Ti amerò sempre o forse... ti ho sempre amato

È ormai difficile entrare in sala e assistere al cinema delle emozioni, quello che ti colpisce nell'intimo, al di là delle immagini più o meno spettacolari, quello che ti coinvolge per la storia che racconta, senza tanti fronzoli, basandosi sui dialoghi, il controllo degli attori, i piani descrittivi, la recitazione. È una prassi che il cinema commerciale d'importazione ignora da tempo e molti dei prodotti nostrani, legati a una assurda competizione cui il mercato li costringe, sono sempre più fiction para-televisiva. Nel frattempo da oltralpe ci arrivano alcuni film che riconciliano il rapporto autore/spettatore attraverso le emozioni di cui sopra. Uno fra tutti Ti amerò sempre di Philippe Claudel. Juliette (Kristin Scott Thomas) torna alla vita normale dopo 15 anni di carcere. Ad accoglierla è la sorella Léa (Elsa Zylberstein). Durante il lungo periodo di detenzione le due sorelle non si sono mai incontrate, Léa non è mai andata in parlatorio, come i suoi genitori, del resto. La famiglia in toto aveva deciso che Juliette non esisteva più. Ma che terribile e infamante reato ha commesso Juliette per essere rifiutata dalle persone che più aveva amato e che più l'amavano? Claudel non scopre subito le sue carte, lo spettatore apprende a piccole dosi, come se componesse i frammenti di un puzzle che ricostruiscono lentamente l'immagine, e arriva finalmente a svelare il drammatico episodio che si è consumato 15 anni prima. Léa ospita la sorella in casa sua, dove vive con il marito, le sue due bambine e il suocero. L'impatto è freddo, Juliette non vorrebbe restare con una sorella che l'ha rifiutata nel momento più difficile della sua vita, e le attenzioni ansiose che le rivolge le appaiono forzate, ma Léa è al momento l'unico punto di riferimento, l'unica casa in cui può vivere, anche perché non è autonoma economicamente. Anche Luc si dimostra ostile, proprio a causa del delitto che l'ha portata in carcere. La vecchia madre, ormai all'ospizio, non riconosce più nemmeno Léa, e del resto ha smesso da anni a voler riconoscere come sua figlia Juliette. L'accettano solo l'innocenza delle bambine e del suocero, che non parla più ma sembra individuare sentimenti e trepidazioni più di qualunque altro componente del piccolo nucleo familiare. Anche Juliette è ostile verso la sorella e il cognato. In 15 anni non s'è visto nessuno in carcere, adesso perché hanno deciso di accoglierla in casa loro? Però l'ufficiale di polizia incaricato di seguire il suo percorso riabilitativo sembra avere una sorta di umanità e di comprensione riguardo la sua situazione. Come spesso succede, le cose cambiano, in tutti i sensi. Piano piano le due sorelle trovano dei punti d'incontro, anche se un po' forzati. Il marito sembra cambiare opinione sulla cognata e a sorpresa l'anziana madre pare riconoscere in Juliette la figlia perduta. Ma c'è anche l'aspetto sgradevole: il poliziotto cui doveva presentarsi saltuariamente (che nel frattempo le aveva anche trovato un lavoro) viene sostituito con un ufficiale molto freddo, che non lascia speranze a un rapporto umano.

 

 

Philippe Claudel, romanziere pluripermiato, già affermato sceneggiatore, per la prima volta diventa regista e scrittore di un film suo e riversa tutta la sua esperienza di narratore nel commovente rapporto tra le due sorelle. Sembra conoscere alla perfezione il meccanismo di coinvolgimento emotivo dell'immagine cinematografica. Naturalmente anche grazie alle due attrici protagoniste. Kristin Scott Thomas è perfetta nell'esprimere dolore e risentimento, la cinepresa la segue cercando di carpire i suoi segreti, scavando con i primi piani in un volto chiuso al mondo esteriore, una maschera che non tradisce emozioni, ma pronta a esplodere. Elsa Zylberstein, al contrario, esterna continuamente le proprie emozioni. La commozione per l'incontro con la sorella, dopo tutti quegli anni; l'apprensione che l'accompagna in tutti i gesti che riguardano Juliette; il timore che l'aver accolto la sorella possa incrinare il rapporto col marito; la muta e continua richiesta che le si legge negli occhi e che gli spettatori si rivolgono a loro volta: cosa è successo veramente quel maledetto giorno di 15 anni prima e perché. I silenzi e le reticenze delle due donne non fanno che acuire il loro dolore.

Marcello Moriondo

Dalle note di produzione:

"TI AMERO' SEMPRE è un film sulla forza delle donne, sulla loro capacità di resistere, di rimettere insieme i pezzi delle loro vite e di rinascere. E' una storia che parla dei nostri segreti, dell'emarginazione e dell'isolamento che tutti condividiamo" Philippe Claudel

Claudel, lei ha ottenuto un grande successo con i suoi libri, che hanno ricevuto numerosi premi. Perché realizzare un film dopo tanti romanzi?

Le immagini mi hanno sempre intrigato, sia che nascano da parole, fotogrammi o quadri (in un certo periodo della mia vita ho dipinto molto...). Amo approfondire la nostra visione del mondo attraverso le immagini, vi gettano nuova luce, la mettono in discussione con la loro presenza e la obbligano a riflettere su se stessa. Inoltre sono sempre stato un patito di film. Quando all'inizio degli anni Ottanta studiavo storia e letteratura all'Università di Nancy, ho realizzato diversi corti. Io e i miei amici eravamo sempre davanti o dietro una cinepresa, di volta in volta come sceneggiatori, operatori, attori o montatori. A quel tempo già scrivevo molto, ma nutrivo anche un sincero desiderio di creare e mostrare immagini. Ma il cinema è ritornato nella mia vita solo nel 1999 grazie a Yves Angelo, che ho incontrato dopo la pubblicazione di "Meuse l'oubli", il mio primo romanzo. Angelo mi chiese di lavorare con lui e la nostra prima collaborazione - la sceneggiatura di "Sur le bout des doigts" - divenne un film, da lui diretto e distribuito nel 2002. In seguito ho incontrato produttori che mi hanno chiesto di scrivere sceneggiature che però non sono mai state realizzate. Infine è arrivata la grande avventura di "Le anime grigie": Yves voleva farne un film, io ne scrissi la sceneggiatura e lui fu così gentile da coinvolgermi nel progetto, con la ricerca di location, il casting e le letture con gli attori... Angelo risvegliò in me il desiderio di avere un controllo maggiore su una mia creazione, fino alla fine. Ero come in attesa dell'occasione giusta e della storia adatta che mi avrebbe portato alla regia. Fare un film è un processo molto complicato, che richiede molta energia, tempo e denaro: non è possibile affrontarlo prendendolo sottogamba. E' più faticoso che scrivere. Per un romanzo scrivo quando mi pare e mi fermo quando voglio. Ma quando la macchina della produzione di un film si mette in moto, non puoi fermarla. Per poter sopportare tutto quello che comporta, è necessario - ma parlo solo per me - poter contare su un soggetto profondamente radicato dentro di se', così da mantenere intatto il desiderio e l'urgenza di raccontarlo. E questo, fortunatamente, è ciò che è successo con questa storia.

Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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