LEBANON Attori: Yoav Donat, Itay Tiran, Michael Moshonov, Oshri Cohen, Zohar Strauss, Dudu Tassa, Ashraf Barhom e Reymond Amsalem Sceneggiatura: Samuel Maoz Fotografia: Giora Bejach Scenografo: Ariel Roshko Montaggio: Arik Lahav-Leibovici Musica: Nicolas Becker Produttori: Uri Sabag, Einat Bikel, David Zilber, Moshe e Leon Edry, Benjamina Mirnik e Ilan Girard Titolo originale: Levanon Origine: Israele, Libano, Germania e Francia 2009 Distributore: Bim Link: www.bimfilm.com www.celluloid-dreams.com Durata: 93’ Produzione: Metro Communications, Paralite Pictures, Arsam International e Ariel Films Programmato dal 23 ottobre 2009 Vivere la guerra da dentro un carro armato è un vivere claustrofobico. Il nome in codice per quell’ammasso di ferraglia è "Rinoceronte", sempre più ridotto a lerciume ambulante, a imbarcare acqua come fosse una barca, ridotto male al pari dei soldati, sempre più nervosi, sporchi e sotto shock. Sono quattro ragazzi che in una missione contro l’esercito siriano entrano in città, cercano di evitare il contatto con i civili e già trovano tanti morti e feriti lungo la strada. Sono a contatto col sangue, afa, sudore, sete. Naturalmente chi ci va di mezzo sono i civili, sacrificati e sacrificabili. Finiscono in una zona sotto il controllo siriano e si beccano un razzo anticarro, rimanendo tutto sommato integri. Le litigate interne non si contano, con il comandante i cui ordini vengono spesso contestati per problemi fisici, o di logica. Capiscono di aver perso il controllo della missione, si sentono in trappola e hanno paura di venir presi prigionieri o di morire. |
Il regista israeliano è al suo esordio e mette insieme le sue esperienze giovanili in una raccolta autobiografica di artigliere ventenne per ricordare il primo conflitto in Libano durante il giugno 1982 da un’altra e personale angolazione dopo il pluripremiato Valzer con Bashir di Ari Folman. Tutto si svolge all’interno del carro armato e la realtà esterna viene vista esclusivamente per il tramite del mirino telescopico. Dopo un po’ il carro armato è ridotto a pura sozzura, per terra staziona una pozzanghera d’acqua e chissà quale maleodorante sostanza. La violenza inaudita non viene mostrata, bastano solo le parole di un falangista verso un prigioniero di guerra e il senso della paura di morire in malo modo è palpabile e sconvolgente. Film antimilitarista, asfissiato, emozionante, non consolatorio, non autoassolutorio, quello che infine si capisce è l’assurdità della guerra (di ogni guerra) e il degradarsi della propria anima. In mezzo ad alleviare il dolore dei sentimenti ci sono i ricordi di una prima volta consumata addirittura con la maestra, un padre da non deludere o una mamma da invocare. Cinzia Nolasea Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche tra i film già usciti fino al 7 gennaio 2010 e successivamente nell’archivio. |
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