THE COMMITMENTS

Regia di: Alan Parker
Attori: Robert Arkins (Jimmy Rabbitte), Michael Aherne (Steven Clifford), Angeline Ball (Imelda), Maria Doyle Kennedy (Natalie Murphy) e Dave Finnegan (Mickah Wallace)
Titolo originale: THE COMMITMENTS
Origine: Gran Bretagna/Irlanda/Usa 1991
Distributore: Warner Bros Italia
Distributore video: Columbia Tri Star Home Video
Durata: 116’
Produzione: 20th Century Fox Film Corporation, Lk-Tel Video, Laurenfilm S.a., Mgm Home Entertainment

Jimmy è un ragazzo della classe operaia della periferia di Dublino, come tanti si arrabatta per sopravvivere in una città in cui tutti sembrano scivolare verso un inesorabile destino fatto di miseria. Ma lui non è uno dei tanti, ha qualcosa che in un posto dove i soldi non esistono vale infinitamente di più del denaro, ha un’idea buona e sa come realizzarla. Jimmy è un grande intenditore di musica e decide di creare una band, The Commitments, che suoni un genere nuovo, il "Dublino Soul". La musica diventa parte integrante di questo film completandolo di nuove tonalità di colore, geniale il filo diretto tra il soul e Dublino, il soul è musica nera che parla della sofferenza e della fatica, un punto di contatto tra due realtà apparentemente lontane ma che il protagonista spiega con una frase meravigliosa: "Il soul lo cantano i neri, gli Irlandesi sono i più neri d’Europa, i Dublinesi i più neri d’Irlanda e quelli di periferia sono i più neri di Dublino".

I personaggi di The Commitments si muovono in un quadro, sotto il cielo piovoso d’Irlanda, caratterizzati in maniera unica, come solo un grande romanziere del calibro di Roddy Doyle sa fare. Infatti il film nasce dalla penna di quel genio di Doyle che oltre al romanzo ha scritto anche la sceneggiatura della pellicola. I protagonisti sono inseriti in un dipinto del quale i personaggi secondari costituiscono il bordo, il limite estremo verso la scalata al successo.

Il regista, Alan Parker marca questo limite ogni qual volta i personaggi sembrano essere arrivati a qualcosa di importante. Fin dall’inizio Parker vuole inserire le vicende in un contesto chiaro e coerente, nella prima scena, quando ancora scorrono i titoli di testa, si vede Jimmy che cammina in un mercatino di periferia nel vano tentativo di vendere della merce di poco valore, è un povero tra i poveri, è il punto di partenza, il primo bordo del quadro. A costituire gli altri limiti una sfilza infinita di personaggi secondari, dal ricettatore che reclama i propri soldi al fidanzato benestante della corista, simbolo di una generazione di figli di papà.

 

 

Una riflessione particolare sul riuscitissimo personaggio del padre di Jimmy, un uomo di mezza età che vive nel mito di Elvis, tenta di copiarne la pettinatura nonostante i pochi capelli e in salotto ha un dipinto del Papa sul quale troneggia una foto del suo idolo. Con questo personaggio Doyle e Parker inseriscono il film in una dimensione grottesca e divertente ma non fine a sé stessa, infatti attraverso gli occhi diffidenti del padre di Jimmy il pubblico si accorge che i The Commitments sono un gruppo che può sfondare e quella accozzaglia di musicisti raccattati per strada diventa una band. Ma c’è anche una terza schiera di personaggi muti, silenziosamente efficaci che danno le ultime pennellate allo sfondo di un quadro perfetto, sono i ragazzini che giocano per le strade, il pubblico dei concerti, i fratelli di Jimmy e la religiosissima madre, i vicini di casa e tanti altri. Insomma i personaggi sono infiniti, e le storie che si intrecciano altrettanto, la bravura di Parker è stata quella di coglierli tutti e tutto, mostrando il volto reale di Dublino, soffermandosi sulle rughe del viso dei lavoratori e sugli occhi chiari delle donne. Chi guarda questo film per la prima volta ha la sensazione di non essere riuscito a cogliere ogni sfumatura, Parker sembra volerci dare tante notizie tutte insieme e ognuno coglie ciò che vuole o ciò che gli interessa.

E proprio quando il film sembra risolversi nella classica trama della scalata verso il successo, tipica tematica del cinema americano , Parker ci mostra un lato poetico in un velo di tristezza, ci lascia quella sensazione di incompiuto che fa diventare il film un mito, ci fa affezionare ancora di più ai personaggi che mostrano la loro fragilità davanti allo spalancarsi delle porte del successo. Il film si chiude toccando l’anima del pubblico, proprio come fa la musica soul, con una frase che racchiude il senso di una storia e di tutta una vita, "Potevamo diventare famosi e incidere tanti dischi ma quella sarebbe stata una cosa banale, così invece è poesia". Stupenda la Colonna sonora, un doppio album che ha venduto tantissimo in tutto il mondo, con pezzi rivisitati di Wilson Pickett, Joe Tex, Otis Redding, riconsiderati dalla voce incredibile del cantante dei The Commitments, Andrew Strong.

Ivan Saladino

 

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