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TUTTO SU MIA MADRE

Regia di: Pedro Almodovar
Attori: Cecilia Roth, Marisa Paredès, Penélope Cruz, Rosa Maria Sarda, Fernando Fernan Gomez, Toni Canto, Antonia San Juan e Candela Peña
Titolo originale: Todo sobre mi madre
Origine: Spagna-Francia 1999
Durata: 101’

Diciamo subito che trattasi di film drammatico, anche se con l’inconfondibile impronta ironica e sarcastica, irriverente e trasgressiva che ci ha sempre regalato Pedro Almodovar. Ma per i cuori facilmente straziabili, il primo quarto d’ora non perdona. La storia è difficilmente raccontabile per il dipanarsi intricato della trama che scopre e intreccia poco a poco i molti personaggi. Difficile anche per il timore di svelare troppo a chi vorrà vedere questo film bellissimo, ritenuto il vincitore morale del Festival Internazionale del Film di Cannes 1999 dove la giuria, presieduta da Cronenberg, gli preferì il film L’umanità di Dumont.

C’è una madre che lavora per far conoscere la donazione degli organi e vedrà messe a dura prova le proprie convinzioni. Una suorina esile e gentile incinta e sieropositiva. Una attrice famosa innamorata di una giovane eroinomane, che vive le sue tragedie sentimentali ignorando di averne create di ben più gravi. Il transessuale che si è guadagnato le forme femminili con violenze e umiliazioni. Un universo popolato di mille personaggi, un mondo popolato solo di donne (o quasi) dove gli uomini sono solo di passaggio, violenti, squallidi o smemorati. Uomini che non contano. Vi sembra un mondo strano? Quando sarete immersi nel film, nulla vi sembrerà più normale ed equilibrato di quel magico intruglio di vite sopra le righe, dove ciò che emerge maggiormente è la felice capacità delle donne di unirsi, capirsi, aiutarsi e rinascere insieme con grande solidarietà. Meraviglia in questo film la capacità sempre più profonda di Almodovar di entrare nella psiche femminile e di descrivere e far parlare le donne meglio di quanto le donne stesse possano fare. Si impone una riflessione sulla famiglia, su quanto possano comporsi più armoniosamente famiglie non biologiche, ma amalgamate dalla spinta emozionale, dagli affetti profondi che magari (e giustamente) spaziano al di là dello stesso sangue. Un invito all’annullamento delle "diversità", a guardare meglio dentro le persone senza pregiudizi.

Mietta Albertini

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