SHORTBUS Regia di: John Cameron Mitchell In una New York molto da struttura artistica che sta cercando qualcosa di nuovo per distrarsi dalle preoccupazioni derivate dall’11 settembre, tre storie si incrociano. Si inizia con un autoerotismo di una coppia gay, con Severin, una "dominatrice", complessata nell’intimo, dedita a soddisfare i più reconditi segreti dei clienti e che abita in un piccolo magazzino in quanto non riesce a mettere insieme l’occorrente per abitare in un appartamento e che si fa sbattere in un cunnilinguo su un pianoforte, e infine con Sofia, una terapista psicologa del sesso che cura i problemi sessuali dei due gay e intanto non ha mai avuto un orgasmo, peraltro simulandolo con uno sposo che non disdegna le soddisfazioni solitarie. Sofia va allo Shortbus, un centro per coppie, un bar, un locale alla moda, un posto underground, dove incontra James e Jamie, i due gay in crisi. Sofia ama il marito Rob e intanto cerca di avere un orgasmo. Si cerca insomma attraverso il sesso di completare la propria vita, prendendo ispirazione da un luogo dove tra recitazioni e letture ci si sfoga anche carnalmente. |
Al di là dell’aspetto scandalistico di una sessualità presentata in maniera piuttosto esplicita, si cerca di colmare una insoddisfazione di fondo. Le coppie si scambiano e si spera di avere un nuovo partner possa offrire almeno un momento di felicità. Ovviamente il finale è aperto, a significare che il discorso sulla sessualità non può trovare la parola fine. Il film passa attraverso momenti tragici ed altri comici, come il cantare l’inno americano col microfono piantato tra le chiappe, per dare il senso del tono dissacratorio di tutto l’andazzo. Sesso e amore sono slegati, spesso destinati alla disillusione, e raramente si confondono in una polisessualità che converge nello Shortbus, incrocio di arte, musica, politica e sesso Maurizio Ferrari Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio. |
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