BAMBOLE RUSSE

Regia di: Cédric Klapisch
Attori: Romain Duris, Kelly Reilly, Audrey Tautou, Cécile De France, Kevin Bishop, Evguenya Obraztsova
Titolo originale: Les poupées russes
Origine: Francia Inghilterra 2005
Distributore: Bim
Link: www.bimfilm.com www.studiocanal.com www.france2.fr
Durata: 125’
Programmato dal 28 ottobre 2005

"L’albergo spagnolo" era stata una discreta sorpresa, nel 2002, per la sua freschezza e il suo cosmopolitismo applicato alla gioventù in età universitaria. "Le bambole russe" ne è il seguito, con un protagonista in realtà invecchiato di cinque anni, per poterlo osservare alla fatidica soglia del compimento dei trent’anni. Cedric Klapisch cerca il più possibile di attingere dal proprio maestro, François Truffaut, per proporre non un mero sequel, ma l’osservazione dell’evoluzione di un personaggio, catturato in una fase di crescita alla quale corrisponde una sorta di crisi di "adolescenza". Il personaggio- feticcio di Klapisch, infatti, passa il tempo del film nell’incontrare varie donne, di etnia e personalità diverse, ma tutte connotate da un indiscutibilmente elevato tasso di bellezza o, almeno, di fascino. Con i suoi antichi coinquilini i contatti sono rimasti sporadici e anche la vita sentimentale, segnata dal precedente incontro con una donna sposata, non si è evoluta in modo solido. Il film passa il tempo a porsi molte domande intorno al tema dell’amore: perché una persona e non un’altra? Perché si fanno sempre un sacco di sciocchezze? Perché un solo amore sembra non bastare? E così via. Dovremmo condividere i dubbi con il confuso protagonista, anche perché il regista sa benissimo che non esistono risposte certe a questi interrogativi e, dunque, si guarda bene dall’esprimere sentenze definitive. Come il tanto evocato Antoine Doinel di Truffaut, Xavier ondeggia fra una relazione e l’altra, senza riuscire a capirci un granché, compiendo gesti che tradiscono stati d’animo precisi e tenendo comportamenti che spesso non corrispondono alle intenzioni.
Il film si mantiene brioso, come il primo episodio. Klapisch, che ha girato in video digitale, si diverte con gli effetti visivi (moltiplicazione degli schermi, accelerazioni, flash-back inseriti uno dentro l’altro proprio come "bambole russe"), costruendo così un collage, forse non proprio generazionale, ma legato alla confusione dei tempi, oltre che a quella, atavica, dell’uomo incapace di scegliere. A differenza di quanto era riuscito al suo maestro, Klapisch non riesce nell’intento di colpire nel profondo con la leggerezza (apparente). Il sorriso arriva con il contagocce, il continuo andirivieni temporale genera soprattutto caos e le compiacenze riservate al protagonista (e non a un universo femminile descritto come un serraglia) a lungo andare irritano. E ciò che Barcellona infondeva in magia, il peregrinare di "La bambole russe" sottrae in un inconcludente tour da turismo sessuale.

PER: Finirà prima o poi il tempo dei film sui trentenni che non crescono mai?

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net )

 

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