DIE HARD – VIVERE O MORIRE Regia di: Len WisemanAttori: Bruce Willis, Timothy Olyphant, Justin Long, Maggie Q, Cliff Curtis, Jonathan Sadowski, Mary Elizabeth Winstead, Kevin Smith, Yancey Arias, Christina Chang, Yorgo Constantine, Andrew Friedman, Sung Kang, Matt O’Leary e Cyril Raffaelli Sceneggiatura: Martin Bomback da una storia di Martin Bomback e David Marconi eda un articolo di John Carlin Fotografia: Simon Duggan Montaggio: Nicolas de Toth Scenografia: Patrick Tatopoulos Musica: Marco Beltrami Produttore: Michael Fottrell Produttori esecutivi: Arnold Rifkin e William Wisher Titolo originale: Live Free or Die Hard Origine: USA 2007 Distributore: 20th Century Fox Link: www.20thfox.it www.livefreeordiehard.com Durata: 129’ Produzione: 20th Century-Fox Film Corporation, Dune Entertainment e Ingenious Film Partners Programmato dal 26 ottobre 2007 Il cinema americano più spettacolare vive, in questi anni, perlopiù di eroi nati sulla carta, serialità e ritorni dal passato. Dopo Rocky e prima di Indiana Jones, in quest’ultima categoria anche il John McClane di "Die hard 4", resuscitato per il grande schermo dodici anni dopo il precedente capitolo. Naturalmente, tutto poggia sulle spalle ancora forti e il volto rude di Bruce Willis, che si ripresenta con un’aria, almeno inizialmente, piuttosto svogliata e la calvizie bene in vista. Il primo "Die hard" ("Trappola di cristallo" nella edizione italiana) aveva il fondamentale pregio di rispettare, aristotelicamente, le unità di tempo, luogo e spazio, calando l’eroe solitario, quasi per caso, dentro un palazzo preso in ostaggio da un gruppo di terroristi. Da lì in poi, con i capitoli successivi e i numerosi cloni (con i vari Steven Seagal e Wesley Snipes, fra gli altri), l’individuo votato alla missione patriottico-umanitario è stato calato un po’ ovunque, dagli aeroporti agli autobus, dagli aerei alle strade metropolitane. Sempre in spazi aperti, comunque, e fronteggiando pericoli concreti. La variante di "Die hard – Vivere o morire" sta nella natura del pericolo, che stavolta è immateriale e viene dal cyberterrorismo. |
All’inizio del film, McClane è impegnato soprattutto a spiare la figlia, con la quale, naturalmente, vive un rapporto contrastato (la moglie dei primi due episodi è definitivamente scomparsa nel nulla). Anche il nuovo incarico che gli viene affidato appare di routine: il poliziotto, infatti, deve scortare un giovane hacker verso un luogo di detenzione federale. Le cose precipitano presto, però, quando entra in scena un ex agente governativo a capo di una banda di criminali digitali, che vuole distruggere il sistema di sicurezza americano, minacciando istituzioni, banche e anche larghe fette di popolazione, se necessario. E allora rieccoci all’uno contro tutti, portato avanti magari con un po’ di rassegnazione, ma sempre in nome della patria. I fan dei precedenti "Die hard" non si preoccupino. A dispetto dell’immaterialità della minaccia principale, non vengono risparmiate sequenze di forsennata azione, corpi impilati, botte che deturpano il protagonista senza abbatterlo e scene accessorie varie del genere. Di particolare effetto sono le scene aeree. Aeree, viene da chiedersi? Cosa c’entra il cielo con la corrosione di una rete di computer? Ecco, appunto. Per poter minimamente apprezzare questo film, occorre dimenticarsi che esiste la parola "perché". Concentrandosi su uno spettacolo costruito all’antica, con pochi effetti digitali e un po’ di stilemi classici del genere ben disseminati, allora si può uscire dalla sala soddisfatti. Ma se appena si prova a riflettere non solo sull’incongruenza della trama, ma soprattutto sul sottotesto (attenti alla Rete, nuovo terreno del male, soprattutto contro l’America), meglio evitare di perdere tempo. PER : Ingegneri e informatici in genere si faranno grasse risate sul livello dei dialoghi assegnati soprattutto al cattivo e sulla pessima conoscenza tecnologica degli sceneggiatori.Roberto Bonino (Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net) |
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