CARAMEL Regia di: Nadine Labaki Layale è innamorata di un uomo sposato, Rabih, ma il rapporto è sul finire. Invece Nisrine è una giovane musulmana prossima al matrimonio e vive tutta l’angoscia di chi sente che aver perso la verginità è un problema e non ha idea di come raccontarglielo al fidanzato. Poi c’è Rima, che sente fortemente un impulso di attrazione per le donne, vorrebbe nasconderlo e vive solo in funzione della visite di una rifulgente frequentatrice dalla lunga chioma. Jamale non ammette di stare invecchiando e non sopporta lo scorrere del tempo. Per concludere la vecchia zia Rose, che pensa al ragazzino dopo una vita di solitudine tutta dedita a quella strampalata della sorella maggiore e per la quale ha vissuto solo di sacrifici. Tutto questo in una Beirut splendente, dove cinque donne si incocciano sistematicamente in un istituto di bellezza, luogo in cui si riproduce un universo in piccolo per storie e personaggi del gentil sesso, desiderose di tranquillità e che invece incappano solo in battaglie, sia esterne che nell’animo. Qui si danno convegno donne di diverse età, religione e cultura, che parlano senza troppi problemi e con la licenza e la confidenza tipica delle donne, esprimendo i loro punti vista su sesso, amore, maternità, differenze religiose, matrimonio e di se stesse. Molto è affidato all’amicizia e al cameratismo, alle gelosie e alle incertezze interiori, superando così quel senso incombente di consuetudini comuni ma asfissianti. Al salone gli uomini sono esiliati, o per lo meno sono tenuti alla larga, come il bell’ufficiale coi baffi alla Omar Sharif. Si parla soltanto di loro, di sesso e di maternità, tra colpi di spazzola e il profumo di caramello, che è un miscuglio di zucchero, acqua e succo di limone, con risvolti talvolta dolorosi per essere rovente da scottare e con la stessa regista nei panni della torturatrice in capo al salone di bellezza. |
La giovane libanese Nadine Labaki, nata nel 1974, arriva dalla pubblicità e dai clip musicali per approdare a questo gradevole debutto nel lungometraggio, molto applaudito al festival di Cannes, per una commedia romantica parecchio delicata e indulgente, con punte di umorismo e di ironia. Si descrive una società patriarcale nella quale si suppone che le ragazze non possano fare sesso prima o fuori dal matrimonio. La struttura procede per episodi quasi bozzettistici basati su donne di diverse generazioni e senza grosse cadute di ritmo grazie a gags visuali, alla ricchezza dei dialoghi e delle osservazioni. Tra l’altro la politica non è molto menzionata, essendo il film stato girato prima della guerra dell’estate del 2006. Maurizio Ferrari Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche tra i film già usciti fino al 8 gennaio 2008 e successivamente nell'archivio. |
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