ELIZABETHTOWN
Presentato fuori concorso al 62° Festival di Venezia 2005 nella versione non definitiva di 138'

Regia di: Cameron Crowe
Attori: Orlando Bloom, Kirsten Dunst, Susan Sarandon, Judy Greer, Jessica Biel e Alec Baldwin
Titolo originale: Elizabethtown
Origine: USA 2005
Distributore: Uip
Link: www.elizabethtown-ilfilm.it www.uip.it www.paramount.com www.shorefire.com www.elizabethtown.com www.rcarecords.com www.cameroncrowe.com
Durata: 124’
Programmato dal 4 novembre 2005

Cameron Crowe si porta dietro un fardello di difetti che, film dopo film, non riesce a correggere, riuscendo quasi sempre a bruciare sceneggiature e idee interessanti. Tanto per fare degli esempi, "Quasi famosi" era poco focalizzato e "Vanilla Sky" era almeno venti minuti più lungo dell’originale spagnolo "Apri gli occhi". Arriviamo così a "Elizabethtown", un altro esempio di film che avrebbe potuto essere originale e inventivo con un regista più abile a controllare la materia. D’altra parte, quella uscita nelle sale è già una revisione del film passato per qualche festival e tagliata di una ventina di superflui minuti. Un segno eloquente. Drew è un giovane rampante, lavora in un’azienda di calzature ed è pronto al grande balzo, dopo aver inventato una scarpa rivoluzionaria. Ma il mercato la rifiuta e il fallimento assuma dimensioni economicamente astronomiche. Mentre sta per suicidarsi, la sorella gli comunica la notizia della morte del padre, avvenuta mentre era nel suo paese natale, in Oregon. Tocca a lui andare a recuperare la salma e farla cremare, come da volontà della madre. Durante il volo, essendo l’unico passeggero a bordo, non può fare a meno di conoscere l’unica hostess presente, la ciarliera Claire, che ne intuisce lo stato d’animo e fa di tutto per tirarlo su. Non ci fosse di mezzo un funerale e un certo numero di parenti campagnoli da gestire, fra i due potrebbe nascere una bella storia d’amore. Invece, Crowe divaga, costruisce un ritratto di provincia macchiettistico e solo raramente divertente, per arrivare a un finale che tira in ballo, senza troppa logica, addirittura le radici del blues e qualche simbolo della libertà anni Sessanta. Sappiamo che il regista è un grande appassionato di musica e anche qui non fa nulla per nasconderlo, con la solita ricca colonna sonora e la storia parallela di un cugino di Drew che una volta ha suonato con i Lynyrd Skynyrd. Questo alleggerisce un po’ la storia, ma non riesce a farci dimenticare che il punto d’arrivo è quello più prevedibile, che l’alchimia fra i due protagonisti funziona troppo bene da subito e che certe idee, come una lunga telefonata a metà film o il viaggio finale progettato da Claire ed eseguito da Drew rallentano la vicenda anziché renderla più interessante.

PER: Tutto sommato, comunque, ci sono meno trucchetti sentimentali del solito.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net )

 

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