L’IGNOTO SPAZIO PROFONDO
Presentato nella sezione "Orizzonti" al 62° Festival di Venezia 2005

Regia di: Werner Herzog
Attori: Brad Dourif, Ellen Baker e Franklin Chang-Diaz
Titolo originale: The Wild Blue Yonder
Origine: Germania, Inghilterra e Francia 2005
Distributore: Fandango
Link: www.fandango.it
Durata: 81’
Programmato dal 25 novembre 2005

Definito dallo stesso regista una "science fiction fantasy", "L’ignoto spazio profondo" riporta il regista tedesco Werner Herzog sul terreno da lui già esplorato con "Fata morgana", sul confine fra documentario e finzione. Un attore c’è, Brad Dourif, che sciorina i suoi monologhi davanti alla telecamera, in alternanza a materiali d’archivio sui viaggi spaziali o a scene girate all’interno di astronavi in missione dagli stessi astronauti. Dourif si presenta come un alieno, piovuto sulla Terra dalla lontanissima Andromeda. Inizia a spiegare com’è arrivato fino a noi, se la prende con i suoi simili che non hanno contribuito a formare una comunità sul nostro pianeta e ci fa sapere di aver trovato, nel tempo, lavoro alla Cia, dando un contributo attivo all’indagine sul caso Roswell (tracce di alieni trovate negli Usa negli anni 50 e perlopiù tenute segrete). Da lì partì la decisione di inviare nello spazio la navicella Galileo, in cerca di altre possibili forme di vita. Si vedono, a questo punto, numerosi inserti filmati all’interno dell’astronave Sts-34 dagli stessi componenti dell’equipaggio, perlopiù ripresi mentre svolgono attività ordinarie, in una sorta di balletto a gravità zero, sottolineato da musica etno-jazz e canti dei sardi Tenores de Cuncordu di Orosei. Si procede così, fra immagini che servono a corroborare il racconto dell’alieno (ad esempio riprese subacquee sotto il ghiaccio artico rappresentano il pianeta di provenienza del protagonista) ed elementi puramente documentaristici, come interviste e filmati d’epoca. Il mix di fatti reali e finzione sembra avere l’obiettivo di tener viva l’attenzione del pubblico, ma traspare anche uno dei temi favoriti di Herzog, ovvero l’impersonale e irriducibile "altruità" della natura, vista come universo vasto e impossibile da comprendere. Giudicato sotto questa luce, il film assume il tono dell’apologo, rafforzato da un finale nel quale Herzog immagina la Terra trasformata in una sorta di immenso parco di divertimenti totalmente sfruttato dall’uomo e dalla sua follia distruttrice. Per finire con il ritorno sulla Terra della navicella Galileo, ottocento anni dopo, quando il nostro Pianeta sarà irrimediabilmente ritornato allo stato primordiale.

PER: Un modo insolito, ironicamente dotto, per ammonirci sulla relatività della nostra specie, confrontata con l’enormità dello spazio che ci circonda.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net )

 

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Un viaggio ipotetico nello spazio: un gruppo di astronauti gira su una navetta intorno alla terra, senza possibilità di ritorno, perché il nostro pianeta è diventato inabitabile. La causa di questo rimane sconosciuta: guerra globale, diffusione di una malattia incontrollabile, radiazioni dopo la completa scomparsa dello strato di ozono, o qualsiasi altra cosa. L’equipaggio dell’astronave deve trovare il posto più ospitale là fuori, nello spazio, e rilasciare una sonda da Galileo, il loro cargo. Purtroppo Galileo, dopo aver mandato indietro dei dati non molto rassicuranti, è stato mandato in una missione suicida... Senza saperlo, abbiamo avuto visitatori dallo spazio per decine d’anni. Sono venuti da un pianeta sommerso dall’acqua, il "Wild Blue Yonder", e i loro tentativi di creare una nuova comunità sulla terra non hanno portato grandi risultati. Il film è narrato da uno dei visitatori alieni, Brad Dourif. Attraverso parole e immagini liriche, viene mostrato come i nostri tentativi di trovare una nuova casa nello spazio siano destinati a fallire. Ci spiegano come in passato, quando la terra era stata minacciata dall’estinzione, una sonda fu mandata a cercare un luogo alternativo... non ebbe successo.