HOSTEL

Regia di: Eli Roth
Attori: Paxton: Jay Hernandez, Josh: Derek Richardson, Oli: Eythor Gudjonsson, Natalya: Barbara Nedeljakova, l’uomo d’affari olandese: Jan Vlasak, Svetlana: Jana Kaderabkova e Kana: Jennifer Lim
Fotografia (da HDCAM a 35mm): Milan Chadima
Montaggio: George Folsey Jr.
Musica: Nathan Barrokoun Produttori: Eli Roth, Mike Fleiss e Chris Briggs
Produttori esecutivi: Quentin Tarantino, Boaz Yakin e Scott Spiegel
Co-produttori: Dan Frisch e Philip Waley
Titolo originale: Hostel
Origine: USA 2005
Distributore: Sony Pictures Releasing
Link: www.lionsgatefilms.com www.columbiatristar.it www.sonypictures.it
Durata: 95’
Produzione: Next Entertainment e Raw Nerve production
Programmato dal 24 febbraio 2006

"Hostel" inizia come "Eurotrip" e il tentativo di scimmiottatura è evidente. Un paio di giovanotti americani se ne va in giro per l’Europa fondamentalmente in cerca di sesso facile. Noli li incontriamo ad Amsterdam, rappresentata secondo i più comuni stereotipi, legati alle ragazze in vetrina e ai bar dove si consuma marijuana liberamente. I due, in compagnia di un amico islandese, fanno tardivo rientro in ostello e rimangono chiusi fuori. Li ospita un tizio che abita lì vicino e che li convince a deviare dal loro percorso di viaggio per andare in Slovacchia, dove potranno dare massimo sfogo alle loro pulsioni e divertirsi con ragazze estremamente disponibili. Allettato dalla prospettiva, il terzetto si reca nei pressi di Bratislava ed effettivamente si vede accolto in un luogo assai promettente, con tanto di camere e saune miste, ragazze dell’est pronte all’avventura e simili. Quando il primo di loro sparisce, inizia la seconda parte del film, un improvviso e oscurissimo viaggio nell’abisso umano, che ci porta ai confini dello snuff movie, immaginando un posto dove la gente paga per poter torturare a morte le proprie vittime. Dobbiamo prendere sul serio un film come questo? La risposta a pelle sarebbe certamente negativa. Eli Roth, già regista del non memorabile "Cabin Fever", gioca sul sicuro, puntando sull’immaginario di tanta gioventù americana sull’Europa, mettendoci la giusta dose di erotismo nella prima parte e di effetti sanguinolenti nella seconda. Attenzione alle sfumature, però. Al gruppetto di teenager viene fatto credere che in Slovacchia non ci sono giovani uomini "a causa della guerra", che in realtà non c’è mai stata. Arrivati in ostello, su un televisore scorre "Pulp fiction" doppiato in slovacco. Nel luogo di tortura si scopre che si paga di più per avere come vittima un americano.

 

 

 

Insomma, il film è costellato di elementi ironici, che servono a far emergere un sottotesto di denuncia dell’ignoranza del giovane statunitense medio e a giocare sul metacinema per ricollegarsi a una tradizione che vuole l’horror come efficace metafora del tempo in cui sono stati prodotti, dai mostri anni Cinquanta che evocavano la "minaccia rossa" agli zombi emblemi della generazione del consumismo, fino al Freddy Krueger cattiva coscienza dell’era reaganiana. "Hostel" non arriva a tanto, ma tutto sommato può rappresentare questi anni della violenza anestetizzata, della ricerca dell’estremo stimolata da quanto si vede in televisione o su una Playstation. A rovinare tutto, ci pensa un finale di banale vendetta, segno che da una produzione targata Tarantino non necessariamente nascono nuovi autori, ma tutt’al più artigiani della serie B tanto amata dal regista di "Kill Bill".

PER: Nostalgici dell’Inter Rail.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)
Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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