MY FATHER - RUA ALGUEM 5555

Regia di: Egidio Eronico
Attori: Thomas Kretschmann, Charlton Heston e F. Murray Abraham
Soggetto: dal libro Papa di Peter Schneider (E/O editore)
Sceneggiatura: Egidio Eronico e Antonella Grassi
Titolo originale: My Father
Origine: Italia, Brasile e Ungheria 2005
Distributore: A. B. Film
Link: www.myfather-themovie.com www.abfilm.it
Durata: 115’
Programmato dal 23 giugno 2006

C’è di che essere imbarazzati nel parlare di un film come "My father". Un regista italiano come Egidio Eronico (autore anni fa di un notevole film d’esordio come "Stesso sangue", codiretto con Sandro Cecca) e un soggetto ricco di spunti e rimandi storici purtroppo non bastano a sollevare il tentativo dal triste fallimento. "My father" riesuma, in un certo senso quasi letteralmente, la figura di Joseph Mengele, medico nazista noto come "Dottor Morte", che sterminò migliaia di ebrei utilizzandoli come cavie per i propri esperimenti volti a cercare di estrarre il gene della pura razza ariana. Scampato alla cattura dopo la fine del nazismo, Mengele riuscì a rifugiarsi in Sudamerica e a sfuggire a tutti i tentativi di nuova cattura. Nell’opera di finzione allestita da Eronico, tocca al figlio di Mengele, Hermann, recarsi in Brasile per riconoscere la salma del padre, che parrebbe morto per annegamento in un fiume. L’occasione è utile per ricostruire in parte le "imprese" del carnefice, ma soprattutto dovrebbe servire a riflettere sull’eredità di dolore lasciata dalla terribile esperienza della metà del secolo scorso, con atrocità che si sono riflesse non solo sui corpi straziati dei milioni di vittime, ma anche sui figli di una certa Germania, segnati per sempre dal marchio dell’infamia. Tallonato da un fastidioso avvocato, che ritiene questa morte come l’ennesima messinscena, Mengele junior rievoca l’unico e l’ultimo incontro avuto con il padre, sei anni prima. Un momento lacerante per un uomo che ci ha messo del tempo per ricostruirsi un’esistenza, ma anche per un figlio separato dal padre in giovane età. Queste due nature contraddittorie non si conciliano, dando luogo a uno scontro dialettico impossibile da ricucire, ma anche lasciando al figlio il dubbio se denunciare o meno il criminale ai servizi segreti israeliani, che non hanno mai smesso di dargli la caccia. Come questa figura centrale incapace di prendere una decisione importante, anche il film si dibatte fra riflessione storica, confronto generazionale e mystery, senza scegliere una strada precisa, un tono, persino uno stile. Si oscilla fra bianco/nero e colore, pellicola e digitale, abbozzi di ricordi d’infanzia e tesi ardite. Gli attori sono mal guidati e Charlton Heston nei panni di Mengele sfiora qua e là il ridicolo. Sul personaggio dei criminale nazista è stato già girato un film di fantasia, "I ragazzi venuti dal Brasile" (1978, lì c’era Gregory Peck, anche lui fuori parte), che non si può dire riuscito, ma almeno lasciava un monito sulla possibilità che certe atrocità potessero ripetersi. Qui, invece, resta ben poco di una storia che appare lontana, schermata, incapace di instillare emozioni o almeno dubbi. Quel che è peggio, si arriva a momenti di umorismo involontario, con Hermann che prova a far sentire il padre in colpa mostrandogli filmini "d’epoca" o preda di incubi costellati di atroci procedure chirurgiche. Quei pochi minuti di immagini-verità valgono più di quanto un’opera di finzione come questa potrà mai comunicare.

PER: Più che con il coerente padre, verrebbe voglia di prendersela con un figlio incapace di dare una risposta soddisfacente al suo agire. E con il film che ce lo mostra

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)
Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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