OGNI COSA E’ ILLUMINATA
Presentato nella sezione "Orizzonti" al 62° Festival di Venezia 2005

Regia di: Liev Schreiber
Attori: Elijah Wood, Eugene Hutz, Laryssa Lauret e Boris Leskin
Titolo originale: Everything is Illuminated
Origine: USA 2005
Distributore: Warner Bros.
Link: www.warnerbros.it www.ognicosaeilluminatafilm.it
Durata: 102’
Programmato dal 11 novembre 2005

Non può essere certo considerata impresa facile la trasposizione cinematografica di un romanzo come "Ogni cosa è illuminata", boom letterario del giovane Jonathan Safran Foer nel 2001. Attraverso una sintassi inventiva e quasi pirotecnica, l’autore ricostruiva le vicende della propria famiglia, spaziando su un lasso di tempo di duecento anni e coinvolgendo un enorme numero di personaggi. L’apprezzato attore Liev Schreiber ("The manchurian candidate") fa il suo esordio alla regia con un film indipendente, quindi certo non ricchissimo di budget, e quindi sceglie la via di un registro più intimista, concentrando la storia nel contemporaneo e accompagnando il protagonista in un curioso viaggio nella memoria in territorio ucraino, alla ricerca della donna che ha salvato il nonno dai nazisti. Fin dall’inizio si respira un tono vagamente eccentrico, con un Jonathan dall’aria sbigottita (che conserverà per tutto il film) e dall’aspetto di un diciassettenne, vestito come un Blues Brother e con spessi occhiali da vista, che scopre una foto del nonno e della misteriosa Augustine in un contesto di oggetti maniacalmente raccolti e catalogati per costruire una sorta di immaginario viaggio nella memoria della propria famiglia. Partito alla volta di Odessa, Jonathan incontra il suo opposto nella figura di Alex, un giovane allampanato, che ama l’hip hop e sogna di andare in America per fare un sacco di soldi. La ricerca si effettua con l’ausilio del nonno di Alex, che si è costruito una fama di autista di "ricchi ebrei", come li chiama lui, accompagnati da quelle parti in cerca di parenti o antiche dimore. A bordo di una vecchia Trabant, il terzetto arriva a Trachimbrod, meta finale del viaggio e luogo di svelamenti e ricordi tanto dolorosi quanto sorprendenti. Il lavoro di Schreiber pare essersi concentrato nell’opera di riduzione del ricco (ed eccessivo) materiale originale, in qualcosa di più accessibile, a mezza via fra la commedia di sapore yiddish e un sempre utile contributo alla memoria dell’Olocausto. Il risultato è un film alla Jarmusch o fratelli Coen, capace di giocare sugli opposti, di caricare di grottesco le situazioni, ma anche di assumere un tono più discreto quando emergono i ricordi più dolorosi. In sé, il film è interessante e abile nell’accompagnare lo spettatore nel viaggio intrapreso dal protagonista. Non si può fare a meno, però, di far riferimento al romanzo di partenza e pensare a cosa un Emir Kusturica, per fare un nome, avrebbe potuto trarre da una materia tanto ricca.

PER: Wood sembra ancora Frodo, alla ricerca di un tesoro più intimo, ma altrettanto gravido di significati. "Il signore degli anelli", però, disturbava di più. Ed è tutto dire.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)

 

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