PAROLE D’AMORE

Regia di: Scott McGehee e David Siegel
Attori: Richard Gere (Saul), Juliette Binoche (Miriam) Flora Cross (Eliza), Max Minghella (Aaron) e Kate Basworth (Chali)
Titolo originale: Bee Season
Origine: USA 2005
Distributore: Italian International Film
Link: www.iif-online.it/paroledamore
Durata: 104’
Programmato dal 23 dicembre 2005

La famiglia americana borghese e apparentemente perfetta, in realtà non se la passa troppo bene. Gratta gratta, sotto la superficie si nasconde sempre qualcosa di stridente, spesso di inespressa, ma pronto a deflagrare o a corrodere i meccanismi psicologici che regolano l’equilibrio del microuniverso. Sul tema si sono espressi in molti e ora tocca alla coppia Scott McGehee-David Siegel, già autrice del discreto "I misteri del lago", lì con una madre tanto attaccata al figlio da coprirne abilmente l’omicidio del suo giovane amante. Saul Naumann è un professore universitario, insegna storia delle religioni a Berkeley ed è pure un bravo cuoco. Apparentemente, è un uomo ideale: condivide la propria conoscenza, duetta al violino con il figlio maggiore Aaron e pare supportare al meglio la moglie Miriam, che porta con sé il trauma della morte violenta dei genitori, quando lei era ancora bambina. Quando però scopre il talento della figlia minore Eliza per lo spelling delle parole anche più difficili, la sua attenzione si concentra completamente su questa novità. L’uomo viene affascinato dalla capacità della bambina di decostruire le parole e immaginarsele nella mente, forte della convinzione antica che tutti i segreti dell’universo siano contenuti nelle lettere. Saul dedicherà molto tempo nella preparazione di Eliza per le gare di spelling che dovrà affrontare, da quella scolastica iniziale fino alle finali nazionali. Trascurando progressivamente moglie e figlio maggiore, li porterà a deviare verso percorsi imprevedibili. Aaron diventerà un Hare Krishna e Miriam svelerà un tratto di forte esaurimento nervoso collegato ai suoi traumi. Messa così, la storia narrata in "Parole d’amore" potrebbe sembrare profonda e molto interessante. Lo è, in parte, ma viene appesantita da un’aura di misticismo che domina gli accadimenti e le riflessioni del sottotesto. Saul spiega alla figlia che la sua capacità di vedere le parole è un modo per avvicinarsi all’orecchio di Dio e la bambina finisce col crederci, Aaron molla la fede "di famiglia" solo per abbracciarne un’altra e Miriam è ossessionata dall’idea di "catturare la luce". Sono queste convinzioni a portare la famiglia Naumann sull’orlo del disfacimento? Può darsi, ma non è il film a dircelo. I registi preferiscono ovattare gli elementi emotivi e costruire un oggetto fatto di segni e simbolismi pretenziosi, scadendo nel ridicolo involontario quando utilizzano effetti digitali per descrivere il processo mentale di Eliza nel ricostruire le parole. La narrazione finisce per appesantirsi strada facendo, tradendo così le aspettative iniziali e lasciando fin troppo sospeso il bellissimo finale, nel quale la bambina inserirà deliberatamente un elemento di imperfezione, probabilmente riuscendo a riportare sulla Terra i suoi familiari.

PER: Un’occasione mancata, certo, ma anche uno stimolo per riflessioni comunque utili sul misticismo del potere e sulla mancanza di comunicazione in famiglia.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)

 

home mail