I RE E LA REGINA
Presentato al Festival di New York, al Festival di Vienna e in concorso al Festival di Venezia 2005

Regia di: Arnaud Desplechin
Attori: Emmanuelle Devos, Mathieu Amalric, Hippolyte Girardot, Maurice Garrel, Noémie Lvovsky, Magali Woch, Jean-Paul Roussillon, Valentin Lelong-Darmon e Catherine Deneuve
Titolo originale: Rois et reine
Titolo internazionale: Kings and Queen
Origine: Francia 2005
Distributore: Fandango
Link: www.fandango.it
Durata: 150’
Programmato dal 19 maggio 2006

Il dato scoraggiante di partenza è che "I re e la regina" dura quasi due ore e mezza. Il che, per un film francese di taglio tipicamente psicologico, lascerebbe pensare a un mattone insostenibile. Invece, Arnaud Desplechin (è solo il suo primo film che arriva in Italia) riesce a proporre un ritratto alternato di due vite principali, e di altre che ruotano loro intorno, con un sapiente uso del montaggio e una costante oscillazione fra dramma e burlesco, che rende il risultato finale vitale e profondo a un tempo. Nora, la protagonista femminile, si presenta subito: ha trentacinque anni, un figlio nato da precedente matrimonio e un terzo tentativo alle porte, se non fosse per l’improvvisa scoperta della malattia terminale del padre. Poco dopo si passa altrove, per conoscere Ismael, single con qualche grammo di follia, che gli costa un internamento forzato in manicomio. Apparentemente, non c’è legame fra i due personaggi, ma dolpo un po’ scopriamo che sono stati sposati e che il figlio di Nora è stato cresciuto in buona parte da Ismael. I due ritratti si dipanano in parallelo, giocando sulla continua differenza. La storia di Nora pende verso la tragedia, mentre quella di Ismael ha un tono più buffo. L’antinomia, d’altra parte, trova corpo già a partire dal titolo, che contrappone generi e quantità. Il film è una parabola sul rapporto fra i sessi, sulle convinzioni spesso sbagliate (Ismael spiega alla psichiatra che, dal suo punto di vista, le donne non hanno anima, vivono e basta, mentre gli uomini vivono per morire), sugli opposti che comunque, alla fine, si toccano. Il montaggio alternato ci porta da un personaggio all’altro senza preavviso, componendo un ritratto a tutto tondo della complessità dell’animo umano e facendo nascere emozioni contrarie talvolta entro la stessa scena, in una frazione di secondo. Desplechin non nasconde le proprie ambizioni, anzi le mostra attraverso citazioni alte, dall’allusione iniziale a Zeus allo svolgimento di una parte del finale all’interno del Museo dell’Uomo. Proprio questa conclusione dà il senso dell’operazione: il museo è anche il luogo della riconciliazione, soprattutto quella dell’uomo com il suo passato, tema centrale del film, dove le alleanze e le filiazioni dei personaggi si intersecano per formare un nodo inestricabile, vero motore del film. La morale viene lasciata alla "regina", Nora, che conosce il dolore profondo, ma alla fine sceglie la leggerezza.

PER: E’ una parabola, si è detto. Con qualche licenza. Il manicomio può essere meglio della realtà solo con una psichiatra come Catherine Deneuve e una giovane suicida mancata bruna e intrigante come compagna di reparto.

 

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)
Fino al 6 luglio 2006 questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche tra i film già usciti e successivamente nell’archivio.

 

home mail