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PULSE Regia di: Jim Sonzero Durante il mese di agosto è passato, in sordina (come poteva altrimenti?), un film che si chiamava "Pulse - Kairo", del giapponese Kiyoshi Kurosawa. Una furbata (o il suo opposto, a seconda di come la si vuole vedere) del distributore, che avrebbe voluto così preparare il terreno per il suo remake americano. L’originale (che era intitolato solo "Kairo") è del 2001 e propone una tesa e profonda riflessione sul rapporto fra gli umani e la tecnologia, specie in un paese come il Giappone, dove la modernità sempre un passo avanti rispetto a noi fa comunque sempre i conti con il passato. Lo stile è essenziale, minimalista e disturbante, se non si è nello spirito giusto per vederlo. Incidenti bizzarri accadono senza particolare preparazione e tutto si muove intorno al sottile concetto di virus, solo simbolicamente collegato al computer. Un esercizio autentico per il pensiero, che naturalmente non ha visto nessuno. Peccato, perché ora tocca sciropparsi un remake che è l’esatto contrario. Mattie è una studentessa che trova il fidanzato morto, in casa sua, apparentemente per suicidio. Il problema è che il ragazzo continua, anche dopo la scoperta,. a inviare messaggi (via computer, cellulare e gadget vari) da un luogo che non può che essere l’oltretomba. Reperito il computer del suicida, Mattie lo porta dall’aitante Dexter e insieme scoprono un criptico sto Web, che attrae l’attenzione proponendo la domanda: "Vuoi incontrare un fantasma?". Detto, fatto. I due scoprono che i fantasmi esistono davvero e che non hanno intenzioni amichevoli. Spesso questi ectoplasmi grigi e semitrasparenti assorbono la linfa vitale della vittima oppure la inducono al suicidio. A quanto si capisce, gli esseri vogliono ritrovare la propria via verso l’aldiquà e lo strumento che li aiuta nell’impresa è legato alla tecnologia. La demonizzazione del telefonino o del computer, tuttavia, qui non porta da nessuna parte, impacchettata com’è nel solito horror americano fatto di effetti abbastanza normali ormai, momenti di tensione scarsi e incapaci di inquietare, personaggi privi di spessore e ambienti anonimi. "Kairo" metteva in scena la desolata realtà contemporanea, dove la comunicazione è sempre più mediata e la paura sempre più sottile, concludendo che la morte semplicemente prolunga la solitudine della vita. Di "Pulse", invece, ci si dimentica subito dopo averlo visto, perché non c’è proprio niente che meriti di essere ricordato. Il copione è opera dell’ormai decotto Wes Craven. PER : Confrontare la grevità di McDonald’s con l’eleganza del sashimi.Roberto Bonino (Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net) |
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