THE ROAD TO GUANTANAMO
Premiato con l’Orso d’argento per la miglio regia al Festival di Berlino 2006

Regia di: Michael Winterbottom e Mat Whitecross
Attori: Rizwan Ahmed (Shafiq), Farhad Harun (Ruhel), Waqar Siddiqui (Monir), Afran Usman (Asif) e Steven Beckingham
Fotografia: Marcel Zyskind
Musica: Molly Nyman e Harry Escott
Produttori: Andrew Eaton e Melissa Parmenter
Titolo originale: The Road to Guantanamo
Origine: Gran Bretagna 2006
Distributore: Fandango
Link: www.fandango.it www.theworksltd.com www.filmfour.com
Durata: 95’
Produzione: Film Four, Revolution Films, Screen West Midlands, Sales co e The Works
Programmato dal 15 settembre 2006

Attuale come pochi, "The road to Guantanamo" si inserisce nelle polemiche sul trattamento che gli americani usano sui prigionieri politici nel famigerato carcere costruito e collocato in pieno territorio cubano. Michael Winterbottom (qui coadiuvato da Mat Whitecross) dimostra ancora una volta quanto sia, allo stesso tempo, eclettico e attento a riprendere fenomeni sociali e politici, da un punto di vista che non lesina scudisciate ai veri detentori del male e prende decisamente le parti delle vittime inermi di una crudeltà difficile da spiegare pure in un contesto estremo come quello di una guerra. Il film racconta le vicende di tre ragazzi di origina pakistana, ma cittadini britannici, che nell’ottobre 2001 si recarono nella terra d’origine per il matrimonio di un amico. Il contatto con una realtà in forte fermento, tra la presenza di soldati americani pronti a invadere l’Afghanistan e i fondamentalisti islamici attenti ad approfittare della confusione per aizzare il radicalismo, spinge il terzetto a lasciare il Pakistan per recarsi nel vicino Afghanistan, dove verranno accolti prima da incessanti bombardamenti e poi direttamente dalle forze di intervento americane, che li cattureranno, nel corso di una retata, e li accuseranno di appartenere a Al Qaeida. In totale disprezzo della Convenzione di Ginevra, i detenuti saranno continuamente sottoposti a torture psicologiche e umiliazioni fisiche, nell’intento di ottenere una confessione, che però non arriverà. Dopo qualche mesi, per i tre amici, si apriranno le porte del carcere di Guantanamo, dove resteranno per due anni, passando molto tempo chiusi in una gabbia all’aperto, trattati come animali da zoo, con il divieto di parlare tra loro, guardare i soldati di guardia, pregare, per non parlare delle necessità igieniche e fisiologiche.

 

 

I registi hanno scelto la via del docudrama, alternando la testimonianza dei veri protagonisti della storia con la ricostruzione degli eventi, affidata ad attori. Colpisce il volto incredibilmente sereno dei ragazzi, che raccontano quanto è loro accaduto in modo quasi disincantato, non rabbioso né cupo, quasi fosse un’esperienza di vita comunque formativa, come uno di loro ammetterà nel finale. E’ giusto sottolineare questo aspetto, per capire che "The road to Guantanamo" non è solo un pamphlet chiaramente accusatorio verso un’amministrazione come quella americana, che ha dichiarato, finché ha potuto, di trattare con umanità i prigionieri, peraltro dipinti come crudeli assassini, mentre a tutt’oggi, per nessuno di loro, è stato ancora celebrato un processo e, quindi, sancita una supposta colpevolezza. Lo sguardo indaga sugli esseri umani: sulle vittime, ovviamente, prima ammassate in camion dove manca l’aria poi incappucciate e seviziate (c’è un richiamo veloce ad Abu Ghraib), ma anche sui carcerieri, tra i quali, nella generalizzata e brutale ignoranza, filtra qua e là anche un po’ di umanità. Quella che i potenti della Terra sanno evocare solo a parole.

PER: Imparare a condannare i colpevoli e assolvere gli innocenti, indipendentemente dal ruolo sociale che occupano o dalle convinzioni religiose che professano.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)
Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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