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LE ROSE DEL DESERTO Regia di: Mario Monicelli Riecco il vecchio Monicelli, capace a 91 anni di superare le difficoltà di una produzione più volte interrotta e di proporre ancora un film graffiante sulla guerra e sugli italiani antichi e moderni. Siamo in Libia, nel 1940, e seguiamo il destino di un’unità sanitaria, che inizialmente si accampa a Sorman e per un po’ vive l’eco della guerra in modo remoto, aggiornata solo dai bollettini enfatici e falsi che il regime fascista diffondeva. Poi, la situazione in Africa Settentrionale muta e gli effetti drammatici del conflitto irrompono in forma di feriti, bombardamenti continui, ripiegamenti, ordini confusi, capi militari che pensano solo alla sopravvivenza personale e a cercar gloria anche in situazioni estreme. Monicelli dà il meglio di sé nel tratteggio composito di un universo di personaggi comuni eppure dignitosi. In quel piccolo microcosmo sempre più mandato allo sbaraglio c’è tutta l’Italia, rappresentata da persone di ogni provenienza geografica, che parlano il loro dialetto, hanno diversa estrazione sociale e livello culturale. Monicelli sceglie la strada delle rappresentazione buffa e grottesca, caratterizzando tutto, dai personaggi al paesaggio. Ognuno è un piccolo e inconsapevole eroe, a modo suo, dal frate più realista che fideista al maggiore con il pensiero fisso alla giovane moglie. Recuperando a tratti l’ispirazione di film come "La grande guerra", ma anche il tono tragicomico di "L’armata Brancaleone", il regista toscano mette in scena l’insensatezza della guerra e il ruolo di vittime designate dei poveracci che vengono spediti in missione. All’umanità di molti personaggi, si contrappone l’effetto buffo della presenza di ufficiali come quello interpretato dal critico Tatti Sanguinetti, che forse stempera un po’ troppo il tono complessivo di un’opera che comunque non ha la pretesa di filosofeggiare troppo, ma solo di mettere in scena una situazione assurda, dove si vive e si muore senza una vera logica. Dalla storia emergono molte riflessioni sul presente, dal rimando ai conflitti ancora aperti nel mondo al rapporto con una cultura come quella arabo-musulmana, che l’uomo comune non riesce a capire. Lo stile di Monicelli è frammentario, come in molti altri film e questo alla lunga finisce per essere un difetto, ma rispetto a molto cinema italiano contemporaneo cosiddetto d’autore qui siamo una spanna sopra e anche gli attori paiono saperlo, offrendo una prestazione sopra la media. PER : Non far cadere nel vuoto un evento a modo suo straordinario e dare respiro alla nostra cinematografia, omaggiando un maestro.Roberto Bonino (Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net) |
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