TUTTI I BATTITI DEL MIO CUORE
Orso d'argento al 55° Festival di Berlino 2005

Regia di: Jacques Audiard
Attori: Romain Duris, Niels Arestrup, Jonathan Zaccaï, Gilles Cohen, Linh Dan Pham e Emmanuelle Devos
Titolo originale: De battre mon coeur s’est arrêté
Origine: Francia 2005
Distributore: Bim
Link: www.bimfilm.com
Durata: 107’
Programmato dal 11 novembre 2005

"Tutti i battiti del mio cuore" e il suo regista, Jacques Audiard, sono elementi eccentrici nel panorama del cinema francese ed europeo in genere. Come il precedente "Sulle mie labbra", anche quest’ultimo film percorre le strade del noir in modo obliquo, facendo emergere i personaggi al di sopra dell’intrigo, evitando riferimenti al cinema americano e parlando dell’attuale realtà socio-politica francese senza finire nel documentarismo o nella didascalica analisi sociologica. Il protagonista della vicenda, Tom, è un ventottenne che rappresenta un certo affarismo senza scrupoli che sta emergendo prepotentemente anche in paesi dove le difese sociali hanno fin qui funzionato meglio. Seguendo le orme del padre, il ragazzo si fa largo, con i propri soci, nel mondo immobiliare, a suon di intrallazzi, negoziazioni finanziarie spericolate e sfratti violenti degli inquilini indesiderabili. La figura del genitore si aggira ancora intorno a lui, quasi come un fantasma, ma il ragazzo prova a svincolarsene, trovando nel pianoforte una sorta di valvola di redenzione. Inizia così a prendere lezioni da una ragazza giapponese (che non parla francese) e concentra sempre più su quel fronte la sue energie, anche per superare l’incapacità emotiva di esibirsi in pubblico. Le sue due anime entreranno sempre più in conflitto e finiranno per andare in cortocircuito, chiamandolo a una scelta definitiva e anche dolorosa. "Tutti i battiti del mio cuore" è un film notturno, nervoso come il suo protagonista, eppure anche formalista e rigoroso nel disegnare i contorni di una vicenda che si delineano poco a poco. Se si deve trovare un referente d’Oltreoceano per questo film, si piò scomodare lo Scorsese dei primi film, anche lui capace di tratteggiare un ambiente sociale degradato sullo sfondo della vicenda personale di un protagonista, alle prese con un processo personale di redenzione. La regia di Audiard si concentra sul volto, ma soprattutto sulle mani del protagonista, spesso riprese in movimenti che sembrano voler catturare nell’aria qualcosa di indistinto e di sfuggente. Atto d’accusa contro le sperequazioni sociali del nostro tempo, il film di Audiard è anche una riflessione sul peso del passato, capace sempre di riemergere inesorabile e di condizionare le vite anche quando ci si illude di averlo lasciato alle spalle. Romain Duris dimostra qui di essere un attore da seguire, assai più che nello svagato "Le bambole russe".

PER: Come in "La pianista", anche qui la musica sembra il volano della ricerca di un limite che si spinge sempre un po’ più in là, verso un limite indefinito. Si prova disagio, ma anche un sottile fascino.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net )

 

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