IL TEMPO CHE RESTA
Presentato nella sezione "Quinzaine des Réalizateurs" al Festival di Cannes 2005

Regia di: François Ozon
Attori: Jeanne Moreau, Melvil Poupaud, Valeria Bruni-Tedeschi, Daniel Duval, Marie Riviere, Christian Sengewald e Louise-Anne Hippeau
Titolo originale: Le temp qui reste
Origine: Francia 2005
Distributore: Teodora
Link: www.teodorafilm.com www.fidelite.fr www.marsdistribution.com www.celluloid.com
Durata: 85’
Programmato dal 23 giugno 2006

Dopo aver approfondito, con grande perizia, il tema della coppia, in "Cinqueperdue", François Ozon affronta un altro grande argomento, come quello della morte. Lo fa attraverso l’idea, inverp abbastanza abusata, della scoperta improvvisa e brutale di un male incurabile da parte di un giovane trentenne. Romain, il protagonista, sceglie di vivere in modo "normale" le ultime settimane della sua esistenza, anziché tentare la via di una cura invasiva e dall’esito comunque incerto. Questo passaggio non è banale, poiché la successiva reazione di Romain è il rigetto violento di tutto ciò che lo tiene legato al mondo dei vivi, con l’intento di non farsi rimpiangere. A patirne sono le persone che gli stanno vicino, visto che si trovano di fronte un soggetto divenuto improvvisamente intrattabile, senza spiegazioni. La sorella subisce una reazione durissima e il suo compagno viene allontanato da casa. L’unica confidente resta la nonna, che a suo tempo si allontanò volontariamente dal resto della famiglia, mantenendo indipendenza e libertà di pensiero. Le scene di addio violento e senza compassione sono di gran lunge le migliori. Facendo di Romain qualcuno che si considera già "partito" e osservando attraverso di lui il punto di vista di coloro che sopravvivono, Ozon riesce a dar corpo al vuoto portato dall’idea della morte, senza scadere nella storia strappalacrime. Purtroppo, alla riuscita prima parte non viene dato seguito. A corto d’ispirazione, "Le temps qui reste" ritorna nella seconda parte su sentieri piuttosto scontati, puntando sulla tesi che "la vita è più forte della morte e dell’oblio".

 

 

Un soggetto senza originalità, trattato senza sorprese, mal camuffato dietro il velo intellettuale che permea lo stile del film. A parte il tentativo di confondere un po’ realismo e sogno, la sceneggiatura non evita i cliché connessi a questo tipo di storia e il regista finisce con il ripetersi, come nella ripresa finale del tramonto sulla spiaggia, già utilizzata in "Sotto la sabbia" e "Cinqueperdue". Il personaggio principale, arrogante ed egocentrico nella prima parte, non riesce mai a trovare empatia con lo spettatore. Questo Ozon che pontifica sul significato della vita non né quello irriverente degli inizi, né quello abile a scomporre e ricomporre le storie degli ultimi tempi.

PER: Chi apprezza l’esistenzialismo e non è in depressione.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)
Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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