VIAGGIO ALLA MECCA
Presentato al Festival di Venezia 2004 e vincitore del Premio "Luigi De Laurentiis" come Miglior Opera Prima

Regia di: Ismaël Ferroukhi
Attori: Nicolas Cazale (Réda), Mohammed Majd, Jacky Nercessian e Kamel Belghazi
Titolo originale: Le grand voyage
Origine: Francia e Marocco 2004
Distributore: Istituto Luce
Link: www.luce.it
Durata: 105’
Produzione:
Programmato dal 5 maggio 2006

Al di là della struttura narrativa piuttosto classica da road movie, "Viaggio alla Mecca" ha il pregio di raccontarci l’Islam senza essere né preconcetto né fideistico. L’idea di Ismaël Ferroukhi, in realtà, è quella di mettere a confronto generazioni profondamente diverse, cresciute in un ambiente culturale diametralmente opposto e quindi apparentemente inconciliabili, nonostante ci siano il sangue e le radici ad accomunarle. Due dimensioni corrono in parallelo durante il viaggio descritto nel film. Da un lato, c’è un uomo anziano che vuole realizzare il desiderio di ogni buon musulmano in vita e cioè recarsi almeno una volta in pellegrinaggio alla Mecca. A lui si contrappone un giovane, cresciuto in Francia e allineato ai simboli e ai costumi della società occidentale. I due, però, sono anche padre e figlio, due generazioni incomunicanti la cui mancanza di dialogo è acuita proprio dalle origini etniche e dallo sradicamento di chi a suo tempo ha dovuto cercare altrove un’opportunità di lavoro. Come si conviene a ogni buon road movie, anche qui non è tanto la destinazione finale del viaggio a contare, quanto il percorso che i soggetti compiono. La formula "colui che parte non è colui che ritorna" si applica perfettamente anche qui e a subirne gli effetti è soprattutto il figlio, non tanto perché da lui ci si attenda una conversione religiosa che sarebbe stata forzata quanto perché il ragazzo impara a conoscere meglio il padre attraverso il confronto spesso aspro e. così, a riscoprire un legame di sangue che anche le differenze culturali non dovrebbero mai sopprimere. Al regista non interessano più di tanto gli aspetti religiosi della vicenda, ma pure costituiscono un sottofondo costante, attraverso i quali descrivere un modo di essere che non andrebbe giudicato, almeno non prima di averlo conosciuto a fondo. Il giovane Réda parte con il padre sulla scalcagnata macchina messa insieme da fratello maggiore con il totale disprezzo per ciò che il padre rappresenta ai suoi occhi e, alla fine, oltre a ritrovare l’amore filiale, arriverà anche a rispettare quella cultura che non ha mai visto con i propri occhi. Questo senso della scoperta è ciò che il regista ha cercato di trasmettere anche al pubblico. Il viaggio dei due, intanto, è un progressivo allontanamento dagli scenari noti agli europei, per addentrarsi sempre più nel deserto e nei paesaggi desolati. Ma è anche uno svelamento di quanta spiritualità ci sia in certe abitudini, come le preghiere quotidiane, così come nell’approdo alla città santa, popolata da una quantità imponente di pellegrini. Se non c’è grande fantasia nella parte strettamente narrativa della vicenda, almeno "Viaggio alla Mecca" riesce nello scopo (più alto) di favorire un avvicinamento fra diverse culture, in tempi che le vorrebbero divise e contrapposte, perdipiù senza proporre discorsi pesantemente politici, ma mettendola unicamente sul piano dello sguardo e dei sentimenti.

PER: Recuperare il Leone d’Oro per l’opera prima di Venezia 2004, al quale, per una volta, il ritardo nell’uscita ha giovato.

Roberto Bonino

(Questa pagina è stata realizzata in collaborazione con www.lucidellacitta.net)
Fino al 6 luglio 2006 questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche tra i film già usciti e successivamente nell’archivio.

 

home mail