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IL LISTINO CRISTALDI DELLA FOX

di Marcello Moriondo

I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli

Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis

Salvatore Giuliano (1962) di Francesco Rosi

Cristo si è fermato a Eboli (1979) di Francesco Rosi

Dopo Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, continua il lavoro di restauro da parte di Artech Video per conto della 20th Century Fox e la Cristaldi Film. Per parlare dell’uscita in dvd di diversi capolavori del cinema italiano, la Fox ha riunito in una serata alcuni mostri sacri del cinema italiano. Mario Monicelli e Tiberio Murgia, rispettivamente regista e attore de I soliti ignoti; Carlo Lizzani, coautore e cosceneggiatore di Riso amaro; Maurizio Nichetti, autore di alcune prossime uscite del listino.

L’evento come prevedibile, si è svolto all’insegna della nostalgia. Nostalgia per gli attori scomparsi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Renato Salvatori, Marcello Mastroianni, Raf Vallone, Totò, Carlo Pisacane, detto Capannelle. Ma soprattutto nostalgia per un certo modo di fare cinema che oggi è impossibile da ripetere. Sono così usciti allo scoperto i piccoli drammi, a volte spruzzati di comicità che si nascondono dietro la realizzazione di un film. La difficoltà di girare nell’immediato dopoguerra, che non ha impedito a Giuseppe De Santis di firmare il suo capolavoro; la censura sempre in agguato, riferita soprattutto alla Mangano, promossa interprete principale durante le riprese. Gassman che domina lo schermo in entrambi i film, le improvvisazioni di Totò, la professionalità di Mastroianni, la scoperta di Carla Gravina. E così sono tornati alla mente i vari episodi che hanno accompagnato quella lunga stagione, dal neorealismo alla commedia all’italiana. Il ballo, considerato allora scandaloso, di Silvana Mangano; il passaggio di Gassman da attore shakespeariano e drammatico a maschera comica di successo; gli attori raccolti per la strada, come Tiberio Murgia, il suo successo inaspettato; Totò Gassman e Mastroianni insieme sul set.

E naturalmente il miracolo del restauro, legato al digitale, che Nichetti aveva utilizzato con grande soddisfazione per Honolulu Baby.

Si ha così l’opportunità di poter rivedere, grazie a quest’opera magistrale di restauro, lavori cinematografici che altrimenti andrebbero perduti o confinati a palinsesti televisivi di riempimento, massacrati dalla pubblicità.

Poi i più recenti titoli del listino: Salvatore Giuliano e Cristo si è fermato a Eboli entrambi di Francesco Rosi. Due opere di valore sociale, oltre che culturale. In un momento in cui la Storia è quasi dimenticata, se non, peggio, riscritta, è un piacere rivedere stralci di vita pubblica grazie a una serie di film che appartengono al filone di "cinema verità" di cui Rosi era un maestro.

Salvatore Giuliano, bandito siciliano, prima separatista poi assassino per conto dei latifondisti mafiosi. Un uomo esaltato dalla leggenda popolare, in realtà un delinquente che si è macchiato di crimini ignobili, come la strage di Portella delle Ginestre, quando ha ordinato ai suoi uomini di sparare sui braccianti inermi che manifestavano per il primo maggio. Rosi ne ha tratto una storia in bianco e nero, quasi una cronaca guidata, dove lo Stato non ne esce particolarmente bene. Come sempre, quando si è vicini alla scoperta dei legami tra mafia e politica, si ammazzano i protagonisti che si portano nella tomba i loro segreti.

È proprio su questo set, a Montelepre, paese di Giuliano, che Rosi ha ricevuto la visita di Carlo Levi, e per la prima volta, il regista e lo scrittore, hanno pensato di trarre un film da Cristo si è fermato a Eboli. Solo diversi anni dopo Rai due ha proposto a Rosi uno sceneggiato sul libro di Levi, che poi è stato ridotto a film da proiettare in sala. Così, il romanzo autobiografico del 1945 di Carlo Levi, scrittore, medico e intellettuale antifascista, è stato portato sullo schermo. Seguiamo le vicissitudini di Levi, che assume il volto di un grande Gian Maria Volonté, il suo arrivo nello sperduto paesino lucano, dove era stato mandato in confino nel 1935 dal regime fascista, il suo inserimento nella comunità contadina del posto. Naturalmente la trasposizione cinematografica, pur fedele nella trama, non può che tradire in parte il pensiero dello scrittore.

"La mia lettura del libro è la lettura di uno del Sud, dice Rosi, rispetto a quella che può averne uno del Nord come era Levi. C’è una scelta precisa in questo senso. Addirittura nel paesaggio. Levi per esempio descrive la Lucania nei suoi aspetti più aridi e desolati, io invece mi sono preoccupato di mostrarla nella sua complessa e multiforme immagine, perché non ci sono solo i calanchi e le frane, ma anche vallate verdissime."

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