IN ASCOLTO - THE LISTENING

Regia di: Giacomo Martelli
Attori: Michael Parks, Maya Sansa, Andrea Tidona e James Parks
Origine: Italia e Gran Bretagna 2006
Distributore: Medusa
Distributore DVD 2007: Medusa
Link: www.medusa.it www.tistannoascoltando.net
Durata: 105’
Programmato dal 28 aprile 2006

Intervista a Maya Sansa

Siamo tutti controllati? Se analizziamo attentamente il messaggio contenuto nel film In Ascolto di Giacomo Martelli, che fa riferimento a possibilità tecnologiche già presenti sette anni fa, c’è di che preoccuparsi. Si parla di un nuovo sistema di intercettazione globale che può spiare qualunque cittadino, servendosi dell’apparecchio della persona, senza cimici o microfoni nascosti, ma semplicemente attraverso il portatile o il fisso, anche se spenti. Se sei in prossimità dell’apparecchio, chi spia può ascoltare quello che dici o i rumori che fai. Se pensiamo che sono passati sette anni…

Già è preoccupante quando un’arma del genere è in mano ai servizi, quando poi il sopravvento lo prendono le aziende private, stiamo freschi!

Martelli ha realizzato un ottimo thriller su questa falsa riga, coadiuvato da un ottimo cast. C’è un agente (Michael Parks) che tenta di salvare una ragazza (Maya Sansa) che ha visto troppo, aiutato da un amico (Andrea Tidona), dall’Isola d’Elba al Monte Bianco, con incredibili supporti tecnologici.

Se devo fare un film in cui c’è il personaggio di una trentenne, dice Martelli, la prima scelta è Maya Sansa. Le ho mandato subito la sceneggiatura e lei fortunatamente ha accettato. Maya non solo è una splendida attrice, ma recita anche in inglese. Ci siamo incontrati a Londra e tutto è andato bene.

E Maya come è arrivata al film?

Quando ci siamo incontrati è scattata subito una complicità, l’aspirazione di fare delle scelte comunque ambiziose per quanto riguarda il nostro cinema, pur non avendo i soldi. C’era il desiderio di fare qualcosa di diverso. È vero che il nostro cinema ha preso un percorso storico, politico e intimista, però noi siamo una generazione che è cresciuta anche con il cinema europeo e americano e abbiamo voglia di raccontare quello che ci pare, e appena una cosa ci interessa direttamente, abbiamo anche il diritto di farlo. Questo è il motivo che mi ha spinto di più, mi è sembrata una scelta coraggiosa, una bella avventura

Ci sono due sequenze di violenza nel film che mi hanno colpito molto. Una è quella della bruciatura dei timpani con conseguente crisi epilettica, l’altra è quando ti torturano in casa tua. Come te le sei giocate a livello recitativo?

Per la scena dell’epilessia, mi sono preparata, ho chiesto alla produzione se per favore potevano farmi avere una cassetta con scene di epilessia documentate. È stata una cosa abbastanza dolorosa. Non è piacevole vedere delle persone che ahimè soffrono di queste crisi, di questi attacchi epilettici. Poi dal punto di vista del lavoro, dato che bisogna scindere, senza essere cinici, mi ha appassionato molto. Ogni volta che ho una sfida, che ho la possibilità ci confrontarmi con qualcosa che è reale, per me è bello, è il mio mestiere. Quindi mi sono preparata molto e a Giacomo, quando facevamo le prove della scena, mostravo quello che avevo capito.

Hai visionato del materiale scientifico?

Sì, era una cassetta di medici, documentata sulle crisi epilettiche, l’ho proprio guardata. I pazienti fanno questi scatti veloci, poi improvvisamente una tensione fa sì che rallentino. È una cosa molto violenta, che a volte arriva loro quando meno se lo aspettano, deve essere un incubo perenne. Quindi, come dicevo, ho affrontato la cosa con lo studio, con empatia, col desiderio di far vedere quale poteva essere un attacco di quel tipo, di quanto violenta poteva essere quella cosa. Poi va beh, il trucco, bava, eccetera.

Comunque importante è la gestualità.

Certo, meno male che è solo finzione. Per la scena della violenza in casa, per fortuna siamo rimasti sempre nel gioco tra gli attori, nella complicità. Mi sono completamente lasciata andare al subire delle violenze di quel tipo. In effetti, anche quando fai tutto per finta, ti immedesimi e l’emozione la senti. Non ti fa del male profondo, però superficialmente riesci a immaginare la cosa ed entri completamente nella situazione, senza schizofrenie, senza scissione e la rivivi. Sembra strano, perché sono scene violente, ma quella della schizofrenia è stata una delle scene più divertenti del film, per me, come interprete. In quel caso hai la possibilità di fare un lavoro fisico, di divertirti.

Tu hai esperienze teatrali?

Sì, ho studiato teatro, soprattutto. Ho fatto l’Accademia di Arte Drammatica a Londra.

Poi cosa è successo?

Mentre la frequentavo, alla fine del terzo anno, Bellocchio mi ha scelto per fare La balia, e quello è stato il mio esordio, Cannes e quel che segue. Ho finito l’Accademia, ho fatto un altro piccolo film, Nella terra di nessuno di Gianfranco Gianni, poi Lupo mannaro di Antonio Ribaldi, dopodiché Benzina di Monica Stambrini. La scuola l’avevo fatta e non solo. Dopo La balia mi è successo quello che un po’ spesso mi succede e cioè che appena esce un film con un certo tipo di ruolo, mi vengono offerte delle cose molto simili. Allora mi era stato offerto il ruolo di Maria, la madre di Gesù, che poi mi piacerebbe tantissimo interpretare, ma in quel momento sentivo proprio il bisogno di fare altro, e questo resta, nel mio approccio al lavoro, cercare sempre di cambiare personaggio, anche dovendo rinunciare a volte a dei progetti interessanti e ben retribuiti.

Questo è bello, perché mi è sempre piaciuto un concetto di De André: continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai.

Anche per me è importantissimo ed è anche la cosa che mi ha fatto avvicinare a Giacomo. Siamo due persone che hanno scelto: si sono innamorate di un mestiere e hanno fatto tutto quello che potevano per farlo al massimo, per farlo bene.

Immaginavi, mentre ti iscrivevi all’Accademia, un futuro con registi del calibro di Bellocchio o di Giordana?

Veramente pensavo di non tornare in Italia, di rimanere a Londra. Ero innamorata del teatro, dei miei compagni, volevamo formare una compagnia. Io ero rimasta assolutamente fedele a questo progetto, mentre la vita ci ha portati un po’ tutti in diverse direzioni.

Il teatro è bello ma, almeno in Italia, non ci si campa molto.

In Inghilterra ci si può riuscire, da noi molto meno. Ma poi con Bellocchio ho scoperto il cinema in quella che secondo me è la versione più bella. È stato talmente bello che mi sono innamorata anche del cinema. È stato un cambiamento molto importante nella mia vita. È strano rispondere a queste domande, perché ognuno risponde no, non me l’aspettavo, ma se devo essere sincera, io questo sogno l’avevo. Non immaginavo l’autore, ma ero convinta che avrei fatto il mio mestiere, che avrei fatto cinema. Già da piccola mi piaceva il cinema, non so a quale livello, ero una semplice spettatrice.

C’era qualcosa che ti colpiva particolarmente?

Sì, Elephant Man di David Lynch mi aveva colpito molto. Avevo 12 anni e volevo rompere la televisione, è stato un momento molto forte del mio rapporto con il cinema. Blade Runner è un altro film che mi ha veramente formata, poi La sera della prima con Gena Rowlands, Taxi Driver di Martin Scorsese. Film che per fortuna ho visto in una fase giovane della mia vita, non li ho scoperti dopo. Piuttosto ho scoperto dopo molti film italiani, perché mi sono detta, adesso devo conoscere la mia storia.

Marcello Moriondo

Extra DVD:
Formato video: 16/9 2.35
Audio: italiano 5.1 e inglese 5.1
Sottotitoli: italiano per non udenti
Contenuti extra: interviste e trailer vari

Questo film si trova insieme con quelli dello stesso periodo anche nell’archivio.

 

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