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Analisi dei testi cinematografici 

 

La Corazzata Potemkin

Urss 1925 (nella versione sonora: 1950)

Tempi Moderni  

 Regista:

Sergej Eizenstein (con la collaborazione di Grigorij Aleksandrov)

Sceneggiatura:

Eizenstein su un abbozzo di nina Agadganova-Sutko

Fotografia:

Kuznecov

Musica:

Sostacovic; Musiche della versione sonora del '50: Krjukov

Attori Principali:

A. Antonov (Vakulincuk); G. Aleksandrov (comandante Giljarovskij), Vladimir Barskij (capitano Golikov).

Trama:

Premessa: Per le tendenze culturali e artistiche a cui Ejzenstein si avvicino (le istanze avanguardiste del LEF -Fronte di sinistra delle arti, rivista fondata da Majakovskij nel 1923- inneggianti ad una lotta contro il misticismo estetico, il decadentismo, il formalismo fine a se stesso ma anche contro il naturalismo indifferente per un realismo tendenzioso, e quelle, contemporanee, del Proletkult, con il suo inento di costruire una cultura che affondi nel proletariato le sue radici, è difficile parlare in maniera canonica di "trama", di "plot", a riguardo dell produzione ejzensteiniana. Sulla scorta di Aldo Grasso, «la sensazione di vivere in un clima culturale 'in fieri' e le tesi di Bogdanov mutuate nell'ambito del Proletkult sul 'collettivismo' come principio estetico dell'arte proletaria (la nuova arte prende per suoi eroi non l'individuo, ma la collettività e l'uomo nella collettività) costituiscono le premesse che gli permettono di lanciare anatemi contro il soggetto e l'intreccio tradizionali». Già a partire da "Sciopero", il film viene elaborato eliminando la centralità delle figure individuali e la catena particolare degli avvenimenti. Pertanto nel cercare di "costruire" la trama del Potemkin, sono consapevole di operare forse una forzatura a quelle che erano le stesse intenzioni dell'autore. Un'operazione che ritengo comunque necessaria, dal momento che, al di là dell'utilizzazione contingente, il lavoro si propone di fornire anche ai profani qualche informazione utile e di facile accesso su un film su cui, peraltro, si sono scritti fiumi e fiumi di parole e di critiche. D'altro canto l'operazione è, comunque, supportata sia dalla scansione interna che l'opera presenta sia dalla schematizzazione che lo stesso Ejzenstein ha lasciato in uno dei suoi numerosissimi saggi teorici, "La natura non indifferente" (Neravnodusnaja priroda, 1945-47).

La scena si apre direttamente sulla Corazzata, dove in poche sequenze vengono descritte le condizioni di vita dei marinai. Questi ultimi, di fronte alla vista dell'ennesimo pezzo di carne andato a male e all'ottusa insistenza del dottore di bordo che di fronte alla carne in decomposizione nega l'evidenza, rifiutano di mangiare la minestra. Segue una immediata adunata sul ponte della corazzata. Il capitano chiede che coloro ai quali la minestra piace avanzino di due passi. Per primi si fanno vanti gli alti ufficiali, seguiti da alcuni membri dell'equipaggio. Tra i protestanti, viene preso un gruppo che intanto si è adunato vicino alla torre. I componenti del gruppo vengono coperti da un telone e preparati per una immediata esecuzione. Gli artiglieri si schierano in posizione e proprio quando il comandante, sotto lo sguardo ghignante degli ufficiali e quello attonito della ciurma, proprio dai marinai si leva per bocca di Vakulincuk il grido che salverà la vita dei condannati a morte: -Fratelli! A chi sparate?. Dopo il rifiuto della minestra si verifica, dunque, un ben più decisivo ammutinamento: gli artiglieri non sparano e quasi contemporaneamente sulla corazzata scoppia la rivolta che porterà all'esecuzione degli ufficiali. Tuttavia nella bagarre, Vakulincuk viene ferito a morte, "così -come recita la didascalia del film- il primo che aveva levato il grido della rivolta per primo era caduto per mano del boia". La scena si riapre sul porto di Odessa, con il corpo di Vakulincuk attorniato dalla folla, novello martire innalzato a simbolo ufficiale della rinascita. La cittadinanza si stringe attorno al Potemkin, inviando provviste e generi di prima necessità, utili per preparare la resistenza. Il porto è in festa; una fiumana di gente -donne ben vestite, donne con i loro piccoli bambini al seguito, garzoni e distinti signori, invalidi- si riversa sulla grande scalinata del porto di Odessa per porgere il proprio saluto alla corazzata ribelle. Ma proprio mentre mille mani si levano agitandosi nell'aria, arrivano le truppe zariste che iniziano a sparare all'impazzata sulla folla. Centinaia di persone cadono inermi di fronte all'avanzata composta delle truppe. Inizia la controffensiva del Potemkin che spara sul "quartier generale", mentre dall'esercito viene inviata la squadra dell'ammiraglia per affrontare in mare la Potemkin. Il clima sulla Corazzata si surriscalda, la tensione è alle stelle man mano che la nave dell'esercito avanza,. fendendo con calma implacabile le onde del mare di Odessa. Ma la momento dell'incontro lo stesso grido che aveva impedito il fuoco sui ribelli sulla corazzata, da via ad una nuova alleanza. -Fratelli!- si sente gridare dal Potemkin; la squadra si rifiuta di sparare e il Potemkin gli passa accanto incolume e vittorioso. Annotazioni storiche "La corazzata Potemkin" fu realizzata per la celebrazione del ventennale della rivolta realmente avvenuta nel 1905, quando i settecento uomini dell'equipaggio si ammutinarono con la scusa immediata del rifiuto del rancio e con quella indiretta del generale fermento rivoluzionario che andava crescendo in Russia dopo la guerra russo-giapponese. In realtà il progetto era molto più ampio, ma i tempi brevi per la realizzazione limitarono l'opera ad uno "stralcio", che non comprende, infatti, la descrizione del finale della rivolta della Potemkin che nella realtà, dopo essere riuscita a ripartire dal porto di Odessa, raggiunto il porto rumeno di Costanza , si autoaffondò. L'equipaggio fu internato e la nave restituita al governo russo.

Il commento di Ejzenstein Fin qui la ricostruzione. Il commento lo lasciamo alle parole dello stesso Ejzenstein. «Quando si parla del Potemkin si osservano in genere due aspetti: l'unità organica della composizione nel suo complesso, e il pathos del film...Il Potemkin sembra una cronaca (o cinegiornale) di avvenimenti, ma in realtà colpisce come il dramma. E il segreto di questo effetto consiste nel fatto che il ritmo della cronaca si adatta alle leggi rigorose della composizione tragica; e, più ancora, della composizione tragica nella sua forma più classica: la tragedia in cinque atti...Nata dal pathos del tema, la struttura compositiva riflette quell'unica legge fondamentale che regola il processo organico, sociale o no, e che presiede alla formazione dell'universo. Partecipare a questo canone dialettico (il cui riflesso è la nostra coscienza e la sua zona d'applicazione, cioè tutta la nostra vita) non può non riempirci della più alta forma di emozione e di pathos». (La struttura del film, 1939 in "S.Ejzenstein", Castoro Cinema) Lo stesso concetto è ripreso e approfondito da Ejzenstein in "La natura non indifferente", dove l'autore esprime in tutta la sua originale complessità il concetto di "organicità" dell'opera d'arte, per cui l'opera d'arte, di qualunque tipo, risponde a leggi che appartengono al modo organico, al mondo per così dire naturale. Non è questa la sede per discutere una tesi che il regista ha cercato di spiegare attraverso una serie di interessanti e talvolta piacevolmente tendenziose dimostrazioni (da un riscontro matematico alla sperimentazione di questo metro d'analisi su opere d'arte di tutti i generi, dalle poesie di Puskin alla pittura di El Greco, ai romanzi di Zola). La citazione valga però a dimostrazione della profonda relazione tra l'Ejzenstein teorico e l'Ejzenstein regista, a testimonianza dell'impossibilità di slegarlo anche dal contesto ideologico e storico all'interno del quale l'autore ha operato (la tesi dell'organicità dell'arte si rifà ad un certo materialismo dialettico...). Ecco, di seguito, la divisione in atti così come lo stesso Ejzenstein l'ha concepita e realizzata:

Prima parte: Uomini e vermi Esposizione dell'azione. Le condizioni di vita sulla corazzata. Seconda parte: Il dramma di Tendra «Tutti sul ponte!». Rifiuto dei marinai di mangiare la minestra coi vermi. Scena dle telone. «Fratelli!». Rifiuto di sparare. ammutinamento. Giustizia sommaria per gli ufficiali. Terza parte: L'appello del morto Nebbia. Corpo di Vakulinkuc nel porto di Odessa. Quarta parte: La scalinata di Odessa Fraternizzazione tra la costa e la corazzata. Le barchette portano provviste. Sparatoria sulla scalinata di Odessa. Cannonata della corazzata sul "quartier generale". Quinta parte: L'incontro con la squadra Notte di veglia. Incontro con la squadra. Le macchine. «Fratelli!». La squadra si rifiuta di sparare. la corazzata passa vittoriosamente nel mezzo della squadra.

Come si vede, l'impostazione scenica ricorda da vicino quella della tragedia (si faccia a tal proposito particolare attenzione al tema del terzo atto che funge da spartiacque).

Per un'analisi più approfondita... Sarebbe presuntuoso pretendere di concentrare le possibili critiche fattibili su quello che nel 1958 a Bruxelles venne considerato il miglior film di tutti i tempi. In merito alla ricezione del film mi sembra però opportuno riportare almeno una annotazione critica, traendola dall'analisi che della "Corazzata" ha fatto Aldo Grossi. «Da anni emerge pericoloso un altro scoglio: l'interpretazione dell'ortodossia marxista che il Potemkin esibisce in merito alla rivoluzione. Se esso cioè sia il prodotto di una ideologia spontaneistica o se invece rappresenti il carattere determinato e diretto della spinta rivoluzionaria. Già Sergio Antonelli ha osservato che per Ejzenstein "la rivoluzione nasce timida, a scosse, dal nulla, dal futile quotidiano e insieme da un'onda di consenso che attende solo un'occasione per gonfiarsi. Da una questione di rancio, da un pezzo di carne andato a amle nasce la pagina eroica di una nave-simbolo. E la rivoluzione in sé e per sé tanto grande, come il mare che spazza le dighe, da non aver bisogno di capi...Il marinaio che muore è tipico anche del senso antipersonale del non-capo rivoluzionario: guida momentanea, fratello maggiore, scintilla per un incendio". Su quest'argomento, la "correttezza" politica, è difficile aggiungere qualcosa in più».