Il terzo Congresso della FASI

Genova, 23-24 marzo 2002

Relazione del Presidente Filippo Soggiu


CARI AMICI, DELEGATI, INVITATI, OSPITI.

Cari rappresentanti delle istituzioni (sindaco Giuseppe Pericu, il presidente della Regione sarda Mauro Pili, l'Assessore Luridiana, la signora Pilo presidente 2° commissione, il Presidente emerito Mario Floris e gli altri amici politici) a tutti un ringraziamento affettuoso, per la vostra presenza, a tutti un caloroso benvenuto.

E’ con legittimo orgoglio che celebriamo questo nostro 3° congresso della FASI e lo facciamo qui a Genova, continuando un percorso simbolico, cominciato quattro anni fa ad Olbia, quando ritornammo a percorrere a ritroso, verso una delle porte d'uscita degli eni1grati, quel viaggio, che era stato, per decenni, il viaggio del dolore e della speranza..
Oggi la tappa a Genova: questa bella città marinara che ci accoglie con rispetto e amicizia, offrendoci i suoi luoghi più belli: Palazzo San Giorgio, Palazzo Ducale, per i quali diciamo grazie.

Questa città e stata storicamente fin dall’inizio, dell'800, porta dell’emigrazione sarda verso il nord Italia, verso l’Europa, verso le Americhe, a Genova la Sardegna è legata per la sua storia, antica e moderna.
Genova era la repubblica marinara che intesseva rapporti con i giudici sardi.
A Genova ci riporta la storia moderna: quella della nascita del regno di Sardegna, come embrione del futuro regno d'Italia.
A Genova, dunque, oltre ad ospitare una delle più vaste comunità sarde, ben 17.000 sono i nativi sardi qui residenti; è una tappa importante del nostro viaggio nella storia e nella memoria.
Voglio dire qui poche cose, perché molte le abbiamo scritte nel documento congressuale e molte di queste si riallacciano al documento di Olbia: è un percorso di continuità, di cui rivendichiamo la coerenza e la positiva aderenza alle esperienze pratiche condotte in questi anni dai circoli degli emigrati sardi in Italia.

La prima cosa che voglio rivendicare positivamente, perché è importante e riguarda tutti noi, frutto di tutto il nostro lavoro, è lo straordinario e costruttivo spirito unitario che ci ha caratterizzato.

I risultati importanti che abbiamo conseguito e i passi in avanti che abbiamo fatto, in uno spirito di confronto e di dibattito aperto e libero, li dobbiamo a un impegno unitario che ha visto superati, non le differenze di opinione, le particolarità e le autonomie, ma quello spirito di contrapposizione sterile e di polemica, che talvolta caratterizza noi sardi.

Questo vale in primis per l’esecutivo, che è stato coeso e costruttivo, ma vale per il Direttivo Nazionale e i circoli. Decidere insieme in quattro anni alcune decine di iniziative nazionali, come sono state le settimane sarde, con il metodo della rotazione e della distribuzione delle risorse, decidere annualmente i piani di utilizzo delle risorse disponibili, 800-900 milioni all'anno (che divisi per il numero dei circoli, come sapete, non sono poi tanti); riuscire a seguire, con un’opera paziente e faticosa, la rendicontazione annuale di 65 circoli; organizzare, al di la dei limitati strumenti di cui disponiamo, la vita democratica dell’esecutivo, delle circoscrizioni, dei gruppi di lavoro e di circa 65 circoli intorno ai quali fanno vita associativa, tra tesserati e non, oltre 30mila persone, vi assicuro, per esperienza, non è una cosa facile.

Io considero un risultato straordinario.
Ed è per questo che il primo mio e nostro motivo di orgoglio è quello di essere una grande, forte, viva, associazione democratica, frutto del volontariato e del solidarismo.
Noi rappresentiamo circa 350.000 sardi nel continente, che con le loro famiglie, i figli ed i nipoti, a loro volta rappresentano una parte grandissima di quel unico popolo sardo, che si trova non solo in Sardegna, ma in Italia, in Europa, nelle americhe e in ogni parte del mondo.

Abbiamo gia detto altre volte, e lo abbiamo dimostrato anche con le cifre, che questa è anche una grande forza economica naturale, una grande risorsa, che gia oggi è un motore importante della cultura e dell’economia della Sardegna.
In maniera individuale, e in maniera. collettiva e organizzata, tramite nostro, passa il consumo e la commercializzazione di una parte importante dei prodotti tipici. Solo nei nostri circoli sono offerti ai soci vini, liquori, pane, formaggio, salumi, dolci e altri prodotti per un valore di decine di miliardi.
Ci sono alcune delle nostre feste in cuii1 ristoranti toccano i 10mila coperti. (ricordo Vimodrone e Cornaredo).
Ma voi capite che se ci mettiamo la più larga promozione dei prodotti e insieme i viaggi, in nave e in aereo, il turismo diretto e effetto indiretto di trascinamento, con amici e conoscenti; se poi valutiamo nella sua pienezza, l’attività di servizio svolta dai circoli, in nome e per la Sardegna, in centinaia di manifestazioni, di sagre, nelle fiere, nelle grandi manifestazionicontenitore che sono state e sono le settimane sarde, se riflettete su tutto ciò, capirete che non è retorica parlare dell’emigrazione come risorsa, dell’emigrazione come potenziale economico, dell’emigrazione come strumento di promozione e sviluppo per la Sardegna, e tuttavia, come molti sanno, noi gia oggi siamo oltre questo tipo di contributo. Gia oggi possiamo dire di aver convogliato in Sardegna anche forze imprenditoriali, che hanno investito e stanno investendo. questione che, come sanno alcuni amici, come Vanni Lai e come Giampaolo Collu, ci pone anche problemi qualche volta di buona accoglienza e di difficoltà burocratiche e ambientali.
Il contributo economico: ieri erano le rimesse per centinaia e centinaia di miliardi, in tempi più recenti, insieme al ritorno del capitale umano, sono entrati investimenti, soprattutto nelle piccole imprese a carattere familiare, nel settore della ristorazione come in quello del turismo, dell’agricoltura e dei servizi; molti degli imprenditori sardi di oggi (da Antioco Murru, a Salvatore Fiore, da Antonio Marrone a Costantino Biddau) sono ex emigrati, come abbiamo raccontato nel nostro recente convegno di Buddusò.
Ma un altro "prodotto”, un'altra “merce", scritto tra virgolette, noi esportiamo e vendiamo con successo. E’ la nostra cultura, sono le nostre bellezze ambientali, archeologiche, il nostro patrimonio artistico.
Nei nostri 65 circoli vengono non solo i gruppi di musica folk e di ballo: noi organizziamo mostre prestigiose, concerti, portiamo le novità librarie, vengono da noi giornalisti, scrittori, poeti, conferenzieri, docenti universitari. gran parte delle nostre spese, gli amici funzionari dell’Assessorato lo sanno bene, sono spese per un’organizzazione e accoglienza legate alle iniziative culturali.
L’attività culturale che non è solo trasmissione passiva, ma è appunto iniziativa, valorizzazione, spesso invenzione, fatta in collaborazione con i comuni, le province, le regioni dove viviamo.

E’ impossibile citare il lavoro culturale di quattro anni, bastano solo alcuni esempi: la mostra di Milano e Bruxelles “Tracce d’identità”, la mostra sui fenici, a Fiorano; la mostra del centenario di Stanis Dessy a Padova; il convegno su Michelangelo Pira a Pisa; quello sul 50° della sconfitta della malaria; i concerti su Lao Silesu, il premio internazionale di poesia, il concerto per Sa Die de sa sardigna, la mostra di Pinuccio Sciola.
Oso dire che mai ci è stata, nella storia dell'emigrazione una stagione di cosi grande qualità, un così grande ritorno di immagine sulla Sardegna.
Voglio dire alcune parole sul progetto regionale che fa capo alla legge 37 e che è detto del “partenariato”.

Di cosa si tratta? si tratta innanzi tutto di un segnale importante che è un riconoscimento indiretto della funzione che ha svolto e svolge il mondo organizzato dell’emigrazione; e si tratta anche di un progetto, che pur nella sua autonomia di proposizione e di gestione, richiede il nostro contributo ed il nostro sostegno. si tratta in sintesi della possibilità di costruire in alcuni paesi del mondo, reti informative sul potenziale di rapporti economici da mettere in campo e di presentare progetti, qualificati dal punto di vista professionale, che mettano in rapporto imprenditori sardi e imprenditori dei luoghi dove il progetto di partenariato è attivo.
E’ una proposta che riprende un’idea e un dibattito di molti anni fa, che è ritornata infine durante la conferenza sul lavoro del 1998, dove io stesso, a nome della FASI, in un intervento, sollecitato dall'allora Assessore al Lavoro, richiesi che fossero richiamate nella legge (come poi è avvenuto) le potenzialità di intervento e le professionalità diffuse degli emigrati in ogni parte del mondo.

Qualcuno dice: ma volete trasformarvi in agenzia di lavoro o di affari? volete trasformare i circoli in centri commerciali o in agenzie turistiche?
Io credo ci risulti a noi tutti molto chiaro cosa e un centro democratico di aggregazione sociale basato sul volontariato. Credo che nessuno voglia svendere il nostro patrimonio ideale e la nostra tradizione.
Nello stesso tempo, i nostri circoli, e non da oggi, sono diventati centri di cultura e centri di promozione della Sardegna. siamo assolutamente dentro i dettami statutari, che stabiliscono fra i nostri doveri, quelli dell’impegno a favore dello sviluppo della nostra Isola.
L’abbiamo sempre detto: i finanziamenti ai circoli devono avere un ritorno per la Sardegna, devono servire, non al semplice mantenimento delle strutture, devono produrre cultura, devono produrre iniziative, promozione, immagine positiva.

Lo strumento del partenariato aiuta in questa direzione; permette la distinzione fra attività di volontariato e attività parallela di tipo professionale. il mondo del volontariato ha generato attività no profit, cioè senza scopi di lucro, che anzi rispondono a fini sociali, pur avendo un valore economico.
Anche la FASI deve muoversi in quella direzione. Strumenti paralleli all’attività istituzionale dei circoli possono rappresentare un'occasione importante, che salvaguardano lo spirito del volontariato e contemporaneamente potenziano alcuni settori di intervento a favore della Sardegna: parlo per esempio della possibilità di estendere e professionalizzare un’attività a favore del turismo sociale in Sardegna, seguendo l’esperienza iniziata positivamente dal circolo di Verona.

Questa è la strada dell’innovazione che dobbiamo imboccare con coraggio!
Voglio parlare ora di una battaglia che mi sta a cuore, che è nella nostra tradizione: quella sui trasporti e la continuità territoriale, che importanza enorme per il nostro futuro e che ha una grande capacita di unire modernità e vecchio spirito di servizio.

Da trenta anni abbiamo combattuto battaglie sui trasporti, fin da quando era presidente Locci, e quando i porti di Genova e Civitavecchia scoppiavano dei bivacchi improvvisati dagli emigrati in attesa di partire, ammucchiati come bestie.
Battaglie storiche molto importanti, che ebbero grandi risultati, come l’introduzione delle corsie preferenziali per gli emigrati per far fronte all’emergenza, la Lega Sarda (così si chiamava allora), e in seguito io personalmente, come responsabile dei trasporti, abbiamo gestito decine di migliaia di posti riservati agli emigrati, attraverso le prenotazioni nei circoli.

Oggi, il turismo, e la concorrenza che ha prodotto, ha moltiplicato i vettori via mare e via aerea, e la fase che abbiamo di fronte presenta un altro tipo di problemi e difficoltà.
Un’applicazione della continuità territoriale è una conquista storica e l’affermazione di un principio importante, ma contemporaneamente dobbiamo dire che è una conquista ancora troppo parziale, che esclude e punisce in gran parte proprio gli emigrati.

Addirittura un’applicazione della continuità territoriale ha cancellato voli preesistenti (come ad Orio al Serio) esclude gli emigrati di Genova e Torino, di Verona, di Bologna, di Firenze.

E’ un problema che ha un’importanza giuridica e di principio, perché rende diversi, nei diritti, sia i residenti sardi, sia gli emigrati, a seconda delle destinazioni e della residenza.

Su questo terreno noi ci impegniamo prossimamente, chiedendo una risposta al governo, spingendo le istituzioni sarde, chiamando gli emigrati alla mobilitazione, ma chiedendo anche la solidarietà dei cittadini delle città dove viviamo.

Vorrei che la FASI, a partire da questo congresso, si esprimesse con una mozione e cominciasse una fase di controinformazione e di lotta con la parola d'ordine “continuità territoriale uguale per tutti i sardi e tutti gli emigrati”.

Ci sono problemi e battaglie di cui vorrei parlare a lungo. Altri lo faranno: per esempio, sulla cultura e la lingua sarda, che abbiamo fatto nostra fin dalla formulazione della prima versione della legge e che intendiamo continuare. Per esempio sull’informazione che riguarda il nostro mondo: in particolare sul Messaggero Sardo, sul suo rinnovamento, sulla sua gestione, sul peso che vi debbono avere gli emigrati.

Noi protestiamo ad esempio perché l’organismo dei garanti, dove abbiamo proposto il professor Meloni, non è ancora attivo. E ancora sullo snellimento burocratico delle procedure amministrative, che devono colmare i ritardi che ci impediscono di operare serenamente e tempestivamente; sulle risorse che sono necessarie per far funzionare circoli e federazioni in tutto il mondo e sul livello minimo di risorse necessario a finanziare progetti di qualità; sul riconoscimento dei mutui per l’acquisto delle sedi; sulla difesa delle nostre coste dalla cementificazione; sulla necessita e l’utilità, anche economica di realizzare finalmente i nostri grandi parchi.

Ma su una battaglia, sopra tutte, mi soffermo, perché tocca alla radice il problema enunciato nel titolo del nostro documento: quello della democrazia e della partecipazione. mi riferisco alla battaglia per la costituente e il nuovo statuto.

Su questo si è espressa unitariamente la consulta regionale dell'emigrazione, e ci siamo espressi come FASI, prima in esecutivo, poi nel convegno di Pavia, infine nel nostro direttivo nazionale che ha ospitato gli esponenti del comitato regionale per la costituente.

Tutti dobbiamo sapere cosa significa per noi l'impegno per la costituente. E’ una occasione storica per il riconoscimento del ruolo degli emigrati nella discussione sul nuovo statuto, il quale è il traguardo da raggiungere per garantire una nuova fase dell'autonomia. del popolo sardo.

E’ una battaglia istituzionale, di principio, politica e culturale. Non è una battaglia partitica e questo garantisce la nostra possibilità di partecipare, in uno schieramento ampio e trasversale. Salutiamo come molto positive le aperture verso la costituente del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio.

Il futuro della Sardegna dipende strettamente anche dai risultati di questa battaglia, dal grado di autogoverno che la nostra regione riuscirà a garantirsi, anche rispetto alle rivendicazioni delle regioni più forti.

Ma da essa dipende anche il nostro futuro.

Siamo un movimento maturo democraticamente, espressione unitaria di un mondo che è quello dei sardi fuori Sardegna, i quali sono almeno una buona meta di quelli che in Sardegna risiedono.

Siamo un movimento che a livello internazionale e a livello italiano esprime gruppi dirigenti maturi, capacità e professionalità.

E’ venuto il momento di porre il problema dell’autogoverno di questo movimento.

Domani, nell’ambito della Costituente, noi chiederemo che sia discusso del nostro stato di emigrati, e si discuterà allora, quale forma e quali strumenti di autogoverno dovranno essere previsti nel nuovo statuto per questo mondo dell’emigrazione.

Mi scuso per i tempi e vi ringrazio dell’attenzione; mi avvio alla conclusione esprimendo un pensiero telegrafico, ma non per questo meno importante, che spero sia ripreso nei vostri interventi: la questione del futuro del nostro movimento fra 20/30 anni. Sembra una data lontana: ma è una questione che si decide oggi, naturalmente. Cioè la questione di una nuova partecipazione giovanile, dei figli e dei nipoti, e dei nuovi giovani, lavoratori e studenti che sia pure in misura minore e in condizioni diverse emigrano o, se non piace più questa espressione, si trasferiscono fuori dall’isola.

Dobbiamo investire molte delle nostre forze, delle nostre iniziative e anche delle nostre risorse per intercettare questi giovani che è l’unico modo per assicurare e garantire il futuro di questo movimento. E’ difficile, ma è anche possibile; a partire dall’incoraggiamento che daremo ai giovani in questo congresso. Io ci credo e farò di tutto, da vecchio saggio che ne ha visto di tutti i colori.
Cosi spero avvenga anche da parte vostra, e intanto andiamo avanti, come abbiamo fatto fino ad oggi, orgogliosi del nostro lavoro, orgogliosi della nostra forza, al servizio della Sardegna, tutti insieme uniti.
FORZA PARIS!!