TOMMASO DELL’ERA, AUGUSTO DEL NOCE FILOSOFO DELLA POLITICA; RUBETTINO, SOVERIA MANNELLI, MARZO 2000 PAG. 420, LIRE 40.000

 

LA SCISSIONE IMPOSSIBILE

di

Giuseppe Trotta

 

A oltre dieci anni dalla morte di Augusto Del Noce (1989) la ricerca su di lui si è fatta considerevole[1], anche se manca ancora una biografia compiuta per la quale è indispensabile la pubblicazione dei carteggi. Basti solo pensare al rapporto con Franco Rodano, con Giuseppe Dossetti, con Felice Balbo, Norberto Bobbio ecc. E sono solo alcuni tra i tantissimi nomi che si potrebbero fare. La sua vicenda biografica è un autentico incrocio di vicende culturali e politiche la cui messa a punto potrebbe illuminare non poco la storia della cultura italiana, e   non solo quella cattolica.

In questa ricerca sulla figura di Del Noce un posto di assoluto rilievo occupa il bel volume di Tommaso Dell’Era (Augusto Del Noce filosofo della politica) che ha lavorato a lungo nell’ordinare l’archivio privato del filosofo. E’ un testo indispensabile per chi voglia avvicinarsi a una vicenda culturale non semplice, faticosa, ricca di prospettive, in conclusa e, per molti versi, inconcludente.

Il pregio del volume è in una ricostruzione chiara, sistematica della storia di Del Noce dagli anni liceali fino agli anni ’50, in cui il pensiero di Del Noce si è praticamente già formato e concluso nelle sue linee di fondo. L’elemento ricostruttivo del volume è veramente notevole per la comprensione di Del Noce. La personalità tormentata dell’uomo corrisponde, infatti, a quella del pensatore, al suo stesso stile argomentativo. Questo volume di Dell’Era aiuta come pochi a tenere i fili del discorso, a vedere come si intrecciano, si accavallano, si sviluppano. E’ una ricostruzione puntigliosa ed esemplare.

La trama del volume è sorretta da uno sguardo che non fa violenza ai testi, anzi, è in grado quasi sempre di evidenziarne l’originalità e  il carattere  di “lavori in corso”; il criterio interpretativo dell’autore è quello proprio di un allievo di Bobbio. Bobbio-Del Noce, una amicizia, e anche  un conflitto, irriducibile. Singolare, ancora una volta, un testo come questo: dalla scuola di Bobbio è venuta la ricostruzione più rigorosa e più limpida del pensiero di Del Noce: attenzione all’originalità e profondità di un percorso, ma nessuna empatia.

La scelta del periodo (fino agli anni cinquanta) è opportuna. Certo, si sarebbe preferito continuare nella lettura, ma è certamente vero che con gli anni cinquanta i grandi orientamenti del cammino di Del Noce sono ormai acquisiti; ciò che viene dopo, tuttavia, non è poco. La vicende degli anni sessanta e 70 ( il confronto con la Weil, Noventa, Voegelin ecc), l’avventura della cattedra romana, il rapporto con Comunione e Liberazione, l’esperienza parlamentare ecc.,  pongono problemi non marginali, come quelli relativi ad una “scuola” delnociana, se mai ne esiste una.

Due mi sembrano i problemi fondamentali posti da Del Noce: quello di una “filosofia cristiana” e quello della “politicità” del cristianesimo come tale. Due problemi immensi e intimamente connessi, dacché la domanda originaria di Del Noce verte su una “scissione” irrisolta tra verità e storia, un dualismo che caratterizza fin dall’inizio il rapporto tra cattolicesimo e modernità.

Il sottotitolo del libro di Dell’Era ( “filosofo della politica”) coglie l’essenza del pensiero di Del Noce, il suo assillo fondamentale: la politica, il pensare la politica come  il varco che consente una diversa interpretazione del rapporto tra Chiesa e storia, tra cattolicesimo e moderno.

Sono problemi che non a caso si collocano negli anni trenta e coincidono con la biografia stessa di Del Noce. A Torino frequenta il liceo Massimo D’Azeglio con Norberto Bobbio, Vittorio Foa,  Leone Ginzburg, Cesare Pavese. Tra i professori Cosmo, Pastore, Zini. Bastano questi nomi a segnare quello che sarà il confronto e il conflitto di una vita. Il tormento di del Noce è in fondo sempre questo: trovare una via alla dicibilità del cattolicesimo nel mondo moderno che non sia né restaurativo di un mondo definitivamente tramontato, né una resa alla tradizione razionalistica e illuministica; trovare  una politicità del cattolicesimo che non fosse né l’inerte conservazione né la dissoluzione in una politica senza alcun rapporto con la dimensione trascendente e religiosa. L’interrogazione filosofica della politica era la strada per una riconsiderazione complessiva del pensiero moderno e, al suo interno, del ruolo del cattolicesimo. Del Noce si era formato in uno dei centri più vivaci e creativi del dopoguerra, nella patria di Gobetti e di Gramsci, tra i suoi compagni di liceo molti che avrebbero formato il nucleo della casa editrice Einaudi e i quadri dell’antifascismo comunista, socialista e azionista. Lui, cattolico, in un ambiente diverso e, insieme, dentro domande ineludibili. La domanda di Del Noce, lo ripetiamo, è una domanda fondamentalmente politico-filosofica. La chiave per attraversare il muro che separava il cattolicesimo dalla modernità è fondamentalmente questa, non, per esempio, quella teologica[2]. Il mondo cattolico  sembrava non avere alcun rapporto creativo con il moderno che non fosse quello di una sterile contrapposizione o una alternativa “retorica” ed estrinseca, incapace di parlarne i problemi. Da questo vuoto inizio il tormentato cammino di del Noce, la sua ricerca assillante di un passaggio o quanto meno far luce su un problema. Rintracciare e proporre una “filosofia cristiana” che fosse all’altezza delle sfide e, insieme, dall’interno, riappropriarsi di quella politicità del cattolicesimo che era stata o mutilata dal mondo liberale e protestante o fossilizzata dalla conservazione cattolica.

Si rimanda alle pagine di Dell’Era per il racconto di questa avventura. Mi soffermo su un passaggio in particolare che costituisce per Del Noce, come per tantissimi, un punto di svolta negli anni trenta: Maritain[3], non solo quello di Umanesimo integrale, ma la riflessione immediatamente precedente[4], che fu tra le prime a porre in modo nuovo la rinascita di una filosofia cristiana  e una interpretazione aperta del tomismo. Umanesimo integrale fu fondamentale  a dare un orientamento non equivoco  all’“antimoderno”. Sembrava finalmente il varco cercato per uscire da una palude: una “nuova cristianità” che si lasciava alle spalle le angustie del passato e una filosofia cristiana capace di rispondere alle sfide più intime e sconvolgenti della società contemporanea. Era un uso liberatorio di Maritain che non va misurato nell’adesione a questo o quell’aspetto della sua riflessione ma alla scoperta di quell’orizzonte nuovo  che slegava il cattolicesimo dagli angusti legami con la reazione.  Del Noce aveva seguito  fin dall’inizio tutto il dibattito  che si era sviluppato in Francia sulla “filosofia cristiana”, a partire dalla sua tesi di laurea e dai suoi studi  sulla filosofia del seicento (Cartesio e Malebranche). Maritain apriva a Del Noce la possibilità di esperienze nuove, come quella della “sinistra cristiana”, della scoperta del marxismo, della adesione alla Democrazia Cristiana, del parziale coinvolgimento in Cronache Sociali di Dossetti. Tutte esperienze decisive per quella lettura transpolitica della storia in cui consiste il suo contributo  maggiore. Esperienze man mano superate, proprio a partire da quel confronto con il marxismo che sarà determinante per tutta l’opera successiva. Non si insisterà mai abbastanza sulla peculiarità e importanza di questo rapporto. Il marxismo (comunismo) costituirà da ora in poi, dall’abbandono della esperienza della sinistra cristiana fino agli ultimi anni, l’asse intorno a cui si costruisce la riflessione delnociana. Sono tutti aspetti che ben  documenta, fino agli anni cinquanta, il libro di Dell’Era.

Alla fine rimane il problema se davvero Del Noce ha risposto alle domande che si era posto, se cioè esse non siano rimaste in parte in concluse. Ha elaborato una “filosofia” cristiana all’altezza del tempo? Ha risolto in modo convincente il problema della “politicità” del cattolicesimo? L’impressione è che resti una ricerca sul campo dove la parte critica prevale su quella propositiva, dove la lotta contro il razionalismo e l’immanentismo dà più frutti rispetto a quello di una, anche solo abbozzata, politica cristiana. Vorrei dire che ci rimane una ricerca e un tormento. C’è sempre un libro “in cantiere” nel laboratorio di Del Noce, c’è sempre l’opera che avrebbe dovuto raccogliere i fili e dare un senso compiuto al cammino percorso. Questa opera, sempre “ulteriore”, non fu mai scritta, lasciando il sospetto che il cammino non fosse solo inconcluso ma anche inconcludente; che l’originalità del filosofo cristiano fosse tutta in questa  “glossa al margine”, magari corposa,  al “trattato” mai scritto. Scrive Dell’Era: “in Del Noce la metafisica è una realtà e un obiettivo costante della propria ricostruzione storiografica; tuttavia, Del Noce stesso non specifica mai né approfondisce la propria metafisica, la quale rimane sullo sfondo della sua storia della filosofia proprio come se fosse, per usare i termini kantiani, un postulato”.[5] Possiamo aggiungere che “postulato” rimane anche la  riflessione teologica, sempre  in qualche modo “data”. Ma non era proprio lì che andava cercata una risposta  interiore alle sfide del moderno? Per quanto possa sembrava paradossale, c’è, alla fine una vendetta postuma di Marx su questo filosofo cattolico della politica.



[1] Citiamo solo alcune opere: A.V., Augusto Del Noce. Il problema della modernità, Studium, Roma, 195; A.V., Augusto del Noce e la libertà, SEI, Torino, 1996: A.V., Filosofia e democrazia in Augusto Del Noce, Cinque Lune, Roma, 1993; R. Bottiglione, Augusto Del Noce. Biografia di un pensiero, Piemme, Casale Monferrato,  1991; G. Lami,  Introduzione ad Augusto Del Noce, Pellicani, Roma, 1999. In queste opere è ampiamente riportata la bibliografia sull’autore.

[2] Singolare, da questo punto di vista, è la sua incomprensione di Barth e di tutta la teologia protestante, per non parlare dell’ebraismo nei confronti del quale l’incomprensione di accompagnava anche al pregiudizio ottuso, come ben evidenzia più volte la bella ricostruzione di Dell’Era.

[3] Su Maritain è da leggere la bellissima biografia di  Jean-Luc Barrè, recentemente tradotta dalle paoline.

[4] Su il rapporto Del Noce-Maritain   Dell’Era aveva scritto pagine molto interessanti in A.V.  Augusto del Noce e la libertà op. cit. pagg. 61-87

[5] Dell’Era, op. cit. pag. 37