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L’immagine riproduce parz. la fotocopia della prima pagina della lettera di Pietro Ferreira ai compagni e agli amici del Partito d’Azione, scritta il giorno prima della sua esecuzione. 


Pedro Ferreira — “Ai compagni e agli amici del P.d.A.”

Lettera scritta dalle carceri di via Asti, Torino 22/1/45 ore 8,30

Come già avrete saputo ieri sera è terminato il processo a mio carico del tribunale di guerra straordinario repubblicano di Torino. Le mie imputazioni erano:

1º) appartenenza a bande armate;

2º) fucilazione di quattro prigionieri tedeschi in località imprecisata delle valli di Lanzo;

3º) favoreggiamento ed aiuti dati a prigionieri inglesi.

 

Per la prima fui assolto, per la seconda condannato a 25 anni e per la terza condannato a morte. Domattina all’alba verrò fucilato. Termina così la mia breve (sono nato il 3 agosto 1921) ma intensissima esistenza il cui ultimo periodo, dall’8 settembre 1943 fino all’ultimo giorno fu dedicata interamente alla Patria. Muoio soddisfatto e contento di aver compiuto fino al supremo sacrificio il mio dovere verso la Patria e verso me stesso. Morte più bella non potevo sperare dal destino troppo spesso ingiusto e misconoscente.

 

Il mettere il mio nome al seguito di quelli di Paolo Braccini, Perotti, Sacchi e Galimberti è un onore che certo non mi merito, e il solo pensiero che questo domattina diverrà realtà mi confonde e mi commuove. In questo poco tempo che ancora mi separa dalla morte mi sento una calma e una lucidità di mente che mi sorprendono. Vedo tutto il mio passato remoto e recente con uno straordinario spirito analitico e critico.

 

Le colpe che mi riconosco sono: trascuratezza in cui ho lasciato la mia famiglia (trascuratezza però non sempre volontaria) e specie recentemente, una grande imprudenza. I meriti non li enumero perché non è mia competenza.

 

Per i miei orientamenti politici ho riconosciuto una sempre maggiore aderenza al pensiero di Gobetti e Rosselli rielaborato nella recente enunciazione del programma del P.d.A. Poche ore prima di morire formulo a voi tutti appartenenti al partito a cui io pure appartengo i migliori auguri affinché possiate portare alla nuova Italia di domani quella massa di energie sane e libere, tanto necessarie per la rigenerazione del Paese.

 

Ma la calma e la serenità che io provo in questo tragico momento derivano anche e soprattutto dal fatto che non sento in cuor mio nessun rancore e non mi sento animato da nessun senso di impotente vendetta contro nessuno quantunque la mia cattura, e conseguentemente la mia morte siano avvenute solo ad opera di un vile agente provocatore. Egli però sarà domani serenamente giudicato dalla giustizia umana e, se non da questa, certamente da quella divina.

 

Dico "serenamente" perché la nuova Italia di domani non dovrà macchiarsi dei crimini di cui oggi si macchia la Repubblica Sociale Italiana con giudicare affrettatamente e in massa senza tenere in alcun conto l’uomo e vedendo soltanto il nemico da sopprimere. Anche fra le personalità e i funzionari repubblicani vi sono degli elementi che, pur considerati nemici, dovranno domani essere trattati colla massima considerazione e il massimo rispetto esaminando il bene che hanno fatto come uomini in contrapposizione al male che gli potrete attribuire per il fatto ch’essi hanno appartenuto ad associazioni od enti della repubblica sociale.

Non ho potuto conoscere tante persone nel mondo repubblicano perché la mia attività si svolse prevalentemente in montagna, ma ho potuto conoscere qualcuno qui all’ufficio politico.

 

Per quegli ideali di Giustizia e Libertà che stanno scritti nel piastrino tricolore che domani mi appunterò al petto all’atto dell’esecuzione e che furono sempre la mia e furono e saranno sempre la nostra divisa in combattimento e nella vita pubblica, e per il valore che può avere la mia testimonianza in punto di morte ritirerete l’accusa che radio Bari ha rivolto al tenente Barbetti di criminale di guerra. Il tenente Barbetti è un fascista, è vero, e come tale un nostro avversario, ma è un avversario leale onesto e d’onore come pochissimi se ne trovano nel suo ambiente. Egli ha sempre trattato col massimo rispetto, con deferenza e talvolta con attenzione quasi amorevole tutti gli avversari leali ch’egli riconosceva come tali. In processo l’ho chiamato a testimoniare ed egli mi ha difeso fino al limite delle sue possibilità. Al tenente Barbetti domani dovranno essere riconosciuti questi meriti. Anche il tenente Marcacci da me chiamato in tribunale a testimoniare mi ha difeso in maniera tale da suscitare perfino il mio stupore. Tanto al tenente Barbetti come al tenente Marcacci va comunque commossa tutta la mia riconoscenza e voi pure dovete associarvi a questo sentimento ch’io provo in punto di morte.

 

Ed ora, compagni cari, prima di salutarvi, voglio ancora raccomandarvi la mia famigliuola. La mia morte lascia in pietose condizioni materiali la mia famiglia che da me soltanto si attendeva quel benessere a cui ha ben diritto dopo gli inenarrabili sacrifici da essa compiuti per la mia educazione e la mia formazione. Mio padre ha sessantasette anni ed è ormai inabile a qualsiasi lavoro; mia madre ne ha cinquantotto e mio fratello ne ha ventidue, ma per malattie congenite e contratte durante l’infanzia è anch’egli inabile a qualsiasi lavoro e professione. La mia famiglia è nullatenente ragion per cui è necessario ed indispensabile il vostro aiuto. Sono certo che vi interesse rete di essa con quell’amore e con quelle attenzioni colle quali vi siete sempre distinti nell’assistenza alle famiglie dei vostri caduti tenendo bene presente la grave particolarità del mio caso.

 

Ed ora, amici cari, non mi rimane che salutarvi augurandovi che le fortune del P.d.A., mai disgiunte dalle fortune dell’Italia liberata di domani, possano portare a graduale rinvigorimento della Nazione e alla rieducazione morale del popolo tutto senza la quale le forze demagogiche che hanno portato l’Italia nostra all’odierna rovina riprenderanno il sopravvento e gli errori si ripeteranno senza fine fino alla reale scomparsa di quella civiltà di cui noi fummo i portatori.

 

Tra poco le armate alleate spezzeranno l’ultimo baluardo difensivo tedesco, anche l’Italia tutta verrà liberata e terminerà per voi questo lungo periodo di lotta cospiratoria che tanto ha assottigliato le vostre file; e allora sarà per voi la vita, l’aria, la luce, il sole, la gioia di aver combattuto e di aver vinto e l’esultanza della libertà raggiunta...... siate felici...

Addio... un abbraccio a tutti
vostro
Pedro

Note:

Lettera ai Compagni ed amici del P.d.A. scritta in data 22-01-1945
Località di stesura: Carceri di via Asti, Torino
Stato del documento: copia
Tipo di copia della lettera: fotocopia cartacea

La lettera è conservata presso:
Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri - Milano
Indirizzo web:
http://www.italia-liberazione.it/parri-milano.html

Collocazione archivistica:
Fondo Raccolta Franzinelli/Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza 1943-1945

Note al documento:
L'originale della lettera è conservato presso l'Archivio dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Torino), Fondo Agosti, busta A GA 1, fasc. "Caduti (Pedro Ferreira)".

Fonte: Italia-Liberazione

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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