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Tessera giornalistica di Michele Saba (La Nuova Sardegna, 3.11.1957)


 

Speciale "Michele Saba (1891-1957)"

 


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Michele Saba -- La giustizia e la legge (Amnistia per i sardi). Una pagina del 1945

Questo scritto di Michele Saba apparve di fondo sul numero dell'8 ottobre 1945 di «Riscossa». Prendeva l'avvio da un tema contingente. Ma, a rileggerlo oggi, si è colpiti dall’esemplarità del discorso, dalla vigoria dell'impostazione, che liberano gli argomenti da ogni carattere provvisorio e li portano su un piano più generale e duraturo, ne fanno una valida lezione morale, che dopo più di vent'anni conserva ancora tutto il suo significato ed induce a riflettere. Ed è anche una bellissima lezione di giornalismo.

Il Presidente del Consiglio, prof. Parri, nei giorni scorsi, ha smentito le voci diffuse da giornali ed agenzie dell'imminenza di un decreto di amnistia: per quanto non si possa escludere che un'amnistia possa essere concessa, nessun progetto preciso è stato preparato.

Ed è un male, perché l'amnistia è necessaria: necessaria nelle altre regioni d'Italia per superare le differenze di giudizio e di sanzioni che si sono verificate fra le affrettate esecuzioni sommarie dei primi periodi della liberazione, i giudizi delle Corti d'Assise straordinarie (con i quali troppo di frequente la Corte di Cassazione è intervenuta a ricordare che la legge deve essere interpretata ed attuata con equità ferma) e i procedimenti dell'Alta Corte di Giustizia e dei Tribunali Militari, diversi contrastanti, disuguali.

Tra i trent'anni della sentenza di Cornelia Tanzi, che avrebbe dovuto tradire l'Italia nel caldo di un'alcova, e i trent'anni fissati per Ermanno Amicucci, che dirigeva le ultime edizioni del «Corriere della Sera»; fra la pena per il governatore della Banca d'Italia, Azzolini o quella per i generali Pentimalli e Del Tetto e le assoluzioni per il generale Negro o per il senatore Bevione non è facile orientarsi.

È un fatto che il pubblico non riesce a comprendere i motivi di certe pene alte e la longanimità di altri giudicati di assoluzione; questo per i giudizi penali. Perché se si volesse tentare di comprendere qualche cosa dell’epurazione che sacrifica l'applicato della segreteria comunale di Osilo o il fontaniere dell'acquedotto di Ploaghe e consente che i giudicati siano adottati in nome del Luogotenente che doveva essere il primo ad essere epurato ed accantonato, e invece fornisce il suo nome e la sua autorità per i provvedimenti di epurazione, la mentalità di un qualsiasi cittadino, per non invocare il metro dell'uomo qualsivoglia, si smarrirebbe.

Ma è ancor più necessaria l'amnistia in Sardegna.

Le leggi sono applicate, è tempo di dirlo chiaramente, con esagerata disciplina, in Sardegna. Quando lo Stato ha fissato delle gravi sanzioni penali per chi non rispetta le norme annonarie ha il dovere di assicurare ad ogni cittadino il minimo consentito per la vita: se lo Stato viene meno al proprio dovere costringe così il cittadino a violare la norma per non morire di fame.

D'altra parte quanti devono applicare le sanzioni fissate in periodo fascista (le leggi annonarie vigenti sono in gran parte dell'aprile 1943) sono portati poi dalle esigenze della vita a violarle, compiendo i medesimi atti, con maggiore furberia e con più fortunata abilità, che quotidianamente devono punire negli altri. Di qui la generale evasione della legge, colla punizione sola dei più deboli o dei meno fortunati.

Quanti hanno avuto la possibilità di recarsi nel continente e particolarmente nella capitale, ritornano in Sardegna colle impressioni di una vita comoda, nella quale solo il portafoglio gonfio può consentire di emergere. Fettuccine, pane al lievito di birra, paste, pasticcini, gelati, caffè con zucchero, in ogni esercizio pubblico, senza limitazioni e restrizioni, olio e burro, sigari e sigarette pubblicamente esitati, nelle vie più centrali, pubblicamente offerti e venduti, rivelano una vita annonaria eccezionale, ma clamorosamente vissuta senza intervento di guardie e carabinieri. Roma, capitale, può meritare queste attenzioni di privilegio e non dobbiamo discutere, se cosi dovesse essere. Ma noi vogliamo rilevare che contro questi usi romani, al di fuori di ogni limitazione, senza alcun tesseramento, senza alcun controllo, sta la rigida applicazione della legge nella nostra isola, e stanno, soprattutto, le decine e decine di anni di reclusione, che, per pochi chili di grano o per pochi litri di olio, sono stabiliti dai Tribunali sardi e dalla Corte d'appello.

I magistrati sono onesti esecutori delle leggi e non possono allontanarsi dalle disposizioni emanate; agenti e guardie, anche in piccolo numero eseguiscono senza entusiasmo il loro dovere e le carceri cosi si riempiono di disgraziati ospiti occasionali, imponendo sacrifici alle famiglie e oneri allo stato, spaventando colle multe enormi e, celatamente, poi, consigliando istanze di grazia e  interventi miracolistici.

Da questa situazione, che è anormale, come è anormale la legge, mentre le semine si avvicinano, mentre gli agricoltori devono essere incitati a produrre di più, quando la reazione contro gli ammassi si generalizza e si diffonde in ogni paese, bisogna uscire.

Il rigore della legge può solo suggerire astuzie più raffinate e ben pochi si arrestano per il timore della sanzione minacciata, e il rimedio, per la tutela degli interessi generali, deve essere trovato.

Il regime fascista emanava frequenti decreti di amnistia: il sistema si poteva deplorare. Purtroppo applicando ancora le leggi fasciste, bisogna pensare al rimedio fascista. I condannati devono scontare sentenze create da leggi annonarie fasciste; duole pensare all'adozione del rimedio fascista, ma l'ipocrisia del provvedimento, la disuguaglianza delle sanzioni, la diversità del trattamento fra regione e regione, gli abusi di certe città e il rigore di intere regioni, non può essere sanato mantenendo in vita un disagio e una iniquità deplorevoli.

Qualche settimana addietro tutti i partiti sardi si sono trovati di buon accordo nel richiedere eccezionali provvedimenti per i sardi trattenuti alle armi e per evitare che essi fossero costretti a prestare la loro opera in servizi di pubblica sicurezza. Oggi di fronte alle esigenze di una folla di detenuti e di condannati per reati annonari, si deve chiedere una provvida amnistia larga e generosa.

I condannati non hanno affamato la popolazione: in molti casi hanno difeso il loro lavoro, hanno difeso le loro famiglie. L'intervento del governo con la amnistia non potrà avere che ripercussioni benefiche e gioverà alla pacificazione ed alla ripresa del lavoro. La legge potrà rimanere nella sua forza correttiva, ma si sarà tenuto conto delle esigenze dell'ora. Si contribuirà a restituire lo Stato ai cittadini, prima necessità per una seria ripresa.

Fonte: La Nuova Sardegna del 26 ottobre 1967

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