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Lipari, Lussu  (al centro) con un gruppo di confinati


Manlio Brigaglia – “Prima del potere i valori”

La Nuova Sardegna, 06 febbraio 2005

C’è, nella biografia di Lussu, così diversa da quella di tanti altri sardi, un aneddoto che forse vale la pena di raccontare. E’ il 1938. Lussu è in esilio volontario a Parigi. Sta andando a una riunione dell’esecutivo di “Giustizia e Libertà” di cui è diventato il leader dopo l’assassinio di Carlo Rosselli: con Rosselli e con altri antifascisti italiani, democratici come Salvemini, liberali come Tarchiani, socialisti come Rosselli, aveva fondato nel 1929 il più originale movimento d’opposizione al fascismo, quel “Giustizia e Libertà” che, messe in soffitta le vecchie tessere di partito e accantonate le “vecchie barbe” dell’Italia liberale, si proponeva come primo obiettivo la lotta al fascismo e l’abbattiamento della dittatura.

Dunque, Lussu cammina col suo passo spedito di uomo magro e altissimo (Antonio Spinosa lo dipingeva “alto e fiero, asciutto, con una piccola barba impertinente, il gesto rapido - ma non la spavalderia - del moschettiere”) quando dall’altra parte della strada lo vede Pitigrilli. Pitigrilli, alias Dino Segre, era stato negli anni Venti uno scrittore molto popolare, autore di romanzi pruriginosi dai titoli un po’ hard (Cocaina, Dolicocefala bionda): per proteggersi da un ras torinese con cui si contendeva l’amante, aveva accettato di fare la spia per il capo della politizia fascista.  

Ebreo, era parente alla lontana di Rosselli, e come tale aveva accesso alla sede parigina di GL. Così poteva adocchiare la corrispondenza (GL era in uggia ai comunisti che, educati alla scuola della clandestinità leninista, l’accusavano di essere piena di spie). Nel 1935 aveva segnalato la presenza d’un grosso nucleo di GL a Torino: ne erano seguite decine di arresti, grosse condanne del Tribunale speciale, anni e anni di confino. Tra le carte che aveva visto c’erano le ricevute della colletta che l’avvocato Michele Saba, da Sassari, aveva organizzato per aiutare Lussu a pagare una rischiosa operazione cui s’era dovuto sottoporre nella sua lotta contro la tubercolosi contratta tra carcere (a Buoncammino, 1926-27) e confino (a Lipari, 1927-29). Saba era stato arrestato e poi rilasciato; a Michele Giua, professore universitario, nascita a Castelsardo e lavoro a Torino, che aveva fatto da tramite di quel “soccorso rosso”, erano stati affibbiati quindici anni di carcere dal Tribunale speciale.

Solo da poco i giellisti avevano scoperto il ruolo di Pitigrilli in quella disastrosa caduta del centro torinese. Perciò, quando Pitigrilli si avvicina col suo ampio cappello in mano e dice, con un leggero inchino: “E’ ben Lei l’onorevole Lussu col quale ho l’onore di parlare?”, Lussu gli ringhia: “E tu sei quel traditore di Pitigrilli: vàttene subito, perché davanti a te le pistole sparano da sole”. Pitigrilli non se lo fece ripetere due volte. Di lì a qualche mese era già in Argentina, da dove sarebbe tornato finita la guerra, diventato scrittore di predicozzi morali molto graditi all’Italia bigotta di quegli anni. A Lussu sarebbe stato rimproverato quello scatto giacobino, sì, ma poco rivoluzionario, che aveva permesso a Pitigrilli di scampare alla giustizia di GL.

Ma l’aneddoto fotografa bene il ricordo di Lussu che molti di noi hanno nella loro memoria e, se si può dire, nel loro cuore. Un uomo di carattere - come ha scritto una volta Peppino Fiori, autore di una insuperata biografia del Cavaliere dei Rossomori - è anche un uomo di cattivo carattere. Di questo carattere, secondo me, era parte essenziale l’ininterrotta rivendicazione della sua indipendenza, quel suo non volere obbedire a nessuno, di seguire le proprie profonde pulsioni morali. In tempi in cui chi usciva da un partito si vedeva subito appioppato il titolo di “voltagabbana”, Lussu è stato interventista (e sia pure, come si chiamavano, “interventista democratico”) nel 1915, leader del movimento dei combattenti (che nel 1920 chiedeva lo scioglimento della Brigata Sassari dove Lussu aveva meritato medaglie e acquistato fama d’eroe leggendario), fondatore del Psd’Az nel 1921, nel 1929 fondatore di GL (nella quale peraltro rappresentava, all’inizio, lo stesso partito sardo), dal 1943 uno dei capi del Partito Italiano d’Azione, nel 1949 fondatore del Partito sardo d’Azione Socialista, nello stesso anno dirigente del Psi, nel 1964 fondatore del Psiup. Non era lui che voltava gabbana, erano gli altri che non riuscivano a camminare nel solco della storia, a “essere di sinistra” (come dice il titolo di una fondamentale antologia dei suoi scritti curata dal cagliaritano “Collettivo Lussu”, di cui erano animatori Giuseppe Caboni e Gian Giacomo Ortu).

C’è un altro aneddoto che ha sapore di leggenda sacra, ma se non è vero è bene inventato. Lo ricorda Armando Zucca, uno dei suoi fedelissimi socialsardisti, lo ha raccontato tante volte Cicito Masala. Lussu e Armando tornano in auto da un comizio. Arrivati a un bivio l’autista non si ricorda più se deve svoltare a destra o a sinistra. E Lussu sbotta: “Gira a sinistra, gira a sinistra: chi va a sinistra non sbaglia mai”.

La geografia della vita di Lussu abbraccia tutto il Mediterraneo occidentale, e anche un pezzo dell’Europa atlantica. Da Armungia, aspro puntino montano del Gerrei (dove, quando nacque nel dicembre 1890, fece in tempo a conoscere la “barriera” che separava il paberile dal vidazzone); al fronte con la Brigata Sassari, dove fece il doloroso apprendistato di una guerra tragica (“Sono stanco, sai, - dice a Camillo Bellieni - di fare il macellaio”); da Roma, dove fu deputato alla Camera dal 1921 al 1926 e di nuovo parlamentare dal 1945 al 1968, e due volte ministro; a Parigi, dove arrivò fuggendo avventurosamente da Lipari nel 1929 e rimase sino al 1943, e a Londra e New York (ha ricordato Giorgio Amendola che durante la seconda guerra mondiale Lussu fu l’unico antifascista italiano che, riuscito a riparare in territorio libero, tornò in quello conquistato per contribuire a dirigere la resistenza: in quel rapido ritorno alla libertà cercò di convincere gli Alleati a dar vita a una legione italiana, che combattesse non per conto loro ma in rappresentanza degli italiani che avevano detto no al regime: e intanto sua moglie Joyce frequentava un corso di radiotelegrafia e sabotaggio).

Morì a Roma il 6 marzo 1975. Volle che il suo corpo fosse cremato e le sue ceneri disperse al vento sulla riva del Tirreno: “Tirreno”, nel senso di “sardo”, aveva firmato molti dei suoi articoli sul giornale di GL.

La leggenda di Lussu è consegnata alla memoria dei suoi soldati della Brigata. Il suo ricordo di politico agli atti parlamentari (il Senato ne ha curato qualche anno fa l’edizione). La sua fama di scrittore ironico, polemico, pronto alla battuta secca e alla satira, alla storia della letteratura italiana del Novecento. Marcia su Roma e dintorni, pubblicato a Parigi nel 1933 (dove quei dintorni sono la Sardegna), e Un anno sull’Altipiano, edito nel 1938 dalle Edizioni Cultura del Pci.

Ma il libro cui era più affezionato era Teoria dell’insurrezione, una sorta di manuale per rivoluzionari, scritto nel momento di massimo consenso del fascismo. Era la sua autobiografia ideale.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
   
 
 
 

 

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