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"Neuroscience
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Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
educazione"
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
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Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
Prezzo/Price: € 39,00
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
Prezzo/Price: € 19,00
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
Prezzo/Price: € 38,00
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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I
frammenti sono sparsi per terra, detriti di una quotidianità
casalinga che è stata violata da un uomo mascherato che,
introducendosi violentemente in casa di Michelle, ha abusato del suo
corpo. Unico testimone dell’accaduto è stato l’impassibile gatto
nero della padrona di casa. Sono questi frammenti che occupano e
saturano la terza scena del film, cocci infranti che Michelle, non
appena si riprende dallo stupro subito, si affretta a raccogliere e a
buttar via. Questa scena sembra alludere ad un lavoro che la
protagonista ha dovuto compiere più volte sin dalla sua infanzia:
ramazzare i detriti per far pulizia dentro di sé e guadagnare una
vita socialmente rispettabile.
Sin
dalle prime scene entriamo in rapporto col mondo psichico traumatico
di Michelle: i flashback della violenza subita, ma anche le fantasie
violente in cui la vittima immagina di vendicarsi ed uccidere
l’assalitore. Il regista ci trascina lungo il crinale della
dissociazione psichica, rafforzata dalla sua mediatizzazione:
anche la TV fa la sua parte nel riproporre le immagini di quella
strage del 1976 in cui i corpi delle vittime straziati si alternano
con quelle di una bambina di 10 anni seminuda con lo sguardo perso nel
vuoto. Quella bambina è Michelle che si rivede riflessa, attraverso
lo schermo “opaco” della TV, nel suo aspetto esteriore all’epoca
del trauma, ma anziché vivere questa riapparizione come
un’intrusiva ri-effrazione traumatica sembra “gestirla” con
distacco. Allo stesso modo
che come manager riesce a gestire le vite dei suoi dipendenti e
collaboratori. Quella che sembrava all’inizio del film la narrazione
del calvario di una donna violata, in realtà assume una piega del
tutto diversa: la “vera” Michelle è quella che con freddo
raziocinio affronta le sfide della vita, anche quando esse riguardano
la sua stessa incolumità personale. E ce ne accorgiamo sin da quando
con tono apparentemente impassibile Michelle parla dello stupro coi
suoi amici e con l’ex marito, e ribadisce la sua ferma decisione di
non voler denunciare l’accaduto: “è accaduto e basta” dice
loro, e si mostra capace (agency) di
condurre i suoi ruoli sociali come se tutto continuasse il suo solito
corso. Ma è proprio, a mio parere, questo contrasto tra la curiosa
impassibilità del gatto e i frammenti della scena traumatica
iniziale, da una parte, e la sua apparente “invulnerabilità” (non
resilienza) del seguito, dall’altra, che ci devono far pensare a
come Michelle sia riuscita a elaborare in un modo tutto particolare
quel trauma pre-adolescenziale. Non ci dobbiamo far ingannare dalle
scene iniziali: la dissociazione è solo l’emergere di un Sé
nucleare che viene temporaneamente a scompaginarsi, minacciando, ma
solo per poco, la capacità di agire (Self-agency),
di coerenza (Self-coherence),
e di regolazione affettiva (Self-affectivity)(Stern,
1985). Se il Sé nucleare si organizza tra i due e i sei mesi, in
concomitanza con l’apparizione della capacità di rappresentare le
interazioni e generalizzare tali rappresentazioni (RIG’S,
rappresentazioni di interazioni che sono state generalizzate), che
vengono in continuazione create e modificate dalle nuove esperienze
(Leo, 2013), la conquista successiva è l’intersoggettività (Sé
soggettivo), da cui dipende la capacità di amare (Stern, 1993).
<<Verso la fine del primo anno, i bambini sviluppano la capacità
dell’intersoggettività, ovvero la capacità di comprendere che si
hanno esperienze soggettive separate e differenti da quelle degli
altri. (…) Una volta compiuto il passaggio all’intersoggettività,
diviene realizzabile la possibilità di una intimità psichica, così
come di una intimità fisica. Gli stati della mente possono ora essere
condivisi, (…)>> (Stern, 1993, pp. 106-107) grazie alla
sintonizzazione affettiva. <<Si stanno lentamente scoprendo le
parole interne che possono essere soggettivamente condivisibili –
che porteranno un giorno alla capacità di pensare o di dire “So che
tu sai che io so…” o “Sento che tu senti che io sento…”, il
percorso che gli innamorati affrontano continuamente nel processo di
scoperta reciproca>>(Stern, 1993, pp. 106-107). Ora, questi
sensi del Sé, delineati da Stern, non sono stadi, <<rimanendo
ciascuno di essi attivo, sviluppandosi o diventando vulnerabile lungo
tutto il corso della vita>>(Leo, 2013, p.40). In altri termini,
i vari sensi del Sé possono essere deformati non solo nel periodo
“critico” di vita in cui emergono, ma anche in età successive, ed
il trauma ha sicuramente questo “potere” di scompaginare il
percorso delle configurazioni fino ad allora avuto dai sensi del Sé
dell’individuo.
Nel
caso di Michelle, nulla sappiamo delle
sue relazioni precoci con le figure di riferimento della sua infanzia.
Come per molti pazienti che vediamo in psicoterapia, le relazioni
interiorizzate con le figure significative genitoriali appaiono
appiattite sul presente in modo rigido e non storicizzato. Con la
madre non c’è alcuna intimità (in questo il film ce ne ricorda un
altro con la stessa Huppert, “La pianista” di Haneke)(Nunziante
Cesaro, 2012). Anzi, Michelle la tratta con disprezzo, visto che alla
sua età di anziana donna è attivamente impegnata in una lotta volta
a denegare il passare del tempo e la morte, grazie a ripetuti
interventi di chirurgia estetica ed alle relazioni amorose con uomini
giovani. La madre viene vista come un’isterica i cui accessi
teatrali traggono in inganno Michelle persino nel momento in cui
l’anziana avrà un ictus
che le sarà fatale. Il padre, da quarant’anni in carcere per essere
stato un “mass murder” (che le cronache continuano a riattualizzare) a
seguito di un delirio religioso, viene
odiato da Michelle che è incapace di provare alcun senso di colpa
persino nel momento in cui la sua visita al carcere sembra aver
scatenato nel padre l’impulso a suicidarsi. Sulla relazione
padre-bambina aleggia il sospetto di un abuso sessuale, visto che il
fotogramma d’epoca riportato in auge dalla TV ritrae la piccola
Michelle seminuda. Non sappiamo se questi sensi del Sé, ed in
particolare quello correlato alla intersoggettività, abbiano avuto
uno sviluppo armonico nell’infanzia di Michelle fino alla tragedia
dei 10 anni, ma starsi ad arrovellare, come accade talora con molti
pazienti, se la psicopatologia
sia dovuta ad una carenza o ad un conflitto infantile non ci porta di
solito molto lontano (Amadei, 2005; Greenberg & Black, 1995).
L’assenza di sintonizzazione affettiva, spia sensibile della capacità
di intersoggettività e di intimità, d’altronde emerge in tutte le
relazioni, significative e non, familiari e sociali che caratterizzano
la vita relazionale di Michelle: lei stessa confessa che anche la
nascita dell’unico figlio avuto dall’ex marito (uno scrittore
“fallito”) fu caratterizzata da un sentimento di estraneità tale
che il piccolo venne immediatamente “prestato” per
l’allattamento ad una sua vicina di stanza, Anna, che si trovava lì
per la morte del suo neonato, e che da allora diventerà la sua
migliore amica (resistendo questo legame in parte lesbico anche alla liaison
erotica intercorsa tra il marito di Anna e Michelle). Di fatto,
possiamo ipotizzare che il trauma di Michelle a 10 anni abbia spazzato
via il Sé soggettivo, non sentendosi ella più vista e riconosciuta
da uno sguardo benevolo e sintonico (avendo strutturato uno sguardo
interiore freddo e cinico come quello del gatto della prima scena del
film), e abbia creato le basi per una personalità che sa come far
fronte alle crepe, basandosi unicamente sul proprio istinto, che, pur
abusata dallo stupratore (che in realtà si ripresenta a casa sua
insistentemente), sa come affrontarlo, che, pur usata sessualmente dal
suo amante (incapace di comprendere persino che Michelle non abbia
voglia di far sesso perché da poco stuprata), si sottomette ai suoi
desideri recitando la parte della morta nell’atto sessuale. Il
sado-masochismo di Michelle si costruisce a partire dalla mancanza di
quel rispecchiamento nello sguardo benevolo di un altro (Mollon,
2006), che potrebbe rimandare ad un’assenza verificatasi
nell’infanzia di quello “scintillio nell’occhio materno” di
cui parla Kohut (Leo, 2011), ma che è certo possa essere anche il
risultato di uno sviluppo di personalità post-traumatico. E. come
spesso avviene in questi casi, il gioco sessuale sado-masochistico,
che fa pensare ad un “re-enactement” di un gioco sessuale più
antico, assume i contorni della sfida sempre più esasperata quando
Michelle scopre che lo stupratore non è altri che il vicino di casa,
che con la moglie magistrato forma una coppia dagli integerrimi valori
religiosi, dalla cui presenza era già eroticamente attratta e che
aveva già avuto modo di ospitare a cena a casa sua insieme alla
moglie. La scoperta, che forse non ci sorprende dato il sottosfondo
mistico-religioso che aveva nutrito il gesto folle del padre omicida,
finisce per rendere ancora più eccitante la dipendenza sessuale tra
la vittima ed il carnefice, fino all’epilogo finale del “mors tua
vita mea”, in cui solo la presenza del figlio di Michelle riesce a
sventare il pericolo che lo stupratore possa uccidere la sua vittima.
Un
film, quello di Verhoeven, tratto dal romanzo “O…” di Philippe
Djian, che certamente si presta a molteplici letture: sociologica (sui
“vizi” della borghesia, sul potere dei media rispetto alle vittime
di “traumi di massa per mano dell’uomo”[Bohleber, 2010],
sulla realtà virtuale che finisce per interferire con la realtà
psichica, sulla vacuità delle relazioni familiari), filosofica
(rispetto al nichilismo della protagonista), criminologica e
vittimologica connessa alla violenza di genere,
ecc.. Io ne ho scelto una che mi è sembrata il più possibile
aderente a certe emergenze cliniche che si evidenziano nel trattamento
di pazienti che recano forte l’impronta di un trauma, specie se a
tipo abuso sessuale, preferendo lasciar da parte espressioni che fanno
parte di un folklore pseudo-psicoanalitico nel connotare il
personaggio di Michelle: mi può solo far sorridere ciò che scrive un
critico di area francofona dipingendo la protagonista come “donna
fallica”, che “messa in scacco dalla realtà dell’esperienza
lascia il fantasma intatto, reiscritto sempre allo stesso modo”, incapace
di amare in quanto “si rifiuta di essere il luogo del desiderio
dell’altro”(sic!).
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BIBLIOGRAFIA
Amadei,
G. (2005), Come si ammala la
mente, Il Mulino, Bologna (in particolare si veda per il concetto
di approcci psicoanalitici basati sul riconoscimento, da affiancare
agli altri due più tradizionali, quelli basati sul conflitto e sulla
carenza, di cui trattano Greenberg & Black, 1995).
Bohleber,
W. (2010), “Ricordare, trauma e memoria collettiva. La lotta per il
ricordare in psicoanalisi”, in Id-entità
mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria”, a cura di G.
Leo, Edizioni Frenis Zero, Lecce.
Greenberg,
S. A., Black, M. J. (1995), L'esperienza della psicoanalisi,
Bollati Boringhieri 1996.
Leo,
G. (2011), “La vergogna e l’età pericolosa”, in Clinica
Poetica, numero speciale della
Rivista di psicologia analitica, 83(31), 2011, pp.185-197.
Leo,
G. (2013), Psicoanalisi e luoghi
della riabilitazione, Edizioni Frenis Zero, Lecce.
Mollon,
Ph. (2006), Vergogna e gelosia.
Tumulti segreti, Astrolabio, Roma.
Nunziante
Cesaro, A. (2012), “Il masochismo: una trasmissione al
femminile?”, in Lo spazio
velato. Femminile e discorso psicoanalitico, a cura di Laura
Felici Montani e Giuseppe Leo, Edizioni Frenis Zero, Lecce, pp.63-91
Stern,
D. (1985), Il mondo
interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino.
Stern,
D. (1993), “L’amore infantile e l’amore di transfert: relazioni
e implicazioni”, in Psicoanalisi
dell’amore, a cura di M. Ammaniti & D. Stern, Laterza,
Roma-Bari.
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