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"Essere bambini a Gaza. Il trauma
infinito"
Authored
by/autore: Maria Patrizia Salatiello
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Mediterranean
Id-entities
Anno/Year:
2016
Pagine/Pages:
242
ISBN:978-88-97479-08-6
Psychoanalysis,
Collective Traumas and Memory Places (English Edition)
Edited
by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di:
R.D.Hinshelwood
Writings by/scritti di: J. Altounian
W. Bohleber J. Deutsch
H. Halberstadt-Freud Y. Gampel
N. Janigro R.K. Papadopoulos
M. Ritter S. Varvin H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Mediterranean
Id-entities
Anno/Year:
2015
Pagine/Pages:
330
ISBN:978-88-97479-09-3
"L'uomo
dietro al lettino" di
Gabriele Cassullo
Prefaced
by/prefazione di: Jeremy
Holmes
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Biografie
dell'Inconscio
Anno/Year:
2015
Pagine/Pages:
350
ISBN:978-88-97479-07-9
Prezzo/Price:
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"Neuroscience
and Psychoanalysis" (English Edition)
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Georg Northoff
Writings by/scritti di: D. Mann
A. N. Schore R. Stickgold
B.A. Van Der Kolk G. Vaslamatzis M.P. Walker
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 300
ISBN:978-88-97479-06-2
Prezzo/Price: € 49,00
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
educazione"
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz
Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 248
ISBN:978-88-97479-05-5
Prezzo/Price: € 29,00
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
ISBN:978-88-97479-04-8
Prezzo/Price: € 37,00
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
Prezzo/Price:
€ 39,00
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price:
€ 39,00
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
Prezzo/Price: € 23,00
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
Prezzo/Price: € 39,00
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
Prezzo/Price: € 19,00
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
Prezzo/Price: € 38,00
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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La
storia.
Zev
Gutman è
un anziano ebreo affetto da demenza senile che vive in un ospizio
insieme al suo amico Max Zucker. I due hanno in comune un tragico passato: sono
entrambi ebrei sopravvissuti all’Olocausto. Max ha confidato a Zev
un suo progetto: ritrovare Otto Wallisch, l’ufficiale delle SS che
ad Auschwitz sterminò le loro famiglie e che nel 1946 si rifugiò
negli Stati Uniti sotto il falso nome di Rudy Kurlander. Con quel nome
e con l’età giusta ce ne sono quattro nel Nord America, ma nemmeno
il Centro Wiesenthal è mai riuscito a identificarlo con certezza.
Servirebbe un testimone oculare, e loro sono gli ultimi rimasti. Il
lucidissimo Max non è più in grado di compiere la ricerca e ha fatto
promettere a Zev, fisicamente molto più in forma di lui, di
occuparsene dopo che sua moglie sarà morta. Quando succede, tutto è
già pronto, meticolosamente programmato da Max. Zev
inizia quindi un viaggio alla ricerca di Otto Wallisch.
Con sé Zev ha una "lettera di istruzioni" compilata da Max
che deve leggere di continuo per ricordare la sua missione. Quando
alla fine giunge, spossato, al lago Tahoe, ultima tappa del suo
viaggio, Zev scopre che nella dissociazione stava cercando se stesso.
Colpi di scena.
Mi
sono trovato in un film che mi portava nella logica del trauma e in
questo registro, c'é la nostra necessità che l'esperienza abbia
continuità e c'è il nostro bisogno di rassicurarci con la
ripetizione di eventi che conosciamo bene. E' la funzione dolorosa del
trauma, perché “il
trauma …produce dissociazione che, a sua volta, crea falsificazioni
retroattive del passato e della capacità di pensare il futuro” (Bromberg,
1999-2001, 10).
Il
colpo di scena suggerisce che viviamo simultaneamente molte vite. Il
cambiamento non è semplicemente una storia al posto di un'altra, ma
consiste nel potersi permettere
e accettare di viverne o,
magari, di integrare più storie quando il potere dissociativo del
trauma, ridimensionato, ce lo permette. Il colpo di scena nel film ha
la stessa funzione che nella nostra vita e nella clinica ha il
processo di mobilizzazione del trauma. Ciò avviene non perché
introduciamo un nuovo registro interpretativo, ma perché accadono
vive "collisioni tra soggettività” (Bromberg, 2011, 69 e 83)
in una storia congelata e cogliamo la felice sorpresa dell'esistenza
simultanea e potenziale di mille altre storie o versioni della stessa
storia. Gli analisti finalmente sanno che la soluzione del trauma non
è la catarsi, ma l'edizione aggiornata di un vecchio testo oramai
fuori produzione. Le definizioni di trauma sono numerose e ciascuna
comporta una teoria di riferimento e, soprattutto, una posizione
clinica differente. Se ci pensiamo, però, la gran parte di queste
teorie sul trauma, descrivono quello che di patologico accade nella
vita di un soggetto e, di conseguenza, suggeriscono, come si possa rimuovere
(Freud), desensibilizzare [cognitivisti
e comportamentisti, ma anche alcuni analisti (Renik, 2006)],
ricomporre (Fonagy e Bateman,
2004; 2006; Clarkin, Yeomans, Kernberg, 1999; Meares, 2012) il blocco
traumatico. Non ho dubbi sulla validità di queste posizioni, ma sono
sempre più interessato a quelle potenzialità creative che la
dolorosa esperienza di un trauma ci costringe ad attivare: "in
ogni tipologia di disturbo alcuni stati del Sé contengono le
esperienze traumatiche e le molteplicità delle risposte affettive
spontanee, altre contengono le risorse dell’Io…” (Bromberg,
1998, 132). Stato Traumatico è
per Janet l'impatto dell'emozione con l'azione, dove, però,
"nell'emozione vi è un grande dispendio di energia nervosa
necessaria per far fronte al nuovo evento" (Janet, 1907, 334). Se
il soggetto è sufficientemente capace il trauma inaugura soluzioni
creative: "è possibile con facilità compiere operazioni
complesse che richiedono capacità di sintesi
attuale non ancora inscritte nell'organismo... godiamo di un'ampia
coscienza e non ci blocchiamo rispetto a nuove soluzioni" (id.,
333).
Alcuni
autori, recentemente ritengono che queste potenzialità creative,
nella stanza di analisi, soprattutto quando connesse a stati
traumatici, non possano presentarsi attraverso percorsi di ordine
simbolico, ma solo agito, ovvero il campo fertile dell’enactment,
quando "la reazione dell'analista può essere utile come la prima
traccia di ciò che sta accadendo nel paziente" (Sandler, 1976,
43). E' il passaggio
importante dalla psicoanalisi esplorativa
ad una psicoanalisi delle trasformazioni.
Gli enactment "non sono errori, ma elementi generatori di
elementi creativi che possono alterare la direzione dell’evoluzione
della diade…” (Boston Change Process Study Group, 2010, 103).
L'analista si trova a mettere in atto un personaggio della storia del
paziente (Sandler, 1976) o a reagire emotivamente in modo non pensato
(Jacob, 1986) sotto la pressione tansferale del paziente.
Zev.
Alla
fine del film, Zev Gutman deve rendersi conto che ha scambiato
i nomi che lo riguardano: "Il mio nome è Kulibert Schturm! Otto
Vallish sei tu! Come hai potuto dimenticare?". Gli psicoanalisti
hanno sempre avuto due modi per descrivere questa fuga e questa
vergogna: la rimozione e l’atto mancato. Da un po’ di tempo,
ovvero da quando hanno accettato di essere visibili e attivi nel campo
analitico, ne hanno altri, più importanti: l’enactment e poi la
self-discosure. Ovvero accettano ed usano di essere un mezzo attivo
attraverso cui gli stati mentali potenziali dei loro pazienti prendono
forma e diventano reali. Ciò che gli analisti sentono non è più
solo il controtransfert, ma una condizione affettiva aperta a
potenzialità di cui Zev non conosce il percorso né l'esito perché
ci sarà un incontro che intersecherà due storie finallora parallele.
Nel controtransfert capiamo come il paziente ci vive e che uso fa di
noi, mentre nell’enactment possiamo cogliere che cosa il paziente si
aspetta dall’esperienza
che sta facendo di noi. Il controtransfert riguarda il paziente,
mentre l’enactment riguarda il paziente nel campo relazionale mentre
fa esperienza di un altro attraverso il suo transfert.
Zev
e Max abitano il limbo della morte. Entri in quelle sale della clinica
sapendo che stai accompagnando qualcuno all’ultimo passo.
La vita è fuori ed i sorrisi e il tono di voce con cui gli
infermieri ti parlano, ti dice che tu non sei più un interlocutore:
nessuno si aspetta più nulla da te, ma tutti vogliono darti un
inutile affetto dolciastro. In quelle stanze, anche se le vedi in un
film e sei in un cinema, senti nello schermo l’odore tipico dei
vecchi: qualcosa tra la muffa e il piscio, e quell’odore rimane
anche se apri le finestre. Nel cinema l’odore si sospende quando Zev
parla con Tyler, il bambino che non gli pare vero di essere più
adulto di te.
Nel
film ci sono due metà che, dopo la morte di Ruth, convergono ed
iniziano un movimento che era sospeso da tempo e che ora può
riprendere. Il film sembra dirci subito – e noi accettiamo
benevolmente – che si tratta di una vendetta, ma poi scopriremo che
si tratta di mettere in scena un’altra storia, vera
ma non ancora reale perché
“mai formulata prima” (D.B. Stern, 2003).
Elisa
mi scrive: “dottore, mi scusi. Non è proprio possibile trovarmi una
sistemazione in una casa famiglia? Non posso più stare con Francesco.
Lui mi fa pesare tutto! Che mi dà i soldi; che sto a casa sua! Io
tornerei a casa famiglia, così voglio vedere come se la cava da
solo!”. Le rispondo: “valuti con calma le situazioni. Cerchi di
dialogare con la realtà a suo vantaggio”. Mi risponde. “posso
venire da lei giovedì prossimo? Sto molto male e mi sento scoppiare
qui dentro. Comunque, grazie dell’ottimo suggerimento anche se ora
non mi è del tutto chiaro come si possa fare. Grazie mille e buon
pomeriggio”. E’ venuta giovedì con Francesco, ed ho visto subito
che non stava male. Ho pensato che volesse farmi vedere come era
riuscita a “dialogare con la realtà a suo vantaggio!”. Conosco
Elisa da molti anni e molta della mia vita professionale si è svolta
parallela alla sua vita (lei spesso mi ricorda che abbiamo la stessa
età!) e mi ha sorpreso positivamente la sua soluzione: “con Francesco siamo stati dall’Amministratore di
Sostegno che ci ha suggerito di vendere una delle due case che
posseggo; quella da cui non percepisco più l’affitto!. Dovrei
ricavare una buona somma con cui vivere e mi si abbasserebbe
l’imponibile del reddito e finalmente potrei raggiungere il tetto
per la pensione di invalidità! Ora la lascio perché vedo che ha
molti pazienti…”. Mi ha mandato un ultimo messaggio: un link di
you-tube, che dice di un'altra storia rispetto alla vendetta decisa
all’inizio, soprattutto di un’altra cadenza, un diverso modo di
procedere: Cyndi Lauper: “time
after time”. Mi ha colpito che si trattasse di una versione solo
strumentale per chitarra acustica di Sandra Bae. Ho pensato:
"senza parole!"
Nel
film c’è Max che ti guida e lui ha organizzato tutto il tuo
percorso e tu non lo sai. Ti ha dato una lettera dove è segnato già
in anticipo ogni tuo passo e la tua demenza ti costringerà a
rileggerla continuamente. Ovvio che lo spettatore si chiede: perché
non può farlo Max? La risposta che il film ci suggerisce è la più
ovvia e concreta: Max è paralizzato su una carrozzina, ma sa
ricordare, mentre Zev ha perso la memoria ma può muoversi! Non
abbiamo dubbi che Zev sia la demenza che porta metastasi alla memoria.
Il colpo di scena finale ci suggerisce la raffinata soluzione
dissociativa del trauma, ovvero dissociare l'azione dalla memoria, e
la memoria, in quell'attimo, si svela drammaticamente intatta! Sicuramente
non sapere gli effetti di ciò che fai ti permette di essere più
determinato ed efficace nelle situazioni più disumane. Una forma
molto comune e terribile di dissociazione. Forse quella condizione che
ti permette di farti esplodere fra la folla ignara e viva; di
sorridere per quelli che hanno perso la casa per il terremoto oppure
di far fallire una banca o un’azienda senza pensare a quelli che per
questo vedranno la loro vita distrutta. La nostra speranza è che, per
quanto la dissociazione ti permetta un'isola di vita, continuamente si
ricompone e ci porta un passo più avanti. Non servono per forza i
grandi traumi. Quando va bene, si procede per soluzioni di micro
traumi sufficienti, che gli analisti chiamano "frustrazioni
ottimali" e che la nostra mente cerca di continuo: "ho
sempre saputo che mi avresti trovato" (e Kulibert abbraccia Zev).
Il
film ci porta lungo una prima storia che per ora ci sembra l'unica
possibile. Quando Zev ha accolto il progetto di Max, lascia la clinica
e le memorie traumatiche cominciano ad emergere sensibili: il numero
inciso sul polso e la doccia che ti cade sul corpo ti riporta in un
luogo di tanti anni fa: "lui mi conosce. Ci siamo incontrati
molto tempo fa!" (Zev alla figlia di Kulibert). Ora il ricordo ti
torna forse perché non c’è più Ruth e ti trovi solo in un posto
che non conosci.
Max ti ha dato 4 indirizzi dove cercare Otto Wallisch. Sono
quattro tedeschi che “hanno rubato l’identità dei prigionieri”
e si fanno chiamare Rudy
Kurlander. Uno dei quattro è Otto Wallisch e Zev dovrà
ammazzarlo perché “ad Auschwitz ha sterminato le nostre famiglie”
e tu parti alla ricerca di Rudy
Kurlander. Il film ti fa pensare ad un progetto condiviso fra
te e Max, a cui avevate pensato da tempo e che solo ora potete
realizzare perché “alla nostra età non possiamo permetterci che
sia rimpatriato e processato”. Max ci dice che lui e Zev
sono “’gli unici che possono riconoscerlo” e Zev, quello
senza memoria, ora è il solo che può rintracciarlo. Fin qui la
storia ci dice che l’impotenza è fisica, ma alla fine del film
scopriremo quanto l’impotenza fisica non sia spesso una raffinata
soluzione dissociativa.
Il
colpo di scena finale - quello che nel senso inverso del trauma
interseca finalmente due storie finallora parallele - ti descrive non
più complice, ma luogo passivo del desiderio potente ed intrusivo di
Max. Alla fine del film sappiamo che Zev non scrive più alcuna storia
per sé, ma per Max. E’ una differenza importante che alcuni autori
hanno riconosciuto nella particolare dissociazione border.
Infatti, pensiamo che Zev si muova e parli come un automa perché è
demente, ma poi sapremo che della vita che gli resta, proprio come i
border, conosce solo la meccanica, ma non le cause e ancor meno gli
effetti.
Io:
Otto Wallisch?
Il
percorso di ricomposizione del trauma procede. Ovviamente è un
processo fasico; oscillazioni continue di ricomposizioni e nuove
dissociazioni. Ma il dispositivo interessante per me sono le micro
dissociazioni creative. Ovvero quando la solida struttura dissociativa
si incrina e, per mantenere la continuità del Sé c’è bisogno di
rimettere insieme i pezzi in un ordine nuovo che rintracci
configurazioni di esperienza mai realizzate prima e ti permetta di
procedere. Per la seconda volta il trauma in cui naviga, dissociato,
Zev, incontra la disarmante semplicità di una bambina che sa mettere
insieme Disney Channel, le caramelle e la morte di Ruth e di Kurlander.
La bambina è lo stato dissociativo di Zev che prende vita: “mi
piace Disney-channel e le caramelle!... tu sei Zev… posso aprire la
lettera? E’ normale: i vecchi dimenticano…!”. La
bambina gli dice cosa ricordare e la promessa della magica vendetta:
"nel posto del trauma il soggetto non è consapevole di essere in
un ricordo: recita un copione sapendo di vivere un’esperienza. (Meares,
2012, 10). Nello stato dissociato le parole perdono la profondità
degli affetti e semplicemente ti descrivono ciò che meccanicamente
devi fare: la bambina gli parla di Ruth e di uccidere Wallisch;
nessuna preoccupazione: “credevo mi portasse le caramelle!”; “Lo
credevo anch’io!”
La
legge della sceneggiatura ci ha anticipato che, ovviamente, il quarto
incontro sarà quello con Otto Wallisch: non c’è bisogno di
indagini preliminari! Ti colpisce che in quella casa dove è caldo
l’affetto dei figli e dei nipoti si sia incistato per anni un
terribile dolore (ancora: la dissociazione permette nel trauma uno
spazio, più o meno ampio, comunque di vita…). Ho pensato che è
bello che l’incontro fra i due non si organizzi sul dispositivo
simbolico delle parole, ma sulle memorie implicite che si organizzano sui dispositivi sensoriali del
corpo. L’incontro avviene sul registro sensoriale della musica, dove
è custodita una identità antica. Zev si siede ancora una volta al
pianoforte (penso che tutte le volte che nel film l’ha suonato ha
trovato le emozioni e la sorpresa sua e di quelli che l’ascoltavano,
mentre il film sembrava descrivere il suo percorso di vendetta
meccanica…). Da Kurlander c'è il pianoforte e lui non vuole parlare
di Auschwitz . Zev suonerà il pianoforte per
tornare quello che era ad Auschwitz.
Questa volta suona Wagner
e questo è l'anello che lega Kurlander a Zev e ad Auschwitz
. Infatti: "un sopravvissuto non dovrebbe amare
Wagner!", commenta Kurlander. "Non si può certo odiare la
musica!". La ricomposizione dissociativa a questo punto corre
veloce e le sequenze, ora sono vorticose ed non hanno la scansione dei
significati, ma della sensorialità: "non avevo riconosciuto la
tua faccia in quelle foto, ma la tua voce non è affatto
cambiata!". Zev lo
dice in tedesco e noi non capiamo il contenuto, ma a noi interessa che
il tedesco sia soprattutto un suono, come la musica di Wagner: un
suono che è rimasto esattamente quello di allora. E' il timbro della
voce, e non i significati, che introduce al ricordo e dalla voce Zev
è sicuro che quello è Otto. Il trauma si ricompone non perché una
storia scalza un'altra, ma perché due (molte...) storie parallele si
intersecano: "ora digli il tuo vero nome. Il mio nome è Kulibert
Schturm... tu... tu sei Otto Vallish eravamo tutti e due Blockführer.
Ora Zev scopre che cercava se stesso: "come hai potuto
dimenticare? Ti sei fatto chiamare Zev perché Zev significa lupo...
dicevi che eravamo lupi!..". L'intersezione delle storie a volte
è insostenibile: "Me lo ricordo!".
L'ultimo
colpo viene perché aspettava da tempo in canna ed era tenuto da Max
che attraverso Zev poteva chiudere il cerchio. E' un percorso di
morte, forse perché Max, il vero protagonista delle storie, ha
sentito che stava morendo. A noi fa pensare che la dissociazione non
serve solo a separare, ma anche a preservare piccoli frammenti di vita
in attesa che possano essere usati: "la fuga psicogena non è
sempre difensiva, ma di frequente rappresenta la ricerca di cura e
conforto" (Stengel, 1939, cit. in Meares, 2012, 138). In altri
casi le collisioni di frammenti dissociati non producono soluzioni
creative, ma chiudono il cerchio: "una struttura mentale
dissociativa è progettata per prevenire la rappresentazione cognitiva
di quello che per la mente può essere troppo da sostenere" (Bromberg,
2011, 21).
"tu hai distrutto la possibilità
che
nella vita io potessi illudermi"
(Sorrentino, The joung Pope, 2016)
Nella linea di Janet e di Jackson, Meares (2012, 112) suggerisce
che la memoria traumatica aumenti per i “satelliti” che la
circondano. Janet ne descrive due: “idea fissa derivata” per
associazioni; e “idea fissa stratificata”. Sotto
una idea traumatica ne emerge una più antica apparentemente non
connessa con la prima e poi un terzo livello più
antico. L'esempio è quello della donna derubata sul treno: ad un
primo livello non riesce più a viaggiare. Ad un altro livello,
per associazione, si blocca in casa dove ha subito abusi. Infine,
ad una ulteriore stratificazione, emerge una madre fredda che non
la proteggeva.
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