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"Essere bambini a Gaza. Il trauma
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by/autore: Maria Patrizia Salatiello
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Collection/Collana: Mediterranean
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Psychoanalysis,
Collective Traumas and Memory Places (English Edition)
Edited
by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
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R.D.Hinshelwood
Writings by/scritti di: J. Altounian
W. Bohleber J. Deutsch
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N. Janigro R.K. Papadopoulos
M. Ritter S. Varvin H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Mediterranean
Id-entities
Anno/Year:
2015
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"L'uomo
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Gabriele Cassullo
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Holmes
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Biografie
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Anno/Year:
2015
Pagine/Pages:
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"Neuroscience
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Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Georg Northoff
Writings by/scritti di: D. Mann
A. N. Schore R. Stickgold
B.A. Van Der Kolk G. Vaslamatzis M.P. Walker
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 300
ISBN:978-88-97479-06-2
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
educazione"
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz
Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 248
ISBN:978-88-97479-05-5
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
ISBN:978-88-97479-04-8
Prezzo/Price: € 37,00
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
Prezzo/Price:
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price:
€ 39,00
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
Prezzo/Price: € 23,00
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
Prezzo/Price: € 39,00
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
Prezzo/Price: € 19,00
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
Prezzo/Price: € 38,00
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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PREFAZIONE
DI LAURA FELICI MONTANI (curatrice dello Spazio Rosenthal)
La
psicoanalisi ha bisogno del femminismo?
Con il
termine rizoma, volto
a rendere pensabile ciò che nella storia umana sprofonda e
riaffiora sfuggendo
alla semplificazione delle soluzioni narrative lineari, gli
studiosi francesi Deleuze e Guattari hanno proposto un
particolare modello semantico:
.."il
rizoma collega un punto qualsiasi con un altro punto qualsiasi,
e ciascuno dei suoi tratti non rimanda necessariamente a tratti
dello stesso genere, mettendo in gioco regimi di segni molto
differenti ed anche stati di non-segni. (…). Rispetto ai
sistemi centrici (anche policentrici), a comunicazione
gerarchica e collegamenti prestabiliti, il rizoma è un sistema
acentrico, non gerarchico e non significante "(Gilles
Deleuze e Félix Guattari, "Mille piani. Capitalismo e
schizofrenia" (1980), sez. 1, Castelvecchi 1997, p 33 e
sgg.).
Il desiderio
femminile e la sua questione hanno, in psicoanalisi, caratteri
spiccatamente rizomatici. Se un rizoma unisce tra loro fenomeni
e concetti molto distanti, ma tali per cui vi si possono sempre
trovare relazioni logiche o causali, e comunque, sempre
interagenti reciprocamente, la semantica dei testi freudiani
mette di fronte a un
"interramento" paradossalmente vistoso di tutto quanto
riguarda la soggettività femminile, fatta
eccezione del
"desiderio di bambino"("Lo
Spazio Velato",
a cura di G. Leo. e L. Montani, Edizioni Frenis Zero, 2012). Ma
nel lavoro delle psicoanaliste, soprattutto dalla seconda metà
dello scorso secolo in poi,
la questione del
desiderio femminile ha lavorato rizomaticamente,
in relazione sotterranea e
inconscia con un
movimento altrettanto rizomatico: il femminismo. Per questo
motivo la domanda "la psicoanalisi ha bisogno del
femminismo?", posta dal testo di M. Sacha che presentiamo
qui, arriva opportuna
allo Spazio Rosenthal. Questo
breve testo mette in evidenza
la necessità che la ricerca psicoanalitica si inoltri
ancora più profondamente in
quel vuoto di
rappresentazione a
cui fu destinato il desidero femminile
dalla psicoanalisi al suo nascere e non solo, silenzio
intervallato da
emersioni improvvise di clamori e dibattiti disciplinari
intorno a una
questione che
soprattutto la psicoanalisi di stampo genetico-evolutivo
testardamente continua
a ridurre al "materno",
svincolandola dall'accadere
storico.
Kristeva ("Etranger à nous memes",
1988, Fayard), al contrario, indica decisamente la strada da
percorrere, rimarcando come il XX secolo, al di là
della pressione dei diversi femminismi,
abbia messo in crisi
la possibilità di
fare delle donne un tutt'uno indistinto, come accadde in passato
per la borghesia, per il proletariato, per Il Terzo Mondo, ma
paradossalmente proprio
grazie alla
pressione dei femminismi, abbia permesso che si andasse a
riscoprirne la soggettività, tradizionalmente relegata al
compito riproduttivo.
E
nei testi di una psicoanalista, J. Mitchell
(1972, 1974), assistiamo
alla riemersione della
questione del desiderio femminile in termini strettamente
psicoanalitici, che tengono conto del "lavoro" dei
vari femminismi, volti ad individuare nella condizione femminile soprattutto
un elemento principe: l'espropriazione del desiderio.
Pertanto il
richiamo di M. Sacha a studiose come Chodorow
è un invito a studiarne e
approfondirne il pensiero, proprio in onore della
riscoperta di un desiderio femminile che è, inequivocabimente,
alla base della specifica ricerca
dello Spazio Rosenthal.
“Femminismo":
quando ci riferiamo a questo ambito occorre pensarlo come parte
di una realtà che ha un aspetto “tomografico”,
stratificato, dotato di linee potenzialmente in continuo
mutamento, come le immagini frattali.
In un libro di conversazioni tra Jacques
Derrida e Elizabeth Roudinesco, "Quale
domani"
(il titolo francese non ha l’interrogativo) si tocca un punto
cruciale, nel paragrafo intitolato “Scegliere la propria
eredità”. Quando il colloquio tra i due ha luogo siamo nel
2000-2001. Il filosofo e la psicoanalista sono ormai maturi e
dialogano su cosa fare nei confronti della grande tradizione
filosofica e culturale che hanno alle spalle. Cosa fare di
Althusser, di Foucault e di Barthes, di Lacan, Irigaray e
Kristeva? Io aggiungerei anche: cosa fare di Sarah Kofmann e di
Michel de Certeau, e di altre/i attivi in Francia fino agli anni
’80. Roudinesco riassume all’inizio le posizioni di entrambi
loro due, i dialoganti, per suggerire: “né accettare tutto, né
fare tabula rasa”. A sua volta, prendendo lo spunto dalla
coppia fedele/infedele implicita in questa frase, Derrida si
sofferma a precisare le modalità di una operazione simile a
quella che sta anche al centro del femminismo, di quello che è
rimasto e anche di come viene vissuto oggi: essere infedeli
per rimanere fedeli.
“...è
necessario – dice Derrida – fare tutto
il possibile per appropriarci di un passato che sappiamo bene
come resti in fondo inappropriabile – che si tratti di memoria
filosofica, della preminenza di una lingua o di un processo di
filiazione in genere. Riaffermare – che cosa intendiamo con
questo termine? Non soltanto accettare questa eredità, ma darle
un nuovo impulso mantenendola in vita. Non sceglierla – perché
ciò che caratterizza un’eredità è proprio il fatto di non
poterla scegliere, mentre è essa che ci sceglie in modo del
tutto arbitrario e, per così dire, violento – ma scegliere di
mantenerla in vita. La vita, in fondo, il fatto di essere in
vita, si definisce proprio in virtù di questa tensione interna
che è tipica dell’eredità, attraverso una reinterpretazione
di quel dato che è il dono e persino il processo di filiazione.
Questo processo di riaffermazione che è al tempo stesso una
prosecuzione e un’interruzione, è riconducibile, comunque, a
una scelta, a una selezione, a una decisione. Propria come
altrui: come due firme allo specchio, una di fronte all’altra.”
[p. 15]
Da
qui, da questa riflessione sul tempo trascorso e vissuto, sulla
sua percezione e sul significato a questo attribuito dalle
persone che lo hanno abitato e dalle generazioni successive che
più o meno consapevolmente continuano a fare i conti con
conquiste e sconfitte di quel passato, da qui, dunque, da questo
impegno, vorrei dire, che
occorre guardare agli effetti suscitati dal femminismo. Quale
area pubblica e/o privata non è stata modificata in profondità
dai temi che femministe studiose e non, hanno sollevato in
questi decenni? Non si è trattato di mode passeggere, ma di
attraversamenti che hanno avuto immense ripercussioni in ogni
direzione della vita sociale e politica. Che i riconoscimenti
appaiano scarsi, non toglie merito all’impresa. Tuttavia,
uomini e donne di oggi sono più consapevoli delle complessità,
delle contraddizioni, delle
potenzialità, inerenti alle vite umane grazie a pratiche e
riflessioni teoriche prodotti all’interno e intorno agli
ambiti femministi.
E'
in atto all'interno del pensiero psicoanalitico una riflessione
volta a riconsiderare il desiderio umano alla luce delle
profonde trasformazioni di codici e statuti cui esso stesso dà
luogo, per un suo interno nomos.
Soprattutto
da discipline limitrofe, come la filosofia bio-politica, arriva
alla psicoanalisi la sollecitazione a confrontarsi con
l'immagine totalitaria e lineare del capitalismo che
gli studi di genere avevano già cominciato a decostriure.
nel secolo che abbiamo alle spalle.
Nel 1976 la storica
statunitense Natalie Zemon Davis, specialista di storia moderna
europea, utilizza il termine "gender"
soprattutto per sottolineare il peso dei ruoli sessuali
nella storia sociale.
Nel 1979 Leonore
Davidoff, futura direttrice della rivista "Gender
& History",
utilizza il termine
"gender"
con il significato con cui è stato successivamente accolto
da gran parte della comunità storica, per indicare la maniera
con cui mascolinità e femminilità sono concepite come
categorie socialmente costruite, in opposizione a "sesso" che si riferisce invece
alle distinzioni biologiche tra maschio e femmina. Da qui in poi
il "gender",
negli studi storici di genere
opera come una categoria ordinatrice e organizzatrice delle
relazioni sociali.
Alla svolta tra gli
anni Settanta e Ottanta gli studi foucaultiani su potere e
sessualità, quelli lacaniani su identità sessuale e
linguaggio, e infine la logica del supplemento di Derrida hanno
una forte e profonda influenza sulle analisi che coinvolgono
storia e "gender". Sarà soprattutto Joan Scott,
famosa storica statunitense, ad applicare al mondo della storia
delle donne la critica di Derrida alla logica costruita su
opposizioni binarie. L’"indecidibile",
il "supplemento"
(termine ironicamente già usato da Virginia Woolf per
designare la storia e la letteratura delle donne
in "Una stanza tutta per sé")
sono figure e
strategie usate per
sfuggire alla logica binaria, e vengono
utilizzate da Scott per fare definitivamente del "gender"
una categoria utile per l’analisi storica. Il "supplemento"
è inteso sia come aggiunta sia come sostituzione, ed
è perfetto per indicare che “le donne rappresentano
sia un supplemento alla storia sia la causa della sua
rielaborazione” (Scott 1993, p. 61). Pertanto il "gender"
diviene una genuina storicizzazione e destrutturazione dei
termini della differenza sessuale, proprio in quanto consente di
uscire dalla rappresentazione binaria fondata
sull’oggettivazione essenzialista di maschile e femminile,
fattore primario del manifestarsi dei rapporti di potere.
Leggiamo
dunque M. Sacha, che ci introduce nel vivo di un dibattito
appassionato ed ancora
aperto, quello tra psicoanalisi e femminismo.
Entrambi i
saperi, sono, a mio parere, indispensabili per portare una luce
nella complessa oscurità sia del nostro presente che del nostro
passato.
|
Nel
2002 la casa editrice Karnac pubblicò il libro Constructing
and Deconstructing Woman’s Power1,
a
cura di Beth Seelig, Robert Paul e Carol Levy. I temi esplorati in
questa raccolta di saggi, che è dedicata alla relazione tra genere e
varie rappresentazioni della forza e del potere femminile,
rappresentano un'assoluta novità. Ciò che è di gran lunga la cosa
più interessante è la lista degli autori che comprende rinomati
psicoanalisti, come Helen Meyers, ex direttore del Centro
Psicoanalitico della "Columbia University". Il libro era
raccomandato da due famosi psicoanalisti e psichiatri clinici, Otto
Kernberg e Ethel Person. Kernberg è famoso per la sua ricerca
sull'identità, e Person per le sue pubblicazioni sulla sessualità e
la psicologia del potere. Sin dal 1976 Kernberg, un teorico e clinico
con un approccio piuttosto tiepido nei confronti del relativismo
post-moderno in psicoanalisi, avvertiva i suoi lettori contro
l'accettazione acritica, ed in particolare la sopravvalutazione, della
tesi che l'adattamento delle donne alla società sia un processo
convenzionale. A suo parere, il potenziale delle donne di
sviluppare nuove e non convenzionali modalità adattative è assai
spesso sottovalutato2. Con molta difficoltà troveremmo una
dichiarazione di sostegno più chiara di questa, espressa da uno
psicoanalista, a favore delle rivendicazioni fondamentali del
femminismo: la tesi che le donne come gruppo siano soggette ad
oppressione sociale e psicologica e la tesi che le donne dimostrino
una specifica creatività nell'area della costruzione e della
affermazione di un'autonomia intra-psichica ed inter-psichica.
Seguendo il flusso di pensieri presentato dai rappresentanti del
femminismo orientato in senso psicoanalitico, potremmo dire che la
psicoanalisi ha avuto bisogno e ancora ha bisogno del femminismo,
soprattutto per criticare la sua cecità nei confronti dei substrati
culturali di molte teorie psicoanalitiche sul genere. In ciò che
segue nel presente lavoro cercherò di delineare un'area minimale di
interesse comune, su cui sia stato espresso un accordo nei dibattiti
tra i sostenitori del femminismo e della psicoanalisi. Non mi
addentrerò nelle discussioni tra il femminismo post-moderno di
orientamento lacaniano e la psicoanalisi, dato che questo discorso è
molto ben rappresentato sia nel pensiero filosofico contemporaneo sia
nella critica letteraria. Un'implicazione meno nota della critica
femminista alla psicoanalisi è l'influenza che essa ha avuto sulla
teoria clinica della psicoanalisi. Ritornerò su questa questione
interessante alla fine di questo mio saggio.
C'è anche una questione sull'uso che il femminismo potrebbe fare
della psicoanalisi, esplorata per la maggior parte dai sostenitori del
femminismo psicoanalitico. Nancy Chodorow, che si descrive come una
studiosa sociale ed un clinico, ricorre sia alle teorie
psicoanalitiche sia a quelle del genere per risolvere questo
"puzzle". Nel suo libro "Feminism and Psychoanalytic
Theory"3, afferma che il femminismo, specialmente nelle sue
versioni liberale e marxista, non ha considerato il fatto che l'essere
dotati di un sesso biologico e di un genere culturale è parte
dell'organizzazione sociale. Perciò, l'oppressione contro le donne
non può essere evitata semplicemente grazie alle leggi, a condizioni
di lavoro mutate o all'abolizione dell'istituzione della famiglia.
Chodorow ricorda alle femministe radicali che il complicato gioco di
relazioni tra l'identità di genere e la scelta degli oggetti
sessuali, o tra vari ideali di maternità e il suo rifiuto totale, non
ci consente di formulare delle tesi troppo nette ed unilaterali. Non
sarebbe democratico o comunque vantaggioso all'idea del femminismo
promuovere idee come il rifiuto della maternità biologica o la
stigmatizzazione delle relazioni eterosessuali come necessariamente
capaci di riprodurre relazioni di ineguaglianza tra i partner.
Chodorow crede che il femminismo faccia un grande errore nel
sottovalutare le motivazioni inconsce, sia negli uomini che nelle
donne, quando esse vengono a sostenere
i costumi oppressivi diretti contro le donne ed il femminile.
Nonostante la sua lealtà nei confronti delle idee femministe, in
molti dei suoi lavori Chodorow si batte per 'assolvere' Freud dalle
sue credenze chiaramente radicate nella sua cultura sulla natura
femminile. Le femministe potrebbero non perdonare a Freud, in
particolare, le sue affermazioni sulla necessaria ed innata debolezza
del Super-io femminile, e quindi sulla fragilità morale delle donne,
come anche sul loro innato complesso di inferiorità dovuto alla loro
"pecca" anatomica di non avere il pene4. Freud scrisse molto
ampiamente del narcisismo femminile e di altre patologie femminili. Le
sue teorie sono troppo famose, e la psicoanalisi contemporanea ha
fatto piazza pulita di molte delle sue generalizzazioni di questo
tipo, cosicché esse sono oggi di scarso interesse per noi in questo
articolo. Lo scopo della Chodorow era di dimostrare la natura
contraddittoria di molte tesi di Freud sulla femminilità. La sua
intenzione ovviamente era quella di attenuare l'immagine del padre
della psicoanalisi come è stato percepito dalla critica femminista.
Comunque, la discussione sulle possibili applicazioni del pensiero
femminista nella contemporanea psicoanalisi, che costituisce la
seconda parte del suo libro, è meno apologetica e molto meglio
scritta. Riferendosi al lavoro della scuola delle relazioni oggettuali
(Jessica Benjamin5, Jane Flax), della psicoanalisi interpersonale (Jane
Flax) e di quella relazionale (Jean Baker Miller, ispirata da Sullivan),
Chodorow si dedica all'identificazione di ciò che ha ispirato le
femministe, per come è visibile in varie teorie sul genere seguite
nella nuova psicoanalisi.
A mio avviso, non riusciremmo a parlare della nuova psicoanalisi se
non fosse per l'emergenza di teorie sull'identità rivisitate
(comprese quelle sull'identità sessuale e di genere), come anche
delle teorie sulle emozioni e la memoria. La creazione delle teorie
sull'identità sessuale e di genere è stata ispirata dai tentativi di
costruire una nuova psicologia delle donne. La ricerca di un
modello che tracciasse un'unica via di sviluppo femminile ha ben
presto generato ulteriori questioni, anche riguardanti l'indipendenza
nello sviluppo tra le varie forme di genere. Molti psicoanalisti
contemporanei credono che la schematizzazione genitale nei bambini
abbia luogo ad un'età più precoce di quella supposta da Freud. Un
tale esplicito rifiuto della classica teoria di Freud riguardo alla
struttura ed alla temporalità dello sviluppo psicosessuale ha avuto
importanti conseguenze per ogni tentativo di teorizzazione della
costruzione dell'identità di genere nel bambino, una delle quali è
costituita dalla necessità di ripensare il costrutto teorico noto
come complesso di Edipo. Esso è stato riformulato in modo tale da
tener conto dei cosidetti elementi pre-edipici e in modo da definire
il loro impatto sulle patologie precoci nello sviluppo della
personalità o dell'identità individuale. Il cambiamento
nell'attenzione degli psicoanalisti dalla figura del padre a quella
della madre ha condotto ad idee sempre più radicali. Nel 1976 Robert
Stoller, uno psicoanalista americano, presentà la sua ipotesi di
femminilità primaria6, arrivando così a sovvertire la teoria di Freud
che si era basata sul modello maschile normativo dello sviluppo
psicosessuale e sull'identità maschile delle bambine in età
pre-edipica. Altri studiosi, compresi James Kleeman7 e Harriet
Lerner8, hanno rivolto l'attenzione sulle carenze o inibizioni
genitoriali nel dare un nome e definire gli organi sessuali in
relazione ai bisogni dei bambini, specie delle bambine. Tali carenze,
come affermato da Money e da Erhardt9, sono considerate di fondamentale
importanza nnel processo di modellamento delle modalità precoci, a
livello corporeo e cognitivo, di ciò a cui ci si riferisce come
identità nucleare di genere. In altre parole, i primi passi
intrapresi dagli psicoanalisti oggi considerati classici, come Melanie
Klein o Karen Horney, col loro scopo di creare una nuova psicologia
delle donne, sono finiti ben presto nel costituire appena la punta
dell'iceberg nella molto più significativa rivoluzione che ha
riformulato lo slogan di Freud dell'inevitabilità del destino
anatomico. In linea con questa nuova teoria, non è tanto l'anatomia
che è inevitabile quanto in contrassegnare culturalmente il sesso ed
il corpo. Tenendo in considerazione questi argomenti, possiamo dedurre
che gli psicoanalisti contemporanei sono più favorevoli alla teoria
per cui la diretta consapevolezza genitale e l'esperienza
genitale costituiscono il modo in cui la sessualità si plasma, e non
l'altro modo. Questa
tesi rappresenta una seria sfida, o almeno l'indebolisce alle
fondamenta, all'affermazione di Freud per cui ci sarebbe una relazione
essenziale tra il sesso femminile e certe forme di patologia, come
l'isteria, la frigidità o il masochismo. Nella loro discussione sulla
nozione di personalità di genere, femministe come Jane Flax e Jessica
Benjamin si sono rivolte all'area del sé relazionale come quella
problematica per la femminilità, gravata di conflittualità. Secondo
Flax, ad esempio, il sé empatico femminile, adattato nella gestione
delle relazioni con gli altri, è una costruzione che si è
imposta sulle rappresentazioni rimosse del sé connesse con la ricerca
di autonomia finalizzate ad esprimere impulsi aggressivi e sessuali10.
Nei termini della Flax, il soggetto femminile, il sé femminile, viene
deformato o adattato in modo unico e sistematico per aderire alle
aspettative sociali. Le cosiddette patologie tipicamente femminili
devono essere considerate nel contesto del genere culturale piuttosto
che del sesso biologico. Indipendentemente dal fatto che gli
psicoanalisti hanno criticato molte delle tesi di Flax o Benjamin, è
stato ben stabilito che molte patologie e, in termini più generali,
la natura unica dell'identità dotata di genere e di sesso, sono
determinate dalla cultura e dal genere. Il dilemma della cultura e del
genere, in un modo o nell'altro, attrae l'attenzione di molti analisti
contemporanei. Nel suo libro recente sulla femminilità Raffael
López-Corvo
prende in esame alcuni dei fattori psico-culturali che, a suo parere,
hanno portato sia all'"inibizione ancestrale femminile" che
al timore maschile nei confronti della donna11. Lòpez-Corvo ha adottato
ed esteso la ben nota idea dell'"imprinting" biologico per
spiegare alcuni processi culturali e storici che hanno alla fine
portato alla denigrazione della femminilità in molte culture.
Possiamo non essere d'accordo con alcune delle sue tesi
universalizzanti e con le sue generalizzazioni culturali o possiamo
restare perplessi rispetto alla sua idea profetica della donna del
futuro, l'"Eva vendicata", ma non potremmo sottovalutare
l'importanza di molte delle sue osservazioni12.
Una comprensione più complessa della genitalità come agente
modulante la sessualità ha ancora un'altra ripercussione sostanziale:
la relativizzazione dell'idea dell'eterosessualità come norma. Ai
giorni nostri gli psicoanalisti che trattano, ad esempio,
pazienti omosessuali si concentrano quasi esclusivamente sulle
potenziali patologie dell'identità individuale e sui loro
effetti sotto forma di disturbi di personalità. Semplificando un po'
le cose, si potrebbe dire che quando una persona omosessuale si reca
nella stanza di consultazione di uno psicoanalista, troppo spesso va a
finire nella pratica psicoanalitica che non è il suo problema di
scelta dell'orientamento omosessuale che si mette in evidenza nella
stanza del terapeuta, ma piuttosto si tratta di problemi diversi
provenienti dall'area delle patologie borderline o
narcisistiche, ossia di problemi connessi coi disturbi di
personalità. Per molte correnti del pensiero femminista è di
cruciale importanza che le scelte sessuali non siano più etichettate
in termini di normatività, di patologia o di etica, ecc.. La
discussione del problema dei disturbi di personalità ha anche
chiarito il tema della riproduzione, anch'esso vitale per le
femministe. La maternità, spesso considerata specie dalle femministe
radicali e ultraliberali come una maledizione della donna, è divenuta
problematica anche nel pensiero psicoanalitico, sebbene probabilmente
non tanto da un punto di vista sociale quando da quello psicologico.
Questo tema, esplorato ad esempio nel libro di Nancy Chodorow
"The reproduction of mothering"13, è strettamente
interconnesso coi temi del potere e dei sentimenti legati alla
capacità di azione ed all'autonomia femminile. Se Chodorow è nota
per la sua idea basata sul femminismo di introdurre la doppia
genitorialità come rimedio, la riflessione psicoanalitica su di essa,
e sulla maternità in particolare, è maggiormente concentrata
sull'identificazione delle radici delle patologie della maternità e
sull'analisi delle conseguenze di tali disturbi. Ancora una volta ci
siamo imbattuti nell'onnipresente problema dei disturbi di
personalità, compresi il narcisismo e le perversioni. Nel suo libro
la Chodorow descrive soprattutto i meccanismi sociali che determinano
i disturbi della maternità ed il potenziale impatto di tali
determinanti sul bambino e sull'intera cultura della genitorialità.
Fa da contrappunto alla discussione femminista del problema della
maternità, analizzato o come una forma di schiavitù o come una
virtù unicamente femminile, il lavoro della psicoanalista Estela
Welldon. Nel suo libro "Mother Madonna Whore"14, Welldon
avanza la tesi che la psicofisiologia sia responsabile di un modello
di perversione che è completamente differente da ciò che è tipico
degli uomini. La psicoanalisi cerca l'eziologia sia delle perversioni
maschili che di quelle femminili all'interno di una relazione
inadeguata tra la madre ed il bambino. Perciò, la madre abusante,
trascurante o indifferente è l'oggetto che viene aggredito nella
perversione. Welldon afferma che una donna perversa si identifica con
una tale madre e, una volta madre, trova sua madre in se stessa o nel
suo bambino. Nel suo ruolo materno ella ri-attualizza modelli
sadomasochistici che allora passano alla generazione successiva. Il
modello della perversione femminile comprende altresì
l'auto-mutilazione, l'auto-umiliazione della femminilità, l'incesto o
il consenso all'incesto e la prostituzione femminile. Le forti
affermazioni della Welldon, ispirate dalle discussioni femministe
sulla differenza femminile, in realtà decostruiscono l'immagine e
l'immagine di sé della femminilità e della maternità che sono tutte
troppo spesso idealizzate dalle femministe.
Analizzando la relazione tra genere e personalità le femministe hanno
sottolineato un altro importante problema. Un soggetto raggiunge una
certa fluidità o flessibilità nel proprio funzionamento psichico
maneggiando varie rappresentazioni di sé come soggetto, come anche
rappresentazioni di vari oggetti che sono in relazione con se stesso.
Il riconoscimento e l'adozione di vari ruoli sociali da parte di un
individuo serve come semplice esempio di questa contestualità del
soggetto umano. Quando adottiamo un certo ruolo, temporaneamente
sopprimiamo quegli aspetti del nostro carattere che non sono necessari
per quel ruolo o persino potremmo evitare il suo funzionamento. Le
femministe hanno perciò sollevato la questione della salienza di
genere, ossia se l'identità di genere sia un'identità continua o un
certo aspetto della personalità che diventa saliente in specifici
contesti. Potremmo ad esempio chiederci fino a qual punto il genere di
un chirurgo sia rilevante e se esso costituisca un tratto a cui ci si
rivolga e che venga percepito, in modo conscio o meno, nel contesto
delle procedure chirurgiche. Considerando la natura
specificatamente relazionale ed interattiva della relazione
terapeutica, la questione del genere del paziente e dello
psicoanalista sembra ancora più cruciale. Nancy Chodorow ha condotto
un interessante esperimento sul genere: ha intervistato trenta
psicoanaliste attive e ha analizzato le affermazioni che sono state
fatte dalle donne nel passato e che si sono dimostrate importanti per
il pensiero psicoanalitico. Voleva determinare fino a che punto
un'analista influenzi la natura della relazione terapeutica e dei
commenti teorici che danno un contrassegno al lavoro psicoanalitico.
Le analiste hanno scritto molti importanti articoli sulla teoria del
genere e sulla psicologia della donna, un fatto che è universalmente
riconosciuto e documentato. Come evidenziato da Chodorow, il problema
dell'impatto potenziale che il genere può avere sulla relazione
terapeutica è molto più interessante. Le affermazioni fatte dalle
partecipanti al sondaggio confermarono la ben nota affermazione
psicoanalitica della relativa neutralità dello psicoanalista, e
quindi della relativa trascurabilità del suo genere nell'espletamento
di questa professione. Le donne intervistate dalla Chodorow cercavano
di separare l'elemento della loro identità di genere da quello del
loro ruolo come analiste. Comunque, quando giunge ai pazienti, la
realtà terapeutica è stata ed è ancora del tutto differente. La
psicoanalisi ipotizza l'esistenza del transfert, in cui il paziente
attribuisce alcuni aspetti o li proietta sulla figura dell'analista
nella loro relazione terapeutica. Gli aspetti attribuiti all'analista
appartengono all'ambito delle rappresentazioni mentali di vari stati
del soggetto, dell'oggetto e delle relazioni interpersonali del
paziente. La loro proiezione sulla figura del terapeuta è parte del
processo di comunicazione inconscia tra il paziente e l'analista e
quindi costituisce un elemento dello stesso processo terapeutico.
All'inizio il transfert che si sviluppa all'interno del processo
terapeutico, a meno che non si abbia a che fare con un paziente
chiaramente psicotico, dipende dalla percezione relativamente
realistica della figura dell'analista. Questo è il motivo per cui il
suo genere è rilevante per il paziente, sia all'inizio della
relazione terapeutica che nelle fasi seguenti. La maggior parte della
letteratura psicoanalitica più vecchia presentava descrizioni di
specifiche forme di transfert tra pazienti di sesso femminile e uno
psicoanalista maschio. Gradualmente, comunque, anche le discussioni
sulla natura del tutto diversa del transfert tra un paziente maschio
ed un'analista hanno cominciato a fare la loro comparsa15. Come
evidenzia la Chodorow, gli elementi della concettualizzazione del
transfert, ed anche del controtransfert, sono stati esplorati per lo
più dalle donne16. Chodorow associa questo fatto alla maggiore
sensibilità da parte delle donne nei confronti degli elementi
correlati al genere, nonostante la loro dichiarata neutralità
professionale. Comunque, una rassegna della letteratura
psicoanalitica, persino quando è dedicata al concetto di transfert e
controtransfert, ci lascia l'impressione che sia gli psicoanalisti
maschi che le femmine vogliano separare ogni elemento del genere dal
proprio ruolo professionale. Allo stesso modo, terapeuti di entrambi i
sessi, uomini e donne, cercano di usare la loro consapevolezza delle
connotazioni di genere come un elemento conscio nel controtransfert.
Fino a qual punto tali pratiche psicoanalitiche e le loro basi
teoriche siano possibili senza la critica femminista resta una
questione aperta. A mio avviso, la psicoanalisi, proprio come ogni
altra area culturalmente determinata di studio e di pratica sociale,
aumenta la sua auto-consapevolezza metodologica soprattutto grazie al
suo essere vigile nei confronti delle critiche. Anche se gli analisti
considerano il femminismo un'ideologia, la critica femminista
dell'ideologia psicoanalitica non deve essere analizzata come uno
strumento puramente ideologico. In tale ambito il femminismo ha ancora
qualcosa da offrire alla psicoanalisi.
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