Il monte di Sant'Antonio,

un patrimonio da salvaguardare

Il monte di Sant' Antonio o "Monte delle Code" come è indicato in antichi documenti o vecchie cartine della zona - è un rilievo di origine vulcanica che supera di poco gli 800m sul livello del mare. Gran parte della sua superficie ricade nel territorio di Macomer, alcune centinaia di ettari appartengono ai distretti di Borore e di Sindia. L'intera area è caratterizzata da una delle concentrazioni più forti di nuraghi e di siti archeologici: tra questi, la regione di "Tamuli", nuraghe Ascusa e nuraghe "Sa Pattada" hanno rilevanza regionale. La copertura arborea del monte è caratterizzata dalla roverella , dall' agrifoglio e dall' alloro, ma non mancano esemplari di leccio e di Celtis Australis , pianta dai più conosciuta sotto il nome sardo di "surzaga". La ricca vegetazione ospita una fauna altrettanto numerosa costituita da piccoli roditori, conigli selvatici e dalla più rara lepre sarda (leppere) e dal cinghiale (porcrabu), dalla volpe (mazzone) dalla donnola (naemele) e dalla martora (assile).

Tra i rettili, la tartaruga ed il biacco (colora pudzonarza) sono abbastanza comuni.

Tra la vegetazione del bosco e nelle radure incontriamo la ghiandaia (piga) e l'upupa (pubusa), la capinera (filumena), il pettirosso, il gruccione (abiolu) e la cinciallegra (pisigulu). Alla sommità del monte si gode di una magnifica vista panoramica verso il Gennargentu il Montiferru e la Planargia. Proprio in questa parte più alta si trova la chiesetta campestre dedicata al culto di Sant' Antonio da Padova. Seconda la tradizione popolare la costruzione della chiesetta risale alla metà del 1800 circa. La realizzazione dell'opera viene attribuita ad un ricco proprietario di Macomer: Don Salvatore Antonio Pinna. La costruzione della chiesetta sarebbe dovuta ad un atto di fede da parte di Don Salvatore e la tradizione popolare, arricchitasi con gli anni di particolari più o meno leggendari narra che sia stato un giovane pastore di nome "Bainzu", in seguito ad una visione, a convincere il "Conte " a costruire il santuario sulla sommità del monte. Attorno alla chiesetta furono realizzati anche i " muristenes": causate da pietra e fango costruite allo scopo di ospitare i fedeli che, in occasione della festa, si recavano in pellegrinaggio al monte. Attualmente non è rimasta traccia di queste costruzioni. Testimonianza di quel periodo rimane però nelle poesie di Melchiorre Murenu che, mentre dedicò dei componimenti in onore di San Pantaleo e "Gosos" a "Santa Rughe", "Nostra Segnora de su Soccursu" "Santu Pancraziu" e a "Santu Giuanne de Deus", non ha lasciato traccia tra le più popolari composizioni di accenni a Sant' Antonio da Padova. Melchiorre ci dà una pungente descrizione dell'atmosfera di quel periodo che vide accrescersi enormemente il potere, la ricchezza e l'arroganza dei pochi proprietari che poterono sfruttare i vantaggi dell' editto. Il culto di Sant' Antonio da Padova sarebbe dunque a Macomer relativamente recente; ciò nonostante è ormai profondamente radicato nell'animo della popolazione e forte è la devozione che spinge ogni anno migliaia di fedeli ad accorrere al santuario del monte.

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