Osama Bin Laden: il re del terrore


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Un'altra globalizzazione

Le origini

Nato a  Jiddah il 30 luglio 1957, Osama Bin Mohammad Bin Laden è il diciassettesimo di cinquantatré figli di un ricco costruttore saudita di origine yemenita.  Il Saudi Bin Laden Group rappresenta uno dei principali gruppi d’affari dell’intero regno saudita e fa capo direttamente alla famiglia di Osama Bin Laden. Ufficialmente essa ha però da tempo interrotto i rapporti con il capo terrorista, negando qualsiasi collusione con la sua organizzazione.

Bin Laden inizia a collaborare con i gruppi islamici maggiormente radicali già nella prima metà degli anni settanta, e precisamente nel 1973.  In quel periodo prende contatti con i principali esponenti dell’ortodossia religiosa.  Alla fine degli anni settanta riesce ad organizzare un gruppo di mujahedin per combattere il partito comunista nello Yemen del sud.

Il suo impegno per la lotta a favore dell’Islam si definisce meglio nei primi anni ottanta quando, insieme allo sceicco Abdullah Azzam, un palestinese di origini giordane che ha avuto una certa influenza nella nascita di Hamas, costituisce un ufficio di supporto per i mujahedin nella città di Peshawar, in Pakistan.   Ma già dai primi giorni  dell’invasione dell’Afghanistan da parte delle truppe sovietiche nel 1979 Bin Laden inizia ad effettuare viaggi ricognitivi nel Paese allo scopo di costituire un network di resistenza.  Personalmente Bin Laden prende parte a due tra le più importanti battaglie tra le forze della resistenza afghana ed i sovietici, quelle di Jalalabad nel 1979 e nel 1986.  Dal 1991 risiede, più o meno stabilmente, in Afghanistan, presumibilmente nella zona di Kandahar.

La sua organizzazione

Dal 1979 ad oggi Bin Laden ha percorso un coerente cammino che lo ha condotto allo scontro con l’occidente.  Dai primissimi anni ottanta inizia a trasferire alcuni dei suoi interessi finanziari in Afghanistan, interessi che hanno comunque portato l’assunzione di alcune centinaia di lavoratori e l’acquisizione di attrezzature per la costruzione edile.  Riconoscendo il fatto che senza capacità operative ed infrastrutture gli Afghani non sono in grado di affrontare l’esercito sovietico, Bin Laden decide di risolvere il problema in maniera definitiva.

Il primo passo è rappresentato dall’organizzazione di un efficace programma di arruolamento.  Insieme al leader della Fratellanza Musulmana Palestinese, Azzam, egli apre un ufficio di reclutamento, il MAK (casa dei partigiani), ed organizza filiali in tutto il mondo arabo per cercare volontari per la guerra in Afghanistan e costituisce sezioni informative/di arruolamento anche negli Stati Uniti ed in Europa.  Osama Bin Laden decide di impegnare quasi in toto il suo patrimonio ereditario di oltre 600 miliardi di lire per la causa della liberazione dell’Afghanistan.

Bin Laden paga personalmente per il trasporto delle reclute in Afghanistan e la loro sistemazione.  I gruppi della resistenza afghana forniscono gli equipaggiamenti ed il supporto in loco, mentre Bin Laden si occupa di reclutare, principalmente in occidente, mercenari esperti in guerriglia, operazioni speciali e sabotaggio.  Nell’arco di pochi anni sono migliaia i guerriglieri addestrati nei campi di Bin Laden.  Una stima abbastanza realistica calcola che siano oltre 10.000 i combattenti che hanno ricevuto addestramento ed esperienza operativa in Afghanistan.  Solo una frazione di questi è in realtà di nazionalità afghana, mentre circa metà dell’intera forza combattente proveniva dall’Arabia Saudita.

Contingenti di volontari giungono anche dall’Egitto (2000 elementi) e dall’Algeria (3000 elementi), mentre numeri meno consistenti arrivano dal Pakistan, Sudan e Yemen.

Nella metà degli anni ottanta Bin Laden fonda la Lar Al Diafa, un’organizzazione per la raccolta di fondi ed il reclutamento di guerriglieri.  Oltre al proprio patrimonio impiega ingenti fondi raccolti dal principe saudita Turky Al Faysal, capo dell’intelligence dell’Arabia Saudita ma sostituito “casualmente” proprio pochi giorni dopo gli attentati americani e rimpiazzato dal principe Taif.

La guerra in Afghanistan ha rappresentato uno dei principali scontri tra le due superpotenze, URSS ed USA, negli ultimi anni della guerra fredda.  A quel tempo gli USA avevano gli stessi interessi dei guerriglieri afghani, la cacciata delle truppe sovietiche dal paese.  In quel periodo, oltre 500 milioni di dollari forniti dalla CIA hanno raggiunto le montagne dell’Afghanistan per armare ed addestrare i mujahedin, all’inizio oggettivamente non in grado di opporre una forte resistenza alle truppe russe.  I guerriglieri maggiormente “promettenti” venivano selezionati dall’Agenzia, ricevendo addestramento ed armi in maniera proporzionale ai loro successi sul terreno. E’ anche vero che il gruppo organizzato dal miliardario saudita era solo uno delle principali sette fazioni della resistenza afghana, che in dieci anni riuscì a costringere i sovietici ad abbandonare l’idea di porre sotto controllo il paese (visto come primo passo per uno sbocco verso la zona del golfo, obiettivo da sempre perseguito nella politica espansionistica dell’Impero Zarista prima, e dell’URSS dopo), ed a ritirarsi.

Quelle che era iniziata  come la guerra di un gruppo di tribù contro una superpotenza si concludeva con la vittoria di una forza di movimenti pesantemente armati e con migliaia di reduci religiosamente ortodossi e con una preziosa esperienza di combattimento.  Già, i reduci…..  Molti dei veterani della guerra afghana ritornarono nei loro paesi di origine a continuare la vita di sempre, altri però andarono ad alimentare i movimenti fondamentalisti che si contrapponevano ai “governi infedeli ed influenzati dall’occidente”.

Utilizzando la loro esperienza costituirono cellule terroristiche e movimenti di guerriglia. In particolare i “veterani afghani”, come sono comunemente chiamati, hanno operato in organizzazioni estremistiche in Egitto ed Algeria.  In altri casi, come ad esempio in Sudan, il loro ritorno venne accolto con grande favore, con il governo locale che inseriva gli elementi considerati migliori nelle strutture governative.  Nel contempo, i campi di addestramento in Afghanistan non chiudevano e continuavano a sfornare “soldati” pronti a combattere per l’Islam in Somalia, Cecenia e Kosovo.

Verso la fine del conflitto afghano, Bin Laden e Azzam prendono strade diverse.  Quest’ultimo decide di continuare il suo supporto ai musulmani in Afghanistan, mentre nel 1988 Bin Laden costituisce la sua organizzazione, l’Al-Quaida (la Base).  Scopo dichiarato della Base è quello di portare la guerra santa dell’Islam in altri paesi.

Al-Quaida diviene l’ombrello sotto il quale operano numerose organizzazioni terroristiche, come il Gruppo Islamico e l’Al-Jihad egiziani, l’Harakat ul-Mujaidin pakistano, il Gruppo Islamico Armato algerino, il Movimento Islamico in Uzbekistan, il Fronte Islamico Anticristiano nelle Filippine e varie altre organizzazioni di resistenza occulte.

Alla fine del 1989 Azzam muore nell’esplosione della sua auto: anche se alcune fonti puntano l’indice su fazioni avverse, è quasi certo che Bin Laden abbia avuto un ruolo rilevante nella pianificazione dell’attentato.  Dopo la vittoria in Afghanistan, Osama torna in Arabia Saudita per cercare di rovesciare il governo locale.

La famiglia reale saudita non gradisce certo questo suo comportamento e nel 1994 gli revoca la cittadinanza e lo espelle dal paese.

Bin Laden a quel punto si trasferisce a Khartum, in Sudan, insieme alle sue 4 mogli ed ai suoi 13 figli.  Nel frattempo aggiunge un importante tassello ai suoi beni finanziari, sposando una delle figlie di Khaled Bin Mahfuz, magnate dell’economia saudita, con un patrimonio stimato di oltre 2 miliardi di dollari.  Insieme al nuovo suocero, Bin Laden costruisce un’holding  finanziaria con ramificazioni in quasi tutti i continenti.   Industrie e banche in Arabia Saudita, Oman e Yemen.  A Parigi costituiscono una finanziaria che controlla una serie di società svizzere ed in Svizzera un’altra finanziaria con sede alle Bahamas.  Molteplici sono anche gli interessi in Africa: dal  Kenya, con società di comunicazione ed elettriche, al Sudan.

Nel Pese africano che lo ospita il miliardario saudita impianta una serie di finanziarie e dà vita  a fabbriche e fattorie, buona parte delle quali create per dare lavoro, e copertura, ai suoi veterani afghani.  Tra i numerosi interessi commerciali in Sudan figurano una fabbrica per la lavorazione della pelle di capra, cinque banche, coltivazioni di fiori, impianti chimici e, nella tradizione di famiglia, una società edile, la “El-Hijrad costruzioni e sviluppo Ltd”.

In associazione con il Fronte Nazionale Islamico e le forze armate locali, Bin Laden fa costruire il nuovo aeroporto di Port Sudan e l’autostrada lunga oltre 1200 km che lo collega alla capitale.  Sempre in collaborazione con il Fronte Nazionale Islamico, il miliardario saudita investe in società di import-export e nella Banca islamica “El Shamal”.

Dopo numerose pressioni degli Stati Uniti, il governo sudanese chiede a Bin Laden di lasciare il paese. Nel 1996 egli si trasferisce definitivamente in Afghanistan, lasciando però in Sudan una serie di floride società che contribuiscono a finanziare le sue iniziative ed i suoi gruppi.

Nel 1998 fonda un nuovo gruppo, il “Fronte islamico per la guerra agli Ebrei e agli Infedeli”, una vera e propria holding di gruppi terroristici che ha come soci fondatori gli esponenti di riferimento dell’integralismo egiziano, alcuni dei quali direttamente collegati  al gruppo responsabile nel novembre 1997 del massacro di 57 turisti a Luxor.

Nello stesso anno (1998) il consiglio degli Ulema afghani dichiara una guerra santa contro gli Stati Uniti ed i loro alleati, creando un fronte i cui principali esponenti sono rappresentati da gruppi pakistani, irredentisti del Kashmir, gruppi per la guerra santa in Bangladesh, organizzazioni fondamentaliste egiziane  e, naturalmente, guerriglieri ceceni.

Tutte queste organizzazioni, che come si vede poco o nulla hanno a che vedere con i problemi palestinesi, sono collegate tra loro ma senza uno specifico meccanismo di coordinamento.  Ciascun gruppo ha una propria libertà d’azione e determina quali siano i propri obiettivi, indipendentemente dagli altri, per non creare rischiose e rintracciabili interdipendenze.

Al vertice di questa strutture vi è un consiglio, detto Shura, all’interno del quale Bin Laden rappresenta una delle voci maggiormente significative, ma non la sola.  L’organizzazione si divide poi in quattro dipartimenti, politico/religioso, propaganda, militare ed economico.

La Base è un network di numerosi organizzazioni fondamentaliste in svariati paesi.  Scopo della struttura, per Bin Laden, è costituire un unico fronte islamico da contrapporre al mondo occidentale ed ai paesi arabi moderati.

La prima occasione in cui il nome del miliardario saudita diviene di pubblico dominio è nel 1992, quando i suoi seguaci sferrano attacchi contro le forze americane, ed indirettamente anche contro unità dell’Esercito Italiano, in Somalia, durante la missione di pace RESTORE HOPE.  Ma solo nel 1998 si riesce ad avere la prova incontrovertibile delle attività criminali del saudita, quando viene arrestato Mohammed Sadiq Odeh.

Le sue rivelazioni saranno decisive nel chiarire il ruolo di Bin Laden negli attentati alle ambasciate USA di Nairobi e Dar-es-Salaam. Le informazioni fornite da Odeh permetteranno agli Stati Uniti di colpire sei campi di addestramento ed una industria farmaceutica in Sudan, più che sospetta installazione per la produzione di armi chimiche.

Resta il fatto che oggi Bin Laden è un magnate della finanza, con un impero economico ben ramificato e con interessi in oltre 50 paesi.  La sua presenza in Afghanistan è solida, il legame che lo lega al Mullah Omar, leader degli studenti delle scuole coraniche (i Talibani) è addirittura di tipo parentale, dato che uno dei figli di Bin Laden, banchiere in Sudan, è sposato con la figlia di Omar.  Attraverso Bin Laden, i Talibani hanno incrementato la propria forza fino ad arrivare a controllare oltre il 95% del paese.

In Afghanistan è prodotto circa il 40% del papavero da oppio che arriva nell’Europa occidentale.  I Talibani, che controllano i campi, ed i corrieri guadagnano ogni anno circa 7 miliardi di dollari, grazie a questo commercio.  La gestione di capitali di simile rilevanza è decisamente fuori dalla portata degli studenti delle scuole coraniche, per questa ragione se ne occupa direttamente Bin Laden, ricevendo in cambio una commissione del 15% dell’intero ammontare.  Oltre a questo, egli può usufruire delle numerose  elargizioni caritatevoli raccolte in oltre novanta paesi dalla Lega Islamica saudita.

L’International Islamic Relief Association raccoglie ogni anno almeno 5 miliardi di dollari, una parte dei quali finisce purtroppo anche nelle tasche di Bin Laden.  Per questa ragione il pericolo rappresentato dalla sua organizzazione è sensibilmente maggiore rispetto a quello delle organizzazioni terroristiche degli anni settanta, in gran parte finanziate dai servizi dell’allora URSS, ma con dei precisi limiti e sottoposte a stretti controlli nelle capacità di operazioni.  In questo caso non si tratta infatti di pochi rubli da spartire in tanti, ma di centinaia di milioni di dollari prodotti spesso da attività legali ed insospettabili, come soprattutto le imprese di costruzione edilizia, impiegabili nella pianificazione e nell’organizzazione di attentati terroristici.

Gli stessi mezzi impiegati rappresentano quanto di meglio disponibile nel campo delle tecnologie avanzate, specialmente nel settore delle comunicazioni protette e della decrittazione avanzata.  Nello stesso modo, quando si rischia l’intercettazione dei satelliti dell’NSA, l’agenzia per la sicurezza nazionale degli USA, si possono sempre utilizzare semplici fogli scritti a mano ed inviati oltre confine con corrieri a bordo di mulo.

Un episodio significativo delle capacità di “comunicazione” di Bin Laden, viene da quanto accadde dopo l’attentato compiuto lo scorso anno contro il cacciatorpediniere USS COLE, ancorato nel porto yemenita di Aden.  In seguito all’episodio, il Pentagono aveva preso la decisione di bombardare cinque basi di Al-Qaeda, situate in Afghanistan, nei pressi delle città di Kandahar, Khost, Jalalabad, Kabul ed Herat.  Prima che scattasse l’operazione, Osama Bin Laden, sempre ben informato, aveva indirizzato una lettera di avvertimento ad una ambasciata araba ad Islamabad, nella quale si minacciavano attacchi con armi chimiche e batteriologiche contro le basi statunitensi in Arabia Saudita ed in Kuwait.  In seguito a queste minacce, ed alle intercettazioni relative alla avvenuta costituzione in Afghanistan di almeno due unità di Al-Qaeda, specificatamente addestrate all’uso di armi non convenzionali grazie all’aiuto di ufficiali kirghizi, precedentemente operanti nei reparti NBC delle forze armate dell’ex Unione Sovietica ed assoldati come mercenari, gli Stati Uniti annullarono i raid di rappresaglia già programmati per il 28 dicembre 2000.

Se mai un’organizzazione terroristica si è avvicinata al modello della Spectre, la struttura criminale immaginata nei film di James Bond, questa è certamente Al-Qaeda; solo che in questo caso non si tratta di un film, ma di mondo reale.

                    Andrea Margelletti

Pace e Giustizia