Un'altra globalizzazione
|
|
NEL gennaio dell'anno scorso scrivevo in
un articolo che la "lotta della nuova epoca sarebbe stata fra il
Terrorismo e la Sicurezza" e mi crucciavo del fatto che vivere
secondo i peggiori scenari che gli esperti di sicurezza andavano
ipotizzando avrebbe potuto voler dire sacrificare moltissime delle nostre
libertà agli invisibili combattenti- ombra di un mondo segreto. La
democrazia richiede visibilità, affermavo, e nella lotta fra sicurezza e
libertà dobbiamo sempre eccedere sul fronte della sicurezza.
Martedì 11 settembre si è avverato il peggiore degli ipotetici scenari.
Hanno distrutto la nostra città. Io sono nel numero dei newyorkesi da
poco tempo, ma anche coloro che non hanno mai messo piede a Manhattan
hanno sofferto per le sue profonde ferite, perché New York è il cuore
pulsante del mondo visibile, che parla seriamente, che ha un vigore
scintillante, la città, come dice Walt Whitman "delle orge, delle
passeggiate, della gioia", la sua "città orgogliosa e
appassionata... coraggiosa, matta, stravagante!". A questa luminosa
capitale del visibile, le forze dell'invisibile hanno inferto un colpo
terribile. Non c'è bisogno di dire quanto sia stato terribile. Lo abbiamo
visto. Ne siamo stati cambiati. Ora dobbiamo soltanto essere sicuri che la
ferita non sia stata mortale, che il mondo di ciò che è visibile trionfi
su quello che si occulta, quello che si manifesta soltanto tramite i
risultati dei suoi tremendi gesti.
Nel rendere le nostre libere società sicure, più sicure, inevitabilmente
le nostre libertà civili risulteranno compromesse. Ma in cambio di questa
parziale erosione della nostra libertà, abbiamo tutti il diritto di
attenderci che le nostre città, la nostra acqua, i nostri aeroplani, i
nostri bambini siano realmente protetti meglio di quanto siano stati
finora.
La reazione occidentale agli attacchi dell'11 settembre sarà giudicata in
larga misura da quanto e se la gente comincerà a sentirsi nuovamente
sicura nelle proprie abitazioni, sul posto di lavoro, nella vita di ogni
giorno. Questa fiducia l'abbiamo perduta e dobbiamo riguadagnarcela.
Poi, la questione del contro attacco. Sì, dobbiamo inviare i nostri
soldati fantasma contro i loro, e augurarci che i nostri abbiano il
sopravvento. Ma questa guerra segreta, da sola, non ci potrà portare la
vittoria. Abbiamo anche bisogno di un'offensiva pubblica, politica e
diplomatica il cui scopo deve essere la tempestiva risoluzione di alcuni
dei più spinosi problemi del mondo: prima di tutto il conflitto fra
Israele e il popolo Palestinese per la terra, la dignità, il
riconoscimento e la sopravvivenza. In futuro occorrerà molto più
discernimento, ovunque. Per favore, non bombardate più le industrie
farmaceutiche del Sudan. E adesso che finalmente i saggi capi americani
sembrano aver compreso che sarebbe sbagliato bombardare l'oppresso,
impoverito popolo afgano in gesto di ritorsione per le malefatte dei loro
tiranni, essi possono saggiamente riflettere, in retrospettiva, su quanto
è stato fatto all'oppresso, impoverito popolo iracheno. È ora di
smettere di inimicarsi la gente, è ora di stringere amicizia.
Affermare ciò non equivale ad unirsi alla feroce critica dell'America
compiuta da alcune sezioni della sinistra, una delle più spiacevoli
conseguenze dell'attacco terroristico agli Stati Uniti. "Il problema
degli Americani è che...", "Quello che l'America deve
comprendere è che..." Recentemente si è manifestato un grandissimo
moralistico ipocrita relativismo, solitamente anticipato da frasi come
quelle che ho riportato. Un paese che ha appena subìto il più devastante
attacco terroristico della storia, un paese che si trova in profondo
lutto, che prova un terribile dolore, si sente accusare, spietatamente, di
essere colpevole per la morte dei suoi stessi cittadini. ("Ma ci
meritiamo tutto questo, sir?" ha chiesto uno sconvolto volontario a
"ground zero" a un giornalista inglese. Trovo stupefacente la
profonda cortesia di quel "sir")
Diciamo chiaramente perché questa furibonda e benpensante critica
antiamericana sia una pessima porcheria. Il terrorismo è l'assassinio
dell'innocente. Questa volta si è trattato di un assassinio di massa.
Giustificare una simile atrocità biasimando la politica degli Stati Uniti
significa ricusare l'idea stessa della moralità: che gli individui siano
responsabili delle loro azioni. Inoltre, il terrorismo non è la ricerca
di legittimi risultati per mezzo di mezzi illegittimi. Il terrorista si
nasconde sotto il mantello del dolore del mondo per celare i suoi reali
obiettivi. Qualsiasi cosa i killer cercassero di ottenere, sembra
improbabile che l'idea di costruire un mondo migliore ne facesse parte.
Il fondamentalista cerca in tutti i modi di abbattere ben più di semplici
edifici. Solo per elencarne alcune, queste persone sono contro la libertà
di parola, il sistema politico multi partitico, il diritto di voto
universale, gli stati democratici, gli ebrei, gli omosessuali, i diritti
delle donne, il pluralismo, il secolarismo, le gonne corte, la danza,
l'assenza di barba, la teoria evolutiva, il sesso. Questi sono tiranni,
non musulmani. (L'Islam è molto severo con i suicidi, che sono condannati
a ripetere il loro gesto per tutta l'eternità. Bisognerebbe in ogni modo
che ci fosse un'accurata indagine, da parte dei Musulmani di ogni paese,
sul perché la loro amata fede attiri così tanta progenie mutante. Se
l'Occidente deve cercare di capire i suoi Unabomber e Mc Veighs, l'Islam
ha bisogno di confrontarsi con i suoi Bin Laden).
Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha recentemente
affermato che ora dobbiamo tutti definirci non soltanto in rapporto a ciò
a favore di cui siamo, ma anche in relazione a ciò cui siamo contrari. Io
capovolgerei la frase, perché in questo momento ciò per cui siamo
decisamente contro è incomprensibile. Assassini suicidi scagliano aerei
pieni di persone contro il World Trade Center e il Pentagono, uccidendo
migliaia di persone. Be', certo che sono contrario. Ma noi per che cosa
possiamo dirci a favore? Per difendere che cosa rischieremmo le nostre
vite? Possiamo tutti unanimemente affermare che sarebbe giusto morire per
ciascuna delle cose che ho elencato sopra, sì, anche le gonne corte e le
danze?
Il fondamentalista crede che noi non crediamo in niente. Dal suo punto di
vista egli ha certezze assolute, mentre noi siamo immersi in una
sibaritica indulgenza. Per dimostrargli che ha torto, dobbiamo prima di
tutto essere certi che ha torto. Dobbiamo metterci d'accordo su quello che
ci sta veramente a cuore: baciarci in luoghi pubblici, i panini con la
pancetta, il non essere sempre d'accordo, la moda ultimo grido, la
letteratura, la generosità, l'acqua, una distribuzione più equa delle
risorse della terra, i film, la musica, la libertà di pensiero, la
bellezza, l'amore. Queste saranno le nostre armi. Li sconfiggeremo non
facendo la guerra, ma con la maniera impavida con la quale sceglieremo di
vivere.
Come sconfiggere il terrorismo? Non siate terrorizzati. Non permettete che
la paura rovini le vostre vite. Anche se avete paura.
di Salman Rushdie
Copyright Salman Rushdie 2001
Traduzione di Anna Bissanti
|