Notizie Storiche

Civitaquana ha dato tanti reperti con scavi occasionali da far pensare ad un'antica città, come del resto il suo nome suggerisce. Nei documenti più antichi il suo nome appare come Civitas Quana (883) Civitas Cana (1194) e Civitas Aquana (1309). La seconda parte del toponimo, "Aquana", interpretata come "divinità delle acque" (aquanus = ex aquis) sembra in qualche modo collegata direttamente o indirettamente con opere idrauliche di una certa importanza, grosse cisterne ed antichi acquedotti sotterranei rinvenuti per lunghi tratti anche fuori del suo territorio.

"Credesi che questa terra - scrive Muzio Pansa - fosse anticamente detta Altilia; veggonsi al di d'hoggi gran fabbriche sotterranee in quella pianura che le sta incontro"

Lo storico allude al pianoro di Colle Quinzio con due grosse cisterne sotto il livello del terreno. 

Civitaquana compare nella Storia l'anno 883 quando la sua quarta parte è in mano dei Benedettini di S. Angelo di Galbanico (presso Loreto) nella Contea di Penne. Già in epoca normanna aveva la chiesa di Santa Maria delle Grazie (sec.XII), possesso o patronato del vescovo di Penne, come dal privilegio di Innocenzo II del 1140. Nel 1168 aveva 396 abitanti quando risultava feudo di Cleopa di Civitaquana per parte di Roberto conte d'Abruzzo.
Il 21 Maggio 1269 il " castello di Civitaquana " con quello di Ginestra fu conferito da Carlo d'Angiò al milite e familiare Sordello di Goito, il poeta dell'amore cortese che Dante rese celebre nel VI canto del Purgatorio quale campione dell'amor patrio. Probabilmente in seguito alla morte di Sordello nell'Agosto dello stesso anno, il possesso di Civitaquana fu concesso dal re a Bonifacio de Galiberto e ai suoi eredi. Il nuovo signore visse fino al 1280. Gli successe il figlio Renforzato.
Nel 1458 re Ferrante I concesse il castello di Civitaquana a Laudadio de Leognano, giustiziere d'Abruzzo. I De Leognano persero il feudo nel 1529 per essersi schierati a favore dei Francesi che con Lautrec avevano invaso il Regno. Ad essi successero Pietro e Giovanni de Bracamonte, capitani dell'esercito imperiale.

Per gentile concessione del Prof. Candido Greco

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