S. Maria delle Grazie

La chiesa badiale, all'inizio del Paese in Piazza Sordello da Goito, è documentata dal 1140 ma è una ristrutturazione dell'abate Giovanni della fine del XII secolo. Vi sono elementi per ipotizzare un tempio nel IX secolo, una cornice circolare con una treccia longobarda ed un capitello, entrambi di ambone, ma non sono prove per accertarne l'esistenza.
Più forte è la suggestione di una preesistenza pagana per il materiale di reimpiego dell'altare, per i blocchi di epoca imperiale murati nel campanile e nei pilastri della Chiesa e soprattutto per i culti di Apollo e dei Dioscuri attestati in zona in epoca italica.
La Chiesa non ha mai avuto un monastero annesso. L'impronta benedettina le fu data da maestranze che alla fine del sec. XI o all'inizio del XII diffusero in Abruzzo il modello della Badia di S. Liberatore dove avevano lavorato: pianta a tre navate e tre absidi semicilindriche con sette arcate per lato sui pilastri. A Civitaquana si ebbero i pilastri sul lato nord, ma in origine dovevano esserci solo colonne su basi rozze di pietra. Somiglianze strette con il modello sono anche sulla facciata, nonostante la semplificazione nel numero dei portali, delle semicolonne e delle finestre.
La Chiesa è stata sempre retta da abati fino ai nostri giorni. L'abate era un canonico del vescovo di Penne, inizialmente scelto da costui e confermato dal Papa. Aveva sotto di lui chierici, cui erano affidate le cappellanie rurali; aveva cattedra in Chiesa e la sua giurisdizione comprendeva Civitaquana, Ginestra e Vicoli.
La citata ristrutturazionedell'abate Giovanni interessò il tetto che essendo a capriate fu rifatto a volta, in cotto, rinforxata da arcate ad ogiva poggiate su lesene addossate a colonne e pilastri.
I Camponesco, divenuti signori di Civitaquana, costruirono il campanile (del precedente non c'è traccia) e vi posero le loro insegne. L'opera fu eseguita nel 1464 sotto l'abate Deodato di Michele come testimonia una lapide con caratteri gotici.
Nel corso del Seicento e del Settecento, fino al 1835 la Badia fu di patronato della famiglia feudale dei Leognano-Ferramosca o dei Leognano-Castriota nel cui palazzo (sec. XVIII) è oggi la canonica.
Passata la Badia sotto patronato regio nel 1835, l'abate De Angelis ne impedì la demolizione, schierandosi negli anni '90 contro l'Amministrazione Comunale e la Curia che avrebbero voluto un tempio più grande e rappresentativo. Salvò la vecchia Chiesa, allargandola con l'aggiunta di una nave per lato e con il sacrificio delle pitture parietali.
Negli anni 1935-1939 la Sovrintendenza di L'Aquila, accortasi del monumento, lo restaurò riportandolo alle originarie dimensioni; venne restaurata pure la facciata con la trifora, com'è adesso, e forse com'era in antico
La Chiesa dal 1972 non è più badia, essendo stato incamerato dalla Diocesi il suo beneficio. Attualmente è solo parrocchia.