CHI E’ LA STECCA

La Stecca è un’associazione, unica nel suo genere,  ben radicata nel tessuto della Città di Como, con un scopo  benefico e culturale. Fu fondata da Felice Baratelli e Giordano Monti nel lontano 1959 con l’intento di riallacciare rapporti e legami segnati della guerra e dal ricordo del servizio militare. Essa raccoglie fra le sue fila tutti i coetanei e coetanee a partire dal compimento del cinquantesimo anno di età. La sua storia è anche la storia della città. Nulla può essere più esaurientemente descrittivo di uno stralcio dell’articolo, scritto per il quotidiano La Provincia di Como del 19 settembre 1999, dal Presidente Antonio Spallino, in occasione dei festeggiamenti del quarantesimo anniversario dell’Associazione. Dal 1959 quando il presidentissimo per antonomasia Felice Baratelli la concepì, l’associazione non ha mancato un solo appuntamento con la ruota del tempo. Ciascun anno ha visto costituirsi in classe un gruppo di coetanei  e, grazie a quelli del 1924, di coetanee. Ciascun anno, eccettuato rarissimi casi, la nuova classe ha preso il largo sul lago fendendo le acque le cui sponde rivelano la ricchezza dell’identità di Como. Classi: non nel senso romano di categorie distinte secondo il patrimonio, e neppure in quello attuale di gruppi professionali o produttivi o in quello di caste sociali, bensì nel senso esattamente opposto: di gruppo sociale coeso, la classe, per esperienza di vita; l’associazione per comunanza di scopi. Ciascuna età si è scelta i propri segni distintivi; il nome, il simbolo effigiato sulla cravatta, il fazzoletto, lo stendardo,le priorità tra gli obbiettivi da perseguire nel più ampio contesto de La stecca.Tutte hanno portato soccorso alle più diverse e sovente celate, ferite della sofferenza. Molte hanno destinato capacità umane e finanziarie ai beni e ad iniziative culturali. Sommano a diciassette le pubblicazioni realizzate da altrettante classi per ricordare i loro anniversari. Differenti per concezione e per grafica tutte sono testimoni dello spirito di amicizia e di gaiezza con cui viene vissuto l’incontro tra coetanei. Insieme, le classi si sono date una organizzazione minuta ma sufficiente per rispondere , soprattutto con le risorse della sensibilità e della perizia, alle quotidiane domande: una sede; uno statuto; un notiziario periodico. Nulla di straordinario, certo. In Como ed altrove esistono numerose altre associazioni che favoriscono l’incontro e l’amalgama di persone anche di ceti differenti per coltivare interessi comuni. Annoto semplicemente qualche carattere peculiare. Per un verso: l’inusuale articolazione dell’associazione e la freschezza della formula nel tempo. E’ fortemente strutturata, appunto, in gruppi diversi per età ma motivati di ideali e da convinzioni identiche o assai prossime. Ciascuna classe è fiera delle proprie prerogative e persino gelosa in senso prevalentemente positivo delle proprie scelte a tal punto da circondare di riserbo persino l’entità delle erogazioni finanziarie ai più bisognosi. Comprensibilmente l’esperienza di ciascun gruppo può incidere sulla modalità di esprimere i sentimenti ma non ne intacca la sostanza. Tradizioni radicate nella nostra terra perdurano: per esempio la celebrazione della Santa Messa Natalizia che le classi aspirano a veder celebrata dal Vescovo della diocesi, così come il riferimento spirituale che ciascuna classe ha nel sacerdote coetaneo. Che alcune tensioni dialettiche siano invece sorte o possano sorgere nel dibattito delle opinioni sui temi organizzativi dell’associazione, è, probabilmente il riflesso delle differenze generazionali. Ma ciò non ha mai comportato il ripudio delle regole essenziali della vita di un sodalizio. Per un altro verso: la poliedricità degli interessi delle classi e dell’associazione. Si realizza tra quasi tutte le classi un concorso virtuoso, senza censure tra questo o quel campo d’intervento. Il medesimo gruppo ora assiste una associazione o una istituzione abbisognevole di strumenti adeguati ai sui compiti, ora provvede al restauro di un’opera d’arte. Occorrerebbero la mappa della città e quella di alcune zone del così detto terzo mondo per seguire visivamente i sentieri delle oblazioni di tante classi senza frontiere.Converrebbe rileggere le motivazioni dei premi il Premio Stecca Città di Como; il premio Stella di Natale che annualmente onorano e appoggiano persone e attività sovente sconosciute ma benemerite. Vi coglierebbe la molteplicità delle attenzione che la Stecca dedica agli operatori di bene. A fronte del mare dei bisogni sono piccoli rivoli, ma sgorgano da una fonte comune che potremmo chiamarlo spirito del dono ed è una fonte coessenziale alla dignità umana. In un universo in cui tutto o quasi è negozio, in un tempo in cui tutto o quasi è scambiato secondo la stima dell’utilità venale degli oggetti scambiati, il dono fatto senza l’attesa di un corrispettivo, il volontariato esercitato perché il volontario sente il bisogno di donare senza contropartite e non perché qualcuno glielo chiede, la gratuità rasenta la trasgressione delle regole del sistema. Eppure tutti i coetanei, uomini e donne, sono attivi in quel sistema o ne sono usciti da poco. Ma lo spirito del dono non ne soffre: anzi a ben guardare ciò che riescono a realizzare o a promuovere, per esempio le Rose d’Oro e le loro coetanee induce a ritenere molto prossima al vero la tesi di chi sostiene che il nucleo di resistenze all’invasione delle filosofie strettamente mercantili si è rifugiato nella donna, anche dopo che questa è diventata produttrice e non più soltanto consumatrice o cliente. Il motto di una delle classi recita: Ul ben per ul ben. Lo si potrebbe dire il motto della Stecca perché è patrimonio di tutte le classi. ul ben è anche il bene comune, il bene cioè della città. Lette con attenzione, le più recenti pubblicazioni delle classi, così come quella dell’associazione,rivelano la lettura della città da un’ottica inusuale. Allo stesso modo, l’ultimo intervento è stato dedicato ad una delle sale culturalmente più eminenti della sua storia. Anche per questo motivo ci si sente di casa in cattedrale. Al di sopra dell’altare di Sant’Apollonia si mostra la vetrata policroma donata da La Stecca. E’ l’unico inserto d’arte realizzato nella cattedrale di Como in questo secolo che sta per chiudersi.