L.R. 15 aprile 1975, n. 51 (1)

Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico

 

 

TITOLO I

Disposizioni generali

1. Finalità.

La Regione, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia urbanistica, cura la migliore utilizzazione del territorio regionale in relazione alla molteplicità degli interessi pubblici legati al suo uso promuovendo anche le necessarie trasformazioni dell'assetto esistente al fine di conseguire la migliore economia di territorio e di risorse, nel rispetto delle funzioni di indirizzo e di coordinamento dello Stato.

 

2. Soggetti di pianificazione.

I soggetti di pianificazione sono la Regione ed i Comuni.

I Comuni sono soggetti di pianificazione individualmente e, a livello comprensoriale, in forma associata.

Le Comunità montane esercitano le funzioni urbanistiche per esse previste dalla presente legge.

 

3. Livelli di pianificazione e strumenti urbanistici.

I livelli di pianificazione e gli strumenti urbanistici per l'organizzazione del territorio e la disciplina urbanistica sono i seguenti:

a) a livello regionale, i piani territoriali di coordinamento regionale;

b) a livello comprensoriale, i piani territoriali di coordinamento comprensoriale;

c) a livello comunale, i piani regolatori generali ed i piani regolatori intercomunali.

 

TITOLO II

Pianificazione territoriale

 

Sezione I

Pianificazione di livello regionale

4. Piano territoriale di coordinamento regionale.

Il piano territoriale regionale:

a) formula, ai sensi dell'art. 3 dello Statuto, il quadro generale dell'assetto territoriale della Regione, in relazione alla programmazione economica regionale;

b) costituisce il quadro di riferimento territoriale dei programmi di intervento e di spesa della Regione e della loro articolazione comprensoriale;

c) coordina i piani di intervento delle Amministrazioni e delle Aziende pubbliche, nel rispetto delle loro competenze;

d) definisce, nel rispetto delle competenze statali, i criteri, le disposizioni ed i vincoli per la tutela del patrimonio naturale, agricolo, forestale, storico, artistico ed ambientale della Regione e ne indica le aree relative;

e) definisce i sistemi:

1) della mobilità regionale;

2) dei servizi, delle opere pubbliche, delle infrastrutture di interesse regionale;

3) dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale, anche agli effetti di quanto previsto dal primo e secondo comma dell'art. 3 della legge regionale 17 dicembre 1973, n. 58;

f) stabilisce le norme, i criteri metodologici ed i principali parametri che debbono essere osservati nella formazione dei piani territoriali comprensoriali e dei piani comunali;

g) indica, per gli interventi di interesse regionale, le scelte di destinazione, d'uso, di vincolo e la relativa localizzazione;

h) indica le previsioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica di livello comprensoriale e comunale ed immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati ed i termini, entro i quali i piani territoriali comprensoriali e i piani comunali debbono essere adeguati alle sue previsioni.

I piani territoriali regionali che riguardano solo determinate parti del territorio regionale hanno i medesimi contenuti sopra previsti, limitatamente alla parte del territorio oggetto del piano.

I piani territoriali regionali che riguardano solo determinati settori funzionali hanno i medesimi contenuti sopra previsti, in quanto utili e compatibili con il settore considerato. I piani territoriali regionali per singoli settori funzionali possono riguardare anche singole parti del territorio.

 

5. Elementi del piano territoriale regionale.

Il piano territoriale regionale è costituito:

- da un documento nel quale, in relazione agli obiettivi generali e specifici dello sviluppo economico e sociale della Regione, si formulano le scelte di assetto territoriale ritenute idonee a conseguirli;

- da rappresentazioni grafiche adeguate, in numero e scala, ad illustrare l'assetto territoriale previsto nel documento di cui al punto precedente;

- dallo studio dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio;

- da norme di attuazione del piano, comprendenti anche le direttive ed i criteri metodologici per la formazione degli strumenti urbanistici di livello comprensoriale e comunale;

- da un programma di interventi prioritari determinati nel tempo con l'indicazione delle risorse necessarie e delle possibili fonti di finanziamento.

 

6. Formazione ed approvazione del piano territoriale regionale.

Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, adotta, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il progetto di piano territoriale regionale e provvede all'invio dello stesso al Governo, alle Province, alle Comunità montane, agli Organismi comprensoriali interessati dal piano, nonché alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul Bollettino Ufficiale della Regione del provvedimento di adozione, con l'indicazione della sede ove chiunque sia interessato può prendere visione degli elaborati del progetto di piano.

Entro 90 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale, il Governo, i Comuni, le Province, le Comunità montane, gli Organismi comprensoriali e gli Enti pubblici interessati, le Organizzazioni sociali nonché i proprietari delle aree oggetto delle previsioni immediatamente vincolanti di cui all'art. 4 lett. h) possono far pervenire alla Giunta regionale le loro osservazioni.

Nei successivi 90 giorni la Giunta regionale, esaminate le osservazioni pervenute, predispone, in collaborazione con le Commissioni consiliari competenti, gli elaborati definitivi del piano territoriale e li presenta al Consiglio regionale per l'approvazione.

Il piano territoriale regionale è approvato con legge regionale.

 

7. Effetti del piano territoriale regionale.

Il piano territoriale regionale è sottoposto a revisione in rapporto alle scelte della programmazione regionale ed alle indicazioni della programmazione nazionale.

Ove necessario il piano può essere modificato per singole parti o per singoli settori funzionali.

Annualmente la Giunta regionale riferisce al Consiglio sullo stato di attuazione del piano territoriale regionale e dei singoli piani settoriali, in relazione al programma di interventi di cui al precedente art. 5.

Il piano territoriale regionale deve essere osservato dalle Amministrazioni dello Stato ove siano intervenute intese con le stesse ed è vincolante per i Comuni, le Province e gli altri Enti pubblici, nonché per le società concessionarie di pubblici servizi, nonché limitatamente alle previsioni di cui all'art. 4, lett. h) per i privati. Alle previsioni di tale piano, entro i termini stabiliti dallo stesso, devono adeguarsi, per quanto di competenza, gli strumenti urbanistici comunali e comprensoriali ed i piani delle Amministrazioni provinciali.

A decorrere dalla data di pubblicazione del progetto di piano, ai sensi del primo comma dell'art. 6, e per un periodo di due quattro anni (2), i Sindaci debbono sospendere ogni determinazione sulle domande di licenze edilizie contrastanti con le previsioni di cui alla lett. h) del primo comma dell'art. 4.

Dalla data di entrata in vigore del piano territoriale regionale non possono essere rilasciate licenze edilizie in contrasto con le previsioni di cui alla lett. h) del primo comma dell'art. 4.

 

Sezione II

Pianificazione di livello comprensoriale

8. Contenuti del piano territoriale di coordinamento comprensoriale.

Il piano territoriale comprensoriale riguarda l'intero territorio di ciascun comprensorio e costituisce, a tale livello, l'articolazione del piano territoriale regionale ed il quadro di riferimento territoriale del piano socio-

economico comprensoriale.

Sulla base delle leggi statali e regionali, coordina le previsioni di intervento, nell'ambito territoriale comprensoriale, con particolare riguardo a quelle relative ai distretti scolastici, alle zone sanitarie, ai bacini di traffico, ai bacini delle acque, ai piani consortili per l'edilizia economico-popolare e per lo sviluppo delle aree produttive e commerciali nonché ai piani agricoli zonali. In particolare il piano territoriale comprensoriale, attenendosi alle prescrizioni del piano territoriale regionale, se vigente, nel rispetto delle competenze statali, contiene:

a) le previsioni globali degli insediamenti, nell'ambito del proprio territorio, in base a parametri temporali e quantitativi stabiliti in coerenza con la programmazione socio-economica del comprensorio;

b) le localizzazioni degli insediamenti di rilevanza comprensoriale;

c) i criteri e le direttive per la localizzazione degli insediamenti di rilevanza comunale;

d) la definizione della rete della viabilità principale extraurbana e dei trasporti a livello comprensoriale con particolare riguardo al servizio di trasporto pubblico;

e) la localizzazione delle attrezzature pubbliche e collettive e degli impianti tecnologici di interesse comprensoriale;

f) i criteri e i vincoli per la tutela del patrimonio storico, artistico. naturale, agricolo, forestale, ambientale e per l'autorizzazione delle trasformazioni d'uso del suolo che ne modifichino la struttura e l'aspetto;

g) la previsione degli interventi di sistemazione idrogeologica e forestale e delle aree da destinare a Parchi, Riserve naturali di interesse comprensoriale;.

h) l'indicazione dei vincoli idrogeologici esistenti, ai sensi dell'art. 1 e seguenti del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, con le proposte degli eventuali ampliamenti e completamenti;

i) l'indicazione delle zone soggette ad opere di sistemazione idraulico-forestale, con le previsioni dei rimboschimenti, rinsaldamento ed opere costruttive ed idrauliche connesse;

l) l'indicazione delle altre opere necessarie per il consolidamento del suolo e regimentazione delle acque, ai fini di una migliore utilizzazione agraria;

m) le previsioni di utilizzo agrario e forestale dei patrimoni silvopastorali appartenenti ai Comuni e ad altri Enti di cui agli artt. 139 e seguenti del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267;

n) le indicazioni delle previsioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale ed immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati, ed i termini entro i quali i piani comunali debbono essere adeguati alle sue previsioni.

 

9. Piani urbanistici delle Comunità montane.

(3).

 

10. Elementi del piano territoriale comprensoriale.

Il piano territoriale comprensoriale è costituito:

1) da un documento che espliciti gli obiettivi generali e di settore assunti, descriva i criteri programmatici e di metodo seguiti, illustri le scelte operate, fornisca indicazioni circa l'attuazione del piano in relazione alle scelte di programmazione economica ed alle previsioni dei tempi e delle risorse da impiegare per gli investimenti;

2) dallo studio dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio;

3) dalle rappresentazioni grafiche, in numero e in scala adeguata, per riprodurre l'assetto territoriale previsto dal piano;

4) dalle norme di attuazione, comprendenti le prescrizioni necessarie ad integrare le tavole grafiche e a precisarne i contenuti, nonché le direttive ed i criteri metodologici cui devono attenersi i piani comunali.

 

11. Proposta di piano territoriale comprensoriale.

L'assemblea comprensoriale adotta la proposta di piano territoriale comprensoriale entro due anni dalla sua costituzione.

La delibera dell'assemblea, viene pubblicata agli Albi dei Comuni e delle Province interessate per 30 giorni consecutivi, con l'indicazione della sede ove chiunque sia interessato può prendere visione degli elaborati della proposta di piano. Di tale pubblicazione deve essere data notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e sul Bollettino Ufficiale della Regione.

Entro i successivi 30 giorni possono essere presentate, all'Organismo comprensoriale, osservazioni da parte di Enti pubblici e Organizzazioni sociali interessate, nonché dei proprietari delle aree oggetto di previsioni dichiarate immediatamente vincolanti ai sensi del precedente art. 8, lett. n).

Nello stesso termine, le Province interessate presentano un proprio parere sui contenuti del piano per contribuire al coordinamento della programmazione territoriale dei comprensori a cui partecipano.

Entro 45 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il presidente dell'assemblea del comprensorio è tenuto a trasmettere alla Giunta regionale la delibera di adozione della proposta con i relativi elaborati, le osservazioni ricevute ed eventuali controdeduzioni dell'assemblea.

La Giunta regionale, nei 90 giorni successivi al ricevimento, esamina le osservazioni, verifica la coerenza del piano comprensoriale con il piano territoriale regionale apportando le modifiche necessarie e lo trasmette al Consiglio per l'esame e l'approvazione.

Gli Organismi comprensoriali possono procedere alla deliberazione della proposta di piano territoriale comprensoriale anche prima dell'approvazione del piano territoriale regionale, previa autorizzazione del Consiglio regionale.

Qualora entro il termine di cui al primo comma l'assemblea comprensoriale non abbia adottato la proposta di piano territoriale comprensoriale, la Giunta regionale, in via sostitutiva, previa consultazione dei Comuni, delle Province, delle Comunità montane e degli Organismi sociali operanti nel territorio presenta al Consiglio regionale detta proposta di piano territoriale comprensoriale.

 

12. Effetti del piano territoriale comprensoriale.

Il piano territoriale comprensoriale è sottoposto a revisione in rapporto alle scelte della programmazione regionale.

Il piano territoriale comprensoriale è vincolante per i Comuni, le Province e gli Enti pubblici interessati, nonché per le Società concessionarie di pubblici servizi e limitatamente alle previsioni di cui all'art. 8, lett. n) per i privati. Alle previsioni del piano, entro i termini stabiliti dallo stesso, devono adeguarsi, per quanto di competenza, gli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali.

A decorrere dalla data di pubblicazione della proposta di piano sul Bollettino Ufficiale della Regione fino all'approvazione e comunque non oltre tre anni, i Sindaci debbono sospendere ogni determinazione sulle domande di concessione edilizie contrastanti con le previsioni del piano stesso, di cui alla lett. n), terzo comma dell'art. 8 della presente legge (4).

Dalla data di entrata in vigore del piano territoriale comprensoriale non possono essere rilasciate licenze edilizie ed autorizzazioni di trasformazione d'uso del suolo in contrasto con le previsioni di cui al precedente comma.

 

TITOLO III

Pianificazione comunale

13. Pianificazione comunale.

La pianificazione comunale:

a) recepisce le previsioni del piano territoriale comprensoriale e del piano territoriale regionale;

b) sviluppa e precisa, nel quadro delle scelte operate dal piano comprensoriale, l'organizzazione del territorio comunale;

c) si attua mediante la predisposizione dei programmi pluriennali di cui al titolo IV della presente legge.

 

14. Piani regolatori generali e piani regolatori intercomunali.

Tutti i Comuni della Regione devono dotarsi di un piano regolatore generale.

Il piano regolatore generale organizza l'intero territorio comunale, in funzione delle esigenze della Comunità locale.

Due o più Comuni contermini costituiti in Consorzio volontario, a norma del Testo unico della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, possono adottare un piano regolatore intercomunale sostitutivo a tutti gli effetti dei piani regolatori comunali. Ai fini della formazione, adozione, pubblicazione di tali piani si applicano le norme relative ai piani regolatori generali, intendendosi sostituito il Consorzio ai singoli Comuni.

I Comuni, dopo l'entrata in vigore della presente legge, non possono adottare programmi di fabbricazione e possono apportare a quelli adottati o vigenti, solo modifiche che comportino riduzione della edificabilità e l'introduzione di nuovi vincoli per attrezzature pubbliche e collettive.

 

15. Distinzione delle aree all'interno del territorio comunale.

Le previsioni del piano regolatore generale devono essere articolate distinguendo le zone di cui all'art. 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 ed indicando in particolare:

a) le parti di territorio comunale delimitate come centri edificati ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

b) le restanti parti del territorio comunale.

 

16. Prescrizioni per il territorio urbanizzato.

Per le aree di cui all'art. 15 sub a) il piano regolatore generale deve individuare la perimetrazione del centro storico e di eventuali nuclei urbani di interesse storico, artistico, ambientale, delle zone di completamento, di eventuali zone di ristrutturazione e trasformazione funzionale, delle zone industriali, commerciali e artigianali esistenti e deve prevedere:

1) l'organizzazione dei servizi collettivi e l'identificazione delle aree vincolate all'uso pubblico con il fine preminente di rispettare gli standard di cui alla presente legge;

2) sedi proprie e/o adeguate protezioni per i trasporti pubblici;

3) il sistema della mobilità veicolare e pedonale e degli spazi di parcheggio pubblico;

4) la destinazione d'uso delle singole zone;

5) le norme di attuazione che disciplinano l'attività urbanistica ed edilizia zona per zona.

La documentazione grafica del piano regolatore generale, relativamente al territorio già urbanizzato, deve essere redatta, di norma, alla scala 1:2.000.

 

17. Centri storici.

Il piano regolatore generale, relativamente al centro storico, ed ai nuclei di interesse storico, artistico ed ambientale, ferma restando la norma di cui all'art. 7 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, deve:

1) elencare e sottoporre ad apposita normativa tutti i beni storici e monumentali meritevoli di salvaguardia, restauro, conservazione nonché le zone di interesse ambientale;

2) definire l'organizzazione della rete di viabilità e degli spazi di parcheggio, al fine di favorire la mobilità pedonale e il trasporto pubblico;

3) subordinare i nuovi interventi edilizi - con esclusione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, di consolidamento, restauro che non comportino aumento delle volumetrie, alterazioni delle caratteristiche architettoniche e modifiche della destinazione d'uso degli edifici nonché con esclusione di opere di adeguamento igienico e tecnologico all'approvazione di piani particolareggiati estesi ad almeno ogni isolato od unità di azzonamento ed aventi lo scopo di:

- verificare le condizioni degli insediamenti sotto il profilo igienico-sanitario, lo stato di conservazione edilizia e le destinazioni d'uso degli edifici;

- promuovere, attraverso progetti redatti a scala non inferiore ad 1:1.000, le scelte di assetto planivolumetrico, funzionale e di risanamento degli insediamenti, finalizzati al loro uso sociale, anche mediante l'applicazione della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

- definire particolari standard urbanistici ed edilizi;

- individuare:

a) le aree sulle quali, ad avvenuta approvazione del piano particolareggiato, gli interventi siano autorizzabili mediante licenza edilizia singola;

b) le aree dove gli interventi siano autorizzabili, previo progetto planivolumetrico convenzionato sulla base del piano particolareggiato;

c) i beni immobili da destinare ad attrezzature pubbliche.

 

18. Prescrizioni per il territorio non urbanizzato.

Per le aree di cui all'art. 15 sub b), il piano regolatore generale deve individuare:

a) i beni paesistici e naturali, le caratteristiche idrogeologiche e l'assetto colturale ed agricolo-

produttivo del territorio comunale;

b) i fabbisogni abitativi;

c) i fabbisogni di aree necessarie al trasferimento di insediamenti industriali ed artigianali esistenti nell'ambito delle aree di cui all'art. 15, sub a) e la cui presenza si è giudicata ivi incompatibile;

d) i fabbisogni di aree per servizi pubblici indispensabili alla vita della Comunità locale già insediata, e che non possono essere localizzati nell'ambito delle aree di cui all'art. 15 sub a);

e) le previsioni contenute in eventuali strumenti vigenti di pianificazione di livello comprensoriale o regionale che interessino l'area comunale e deve prevedere:

1) le aree agricole, di Riserva naturale e di tutela dei beni paesaggistici;

2) le aree di uso pubblico per il soddisfacimento delle esigenze di cui alla lett. d) del primo comma del presente articolo;

3) le zone per nuovi insediamenti residenziali nei limiti di cui al successivo art. 20;

4) le zone per insediamenti commerciali e per insediamenti industriali ed artigianali, nei limiti di cui al successivo art. 21;

5) gli spazi per il verde e per le attrezzature collettive al servizio di nuovi insediamenti;

6) la rete delle strade destinate ai veicoli. nonché se del caso, la rete dei percorsi riservati ai pedoni ed ai ciclisti adeguatamente protetta;

7) le norme di attuazione che disciplinano l'attività urbanistica ed edilizia zona per zona.

La documentazione grafica del piano regolatore generale relativamente al territorio non ancora urbanizzato, deve essere redatta almeno alla scala 1:5.000.

 

19. Computo della capacità insediativa residenziale teorica.

La capacità insediativa residenziale teorica di piano risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree residenziali o parzialmente residenziali previste dal piano regolatore generale, stimate secondo i seguenti criteri:

a) per le zone residenziali, comprese all'interno dei perimetri dei centri edificati di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, al netto dei lotti ancora inedificati, si assumerà come capacità teorica il valore maggiore tra il numero di residenti insediati, al momento dell'adozione del piano, ed il numero dei vani abitabili esistenti;

b) per i lotti liberi, all'interno dei perimetri dei centri edificati di cui sopra, per i comprati già edificati nei quali sia previsto od ammesso un incremento delle volumetrie esistenti, nonché per le zone di espansione residenziale, si assumerà come capacità teorica il valore ottenuto moltiplicando le relative superfici per i rispettivi indici di fabbricabilità massima consentita, ed attribuendo mediamente 100 mc di volume residenziale ad ogni abitante.

 

20. Limitazioni delle previsioni insediative.

Sino all'entrata in vigore dei piani territoriali comprensoriali e, in loro assenza, sino al termine di due anni dall'entrata in vigore della presente legge, i piani regolatori generali non possono prevedere nuovi insediamenti residenziali in misura superiore ai seguenti limiti:

a) nell'ambito del perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la capacità insediativa residenziale teorica globale di piano è limitata soltanto dalla necessità di reperire aree per spazi ed attrezzature pubbliche e collettive, in misura adeguata, almeno, al rispetto degli standard minimi previsti dalla presente legge. Ove lo consentano una soddisfacente accessibilità ed una corretta localizzazione dette aree per servizi ed attrezzature pubbliche possono essere ubicate all'esterno del perimetro di cui sopra;

b) nelle aree esterne al perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, la capacità insediativa residenziale teorica globale di piano, verificata su tutto il territorio comunale, va commisurata al fabbisogno abitativo arretrato ed addizionale, relativo ad un periodo massimo di 10 anni, calcolato dalla data di adozione del piano o al diverso periodo eventualmente stabilito dai piani territoriali comprensoriali.

 

21. Insediamenti produttivi ed artigianali.

In assenza di piani territoriali comprensoriali vigenti, i piani regolatori generali possono prevedere il completamento di zone industriali ed artigianali esistenti e nuove zone, commisurate all'esigenza di trasferire insediamenti non compatibili con il tessuto urbano, e all'esigenza di ridurre fenomeni di pendolarismo.

 

22. Standard urbanistici a livello comunale.

Negli strumenti urbanistici comunali e nei piani attuativi deve essere assicurata una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico, commisurata all'entità degli insediamenti residenziali, produttivi, direzionali e commerciali sulla base dei seguenti parametri:

1) aree per attrezzature al servizio degli insediamenti residenziali.

La dotazione minima di standard stabilita dall'articolo 3 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, in misura di 18 mq/ab., è elevata a 26,5 mq/ab. Tale dotazione minima complessiva è da intendersi in linea di massima così ripartita:

a) 4,5 mq/ab. di aree per l'istruzione inferiore, scuole materne, scuole elementari, scuole medie dell'obbligo;

b) 4 mq/ab. di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative);

c) 15 mq/ab. di aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport, escluse le fasce di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale;

d) 3 mq/ab. di aree per parcheggi di uso pubblico.

Ai fini del computo dello standard per parcheggi, si tiene conto della sommatoria delle superfici lorde di pavimento, realizzate con tipologia multipiano sia fuori terra che in sottosuolo. Al medesimo fine possono altresì essere computati i parcheggi realizzati su aree pubbliche, costruiti anche in diritto di superficie costituito a favore di terzi, previa stipulazione di apposita convenzione nella quale devono essere stabilite la durata, le modalità della gestione, anche ai fini di sicurezza, nonché le opere di arredo urbano da eseguire in superficie, sulla base di criteri di qualità che tengano conto dell'ambiente nel quale si inserisce il singolo intervento (5).

La verifica dello standard urbanistico residenziale dei piani comunali andrà effettuata con riferimento alla capacità insediativa residenziale teorica così come definita al precedente art. 19, limitando le previsioni relative alle presenze stagionali e turistiche, al rispetto delle sole voci di cui alle precedenti lettere c) e d) ed elevando la dotazione minima di cui alla lettera c) a 20 mq per abitante/vano.

Ai fini della dotazione minima di aree, non si applica la previsione di cui al n. 2 dell'art. 4 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.

Nei Comuni che alla data di adozione del P.R.G. non abbiano una popolazione superiore ai 4.000 abitanti, qualora sia prevista l'individuazione di un modulo funzionale di sorvegli di cui al comma successivo e non presentino alcuna delle seguenti caratteristiche:

a) addetti totali all'industria manifatturiera inferiori a 1.000 unità;

b) superficie territoriale a destinazione industriale di nuova previsione del P.R.G. in misura superiore a 5a;

c) nuove stanze previste dal I.R.C. in misura superiore al 20% del patrimonio edilizio esistente;

d) capacità ricettiva turistica, determinata dal numero di posti letto alberghieri e numero di stanze disponibili in abitazioni non occupate, esistente e di nuova previsione, superiore alla popolazione residente;

e) Comuni per i quali i Piani Territoriali, aventi natura ed effetti di cui all'art. n. 4 e all'art. n. 8 della L.R. 15 aprile 1975, n. 51, prevedono nuovi sviluppi residenziali e turistici ricettivi, la dotazione minima complessiva delle aree destinate a standard comunale è di 18 mq per abitante (6).

Il modulo funzionale di cui al comma precedente è costituito da una dotazione minima di attrezzature relative al centro civico, attrezzature religiose, campo sportivo, ambulatorio, area mercato; tale dotazione può essere ulteriormente precisata dal Piano territoriale regionale (7).

Nei piani regolatori generali con capacità insediativa residenziale teorica prevista superiore a 20 mila abitanti, si debbono prevedere anche le aree per attrezzature pubbliche di interesse generale, in misura complessiva non inferiore a 17,5 mq/ab. (8).

Tali aree possono essere destinate sia alle attrezzature previste dall'art. 4, paragrafo 5, del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, sia agli impianti pubblici o di uso pubblico per la pratica e lo spettacolo sportivo, ai mercati generali pubblici e relativi depositi, nonché ai pubblici servizi per la protezione civile (9).

L'individuazione delle aree per "attrezzature pubbliche di interesse generale" (zona F), deve rispettare i criteri e le prescrizioni dei Piani di settore di interesse regionale, oltreché le prescrizioni di eventuali Piani di coordinamento comprensoriale e dei Piani urbanistici delle Comunità montane (10).

Le aree per "attrezzature pubbliche di interesse generale" (zona F) individuate nei P.R.G. comunali possono coincidere con quelle individuate nei piani territoriali di coordinamento di cui all'art. 8 della L.R. 15 aprile 1975, n. 51 (11).

Qualora se ne ravvisi la motivata opportunità, gli strumenti urbanistici possono ripartire le aree per standard dagli stessi individuate, anche secondo parametri diversi da quelli indicati nei precedenti commi, purché sia comunque assicurato il reperimento della dotazione minima complessivamente prevista dal presente paragrafo (12).

2) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti produttivi.

La dotazione minima di standard per attrezzature funzionali agli insediamenti produttivi, per parcheggi, verde ed attrezzature sportive, centri e servizi sociali, mense ed attrezzature varie stabilita all'art. 5, sub 1) del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 in misura del 10% della superficie destinata ai nuovi insediamenti industriali, è elevata al 20%, salvo che per i Comuni in territorio montano.

3) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali.

La dotazione minima di standard funzionali ai nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale per parcheggi, verde, centri e servizi sociali, attrezzature varie, stabilita dall'art. 5, sub 2) del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 in misura dell'80% della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti, è elevata al 100%. Di tali aree almeno la metà dovrà essere destinata a parcheggi di uso pubblico.

Le aree computabili ai fini degli standard di cui ai precedenti commi sono soltanto quelle delle quali siano previsti l'acquisizione da parte della Pubblica amministrazione o l'assoggettamento a servitù di uso pubblico.

I Comuni che dimostrino l'impossibilità di reperire, all'interno del proprio territorio, i terreni necessari a soddisfare la dotazione minima di aree per la realizzazione di Parchi urbani e territoriali, possono individuare a tale scopo anche aree esterne ai propri confini amministrativi, purché:

a) si tratti di aree ricomprese nel perimetro dei Parchi naturali di cui alla L.R. 30 novembre 1983, n. 86 e previste come "zone a parco attrezzato" dai relativi piani territoriali di coordinamento vigenti;

b) sia stato conseguito l'assenso dall'Ente gestore del Parco e delle amministrazioni comunali nel cui territorio sono ubicate le aree;

c) tali aree siano accessibili con adeguate infrastrutture di trasporto pubblico, da parte della popolazione residente nei Comuni interessati (13).

I Comuni che si avvalgono di tale facoltà devono entrare a far parte dell'Ente gestore del Parco, devono contribuire alle spese annue di gestione, e devono altresì corrispondere all'ente le somme relative all'acquisizione delle aree che si intendono computare o il loro conferimento in caso di proprietà delle stesse (14).

Le quote relative agli oneri di urbanizzazione secondaria, che i singoli Comuni devono corrispondere al consorzio del Parco onde assicurare l'attuazione degli interventi previsti dall'art. 22, par. 1), lettera c), della L.R. 15 aprile 1975, n. 51, nonché degli interventi di cui al quinto comma dell'art. 4 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, saranno determinate, con propria deliberazione, dall'assemblea del consorzio del Parco, nel rispetto delle quote minime che verranno indicate con idonea deliberazione del Consiglio regionale, aggiornamento e specificazione delle tabelle riguardanti gli oneri di urbanizzazione previsti dalla deliberazione del Consiglio regionale 28 luglio 1977, n. II/557 (15).

 

23. Densità territoriali medie e densità fondiarie massime.

La densità territoriale media ponderale non dovrà essere inferiore, per le nuove zone di espansione residenziale, a 10.000 mc per ha e, per i nuovi insediamenti turistici, a 8.000 mc per ha.

La densità fondiaria massima, prevista per le nuove zone di espansione residenziale, non dovrà superare l'indice di 4,5 mc/mq.

 

24. Misure di salvaguardia.

Per un termine di cinque anni dalla data della deliberazione consiliare di adozione del progetto di piano regolatore generale, il Sindaco, sentita la Commissione edilizia, deve sospendere ogni determinazione sulle domande di licenze edilizie che risultino in contrasto con le previsioni di detto progetto.

Il termine di cui all'art. 31, sesto comma della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche, ricomincerà a decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al precedente comma.

 

25. Accessi a strade statali e provinciali.

I Comuni di norma non possono autorizzare opere relative ad accessi veicolari diretti sulle strade statali e provinciali, per i tratti lungo i quali queste attraversano parti di territorio esterne al perimetro del centro edificato di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

Tali accessi potranno avvenire solo tramite derivazioni, dagli assi stradali e provinciali, di strade pubbliche organicamente inserite nella rete viabilistica dei piani comunali, e comunque con immissioni nelle strade statali o provinciali di norma distanziate fra loro di almeno 300 m.

 

26. Zone di rispetto stradale e aeroportuali.

Le zone di rispetto laterali alle strade, previste nei piani comunali, a protezione della rete viabilistica principale, sono aree normalmente destinate alla realizzazione di nuove strade o corsie di servizio, ampliamenti delle carreggiate esistenti, parcheggi pubblici, percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazione a verde, conservazione dello stato di natura.

La normativa dei piani urbanistici comunali potrà prevedere che in dette zone, a titolo precario, possa essere autorizzata la costruzione di impianti per la distribuzione del carburante.

I piani regolatori generali devono prevedere zone di rispetto degli impianti aeroportuali, la cui determinazione è di competenza della Regione (16).

A tal fine la Giunta regionale procederà, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, alla determinazione della situazione acustica globale nei dintorni dei singoli aeroporti, anche a mezzo di società tecniche specializzate italiane o estere, applicando i criteri di cui alla circolare della direzione generale dell'aviazione civile 9 giugno 1973, n. 45/3030/n. 3.27 e tenendo conto di eventuali progetti di ristrutturazione o di ampliamento degli impianti già approvati, procederà inoltre, sentite le commissioni consiliari competenti e gli enti interessati, a determinare le zone di rispetto aeroportuali riferendole alle curve di livello dell'indice di esposizione totale al rumore indicate nella detta circolare, nonché a fissare le norme intese a regolare l'attività edilizia dall'interno di tali zone (17).

Le zone di rispetto aeroportuali potranno essere soggette a revisione ogni dieci anni. in funzione di nuove caratteristiche acustiche, ammesse in sede di omologazione, per gli aeromobili e di mutamenti degli altri parametri che concorrono alla individuazione dell'indice di espropriazione totale al rumore (18).

Sulle determinazioni della Giunta regionale in ordine alla individuazione delle zone di rispetto e alla relativa normativa, i Comuni sono tenuti a partire dal giorno successivo a quello di pubblicazione delle stesse sul Bollettino Ufficiale della Regione, ad applicare le misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, salva l'osservanza di misure restrittive ove previste dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o da altre disposizioni di legge (19).

Entro tre mesi dalla suddetta data i Comuni dovranno adottare le varianti agli strumenti urbanistici vigenti o adottati intese ad adeguare gli stessi alle dette determinazioni della Giunta regionale (20).

Al fine della migliore protezione della Comunità a fronte della rumorosità connessa alla presenza di impianti aeroportuali, la Giunta regionale proporrà al Consiglio entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge un programma per la realizzazione di sistemi automatici di controllo dell'inquinamento acustico nelle aree aeroportuali, da collegarsi con il sistema regionale previsto dall'art. 4 della legge regionale 23 agosto 1974, n. 49 (21).

 

27. Adozione e approvazione del Piano regolatore generale.

Non è necessaria la ripubblicazione del Piano regolatore generale modificato in accoglimento delle osservazioni presentate a norma dell'art. 9 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni.

Il piano regolatore generale è approvato dalla Giunta regionale.

Con il provvedimento d'approvazione del Piano regolatore generale possono essere apportate, d'ufficio, le modifiche di cui al secondo comma dell'art. 10 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, nonché quelle riconosciute necessarie per adeguare lo strumento urbanistico alle norme della presente legge.

Devono essere applicate le normali misure di salvaguardia, di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sulle proposte di modifiche d'ufficio dalla data di ricevimento della relativa comunicazione, da parte del Comune e fino a tre mesi dalla trasmissione della deliberazione comunale, debitamente esecutiva, di controdeduzione alla Regione.

Il termine di cui all'art. 31, sesto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ricomincerà a decorrere dalla data di scadenza del termine di cui al precedente comma.

 

28. Varianti dei piani regolatori generali.

Le varianti ai piani regolatori generali vigenti od adottati non debbono essere preventivamente autorizzate dalla Regione.

Anche nel caso di varianti parziali, debbono essere applicate le misure di salvaguardia di cui al precedente art. 24.

 

TITOLO IV

Attuazione della pianificazione territoriale e urbanistica

29. Interventi regionali e loro localizzazione.

La Regione ha facoltà di attuare direttamente le previsioni dei piani territoriali regionali, mediante piani esecutivi relativi agli interventi di competenza o di interesse regionali, con particolare riguardo a quelli concernenti le mobilità, i servizi ed i Parchi di cui all'art. 4 lett. e), della presente legge.

La Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, determina gli ambiti territoriali entro i quali singoli Comuni o gli Organismi comprensoriali, entro un termine stabilito, dovranno provvedere alla localizzazione degli interventi, di cui al precedente comma.

Decorso il termine fissato senza che i Comuni o gli Organismi comprensoriali abbiano provveduto, la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, potrà procedere direttamente alla localizzazione mediante il piano esecutivo regionale.

 

30. Piani esecutivi regionali.

Il piano esecutivo regionale adottato dalla Giunta regionale, d'intesa con le Commissioni consiliari competenti, integra ed attua, rispetto alla zona cui si riferisce, la previsione del piano territoriale regionale e prevale sulle previsioni eventualmente difformi dei piani regolatori generali dei Comuni.

Il piano esecutivo regionale è costituito:

- dalle rappresentazioni grafiche in scala adeguata;

dalla relazione illustrativa degli interventi e dei criteri seguiti dal piano;

- dalle norme di attuazione specifiche;

- dagli elenchi catastali delle proprietà comprese nel piano;

- dal programma contenente le opere ed i tempi previsti per attuarle e l'ordine di priorità;

- dalla previsione di massima dei costi di investimenti per l'esecuzione del programma, compresi gli indennizzi per le espropriazioni e delle risorse per la copertura degli stessi.

 

31. Attuazione del Piano regolatore generale.

Il Piano regolatore generale si attua mediante:

1) programmi pluriennali di attuazione di cui agli artt. 32 e seguenti della presente legge;

2) piani particolareggiati di cui agli artt. 13 e seguenti della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e di cui agli artt. 26 e 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

3) piani per edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;

4) piani di lottizzazione;

5) licenze edilizie.

 

32. Programmi pluriennali di attuazione del piano regolatore generale e del programma di fabbricazione.

(22).

 

33. Contenuti e finalità dei programmi di attuazione.

(23).

 

34. Elementi ed allegati dei programmi pluriennali di attuazione.

(24).

 

35. Istruttoria ed approvazione dei piani particolareggiati e dei piani di lottizzazione.

(25).

 

36. Contenuti dei piani di lottizzazione.

(26).

 

37. Licenza edilizia ed oneri di urbanizzazione.

(27).

 

TITOLO V

Misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesaggistico

38. Finalità.

Allo scopo di tutelare il patrimonio naturale e paesaggistico regionale, a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge si applicano sul territorio regionale, all'esterno dei centri edificati di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, le misure di salvaguardia previste dalle disposizioni seguenti.

Dette misure di salvaguardia non esimono dall'osservanza di misure più restrittive, ove previste dagli strumenti urbanistici vigenti, dalle altre disposizioni della presente legge e da altre leggi regionali.

 

39. Sponde dei laghi e dei fiumi.

Lungo le sponde dei laghi e dei fiumi e canali di cui all'allegato elenco, che forma parte integrante della presente legge, sono vietate, ogni nuova edificazione nonché l'esecuzione di opere di urbanizzazione, salvo le opere edilizie preordinate all'esercizio dell'agricoltura nei limiti previsti dal successivo art. 49, lett. a), per una fascia di profondità dal limite del demanio, di:

a) m 50 per fiumi e canali nei territori compresi nelle Comunità montane;

b) m 100 per i laghi, nonché per i fiumi e canali nei restanti territori.

Per quanto riguarda il fiume Po, è vietata ogni edificazione dal piede esterno degli argini maestri e per tutta la zona golenale.

 

40. Zone a vincolo idrogeologico.

Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico l'autorizzazione di cui all'art. 7 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, è concessa dal presidente della Giunta regionale.

Nelle predette zone sono vietate nuove costruzioni ed opere di urbanizzazione;

a) su tutte le aree di boschi di alto fusto o di rimboschimento;

b) su tutte le aree soggette a dissesto, a pericolo di valanghe, o di alluvione, o comunque che presentino caratteri geomorfologici che le rendano inidonee a nuovi insediamenti.

Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico è consentita soltanto l'apertura di strade al servizio di attività agro-silvo-pastorali, previa l'autorizzazione di cui al primo comma. Tali strade dovranno comunque essere chiuse al traffico ordinario e di dimensioni non eccedenti le esigenze di transito per i mezzi di servizio.

 

41. Boschi, cave e torbiere.

Sino all'entrata in vigore della legislazione regionale in materia:

a) sono vietate l'apertura di nuove cave e torbiere e la riattivazione di quelle inattive da più di un anno;

b) i tagli dei boschi devono essere autorizzati dal presidente della Giunta regionale che potrà subordinarli all'obbligo della ripiantumazione e ad idonee cautele in relazione all'utilità del fondo e al mantenimento e allo sviluppo del patrimonio arboreo.

Dalla disciplina prevista dal presente articolo sono esclusi i tagli dei pioppeti e delle altre colture industriali da legno.

 

42. Opere di interesse pubblico.

Nelle zone individuate dal precedente art. 39 e nelle aree di cui alle lett. a) e b) dell'art. 40 possono essere realizzate:

a) opere che abbiano conseguito la dichiarazione di pubblica utilità;

b) opere pubbliche da eseguirsi su terreno appartenente al demanio o al patrimonio dello Stato e degli Enti locali;

c) opere attinenti al regime idraulico, alle derivazioni d'acqua o ad impianti di depurazione, previa autorizzazione del presidente della Giunta regionale, che verifica la compatibilità delle stesse con la tutela dei valori ambientali.

 

43. Termini.

Al fine di meglio definire le aree meritevoli di salvaguardia o di migliorare le condizioni di tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e di promuovere l'utilizzazione sociale, i Comuni nei cui territori ricadano le zone di cui al precedente art. 39 e le aree di cui alle lett. a) e b) dell'art. 40, adottano e trasmettono alla Giunta regionale una variante allo strumento urbanistico vigente relativa a tali aree e zone.

La Giunta regionale approva tali varianti apportando le modifiche che si rendano necessarie.

Ad approvazione avvenuta delle predette varianti o comunque decorsi tre mesi dal ricevimento da parte della Regione delle stesse, cessano di avere applicazione le misure di salvaguardia previste dall'art. 39 e, per le aree di cui alle lett. a) e b), dall'art. 40.

In mancanza della presentazione della variante di cui al primo comma del presente articolo, tali misure di salvaguardia hanno efficacia sino all'approvazione del piano territoriale regionale e dei piani di cui al titolo II della presente legge, dei piani di cui all'art. 17 della L.R. 30 novembre 1983, n. 86, "Piano regionale delle aree protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle Riserve, dei Parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale" e dei piani di cui all'art. 1-bis della legge 8 agosto 1985, n. 431, "Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale e comunque non oltre il 30 giugno 1989" (28).

 

44. Efficacia delle licenze edilizie.

Alle licenze edilizie rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, se relative a costruzioni e opere vietate dagli artt. 39 e 40, si applicano le prescrizioni di cui al penultimo comma dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni.

 

45. Vigilanza.

La Regione ed i Comuni curano, in relazione alle proprie competenze, l'applicazione del presente titolo nelle zone del territorio regionale soggette a misure di salvaguardia.

Le funzioni di sorveglianza sono esercitate dal Corpo forestale dello Stato, e dagli agenti di polizia locale urbana e rurale.

 

46. Sanzioni.

Il contravventore al divieto di:

a) apertura, riattivazione di cava o torbiera di cui al precedente art. 41 soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 500.000 a lire 5.000.000 ed è tenuto, quando ciò sia possibile, alla riduzione in pristino stato.

In caso di impossibilità tecnica di ripristino, il contravventore è tenuto al pagamento di una somma pari al valore di mercato dei materiali estratti.

b) apertura di strada o taglio di boschi senza l'autorizzazione prevista dal terzo comma del precedente art. 40 e della lett. b) dell'art. 41, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 50.000 a lire 10.000.000 ed è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi.

L'entità delle sanzioni di cui ai commi precedenti è commisurata alla gravità del danno arrecato all'ambiente.

 

47. Procedimenti di irrogazione delle sanzioni.

(29).

 

TITOLO VI

Norme transitorie e finali

48. Programmi di fabbricazione.

I vincoli di aree per attrezzature pubbliche e collettive o che comunque comportino l'inedificabilità di aree determinate, previsti dai programmi di fabbricazione di cui all'art. 34 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, hanno efficacia entro i limiti temporali di cui all'art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 e di cui all'art. 1 della legge 30 novembre 1973, n. 756, anche se previsti da programmi di fabbricazione approvati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge (30).

 

49. Adeguamento degli strumenti urbanistici generali.

L'adeguamento della pianificazione comunale alle disposizioni della presente legge è stabilito nei termini seguenti:

a) i Comuni che abbiano strumenti urbanistici vigenti, approvati posteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, debbono provvedere a dotarsi di un piano regolatore generale entro i termini fissati dal piano comprensoriale. Nelle zone agricole o prive di destinazione funzionale sono consentite esclusivamente costruzioni pertinenti la conduzione agricola, con volumetria riferita alla sola residenza annessa non superiore a 0,03 mc/mq;

b) i Comuni che abbiano strumenti urbanistici adottati dal Consiglio comunale anteriormente alla data di approvazione della presente legge da parte del Consiglio regionale, debbono adeguare i loro strumenti urbanistici alle prescrizioni della stessa, almeno per quanto riguarda:

1) dimensionamento complessivo degli insediamenti residenziali e produttivi industriali;

2) indici volumetrici massimi ed in via indicativa gli indici volumetrici minimi;

3) salvaguardia di carattere ambientale, paesaggistico e naturale.

Nelle zone agricole o prive di destinazione funzionale sono consentite esclusivamente costruzioni pertinenti la conduzione agricola, con volumetria, riferita alla sola residenza annessa, non superiore a 0,

03 mc/mq;

c) i Comuni che abbiano strumenti urbanistici vigenti, approvati anteriormente alla data di entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, sono obbligati, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e a dotarsi, entro un anno, di un piano regolatore generale conforme alle prescrizioni della presente legge.

Nei suddetti Comuni, fino alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, fuori dal perimetro del centro edificato delimitato ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, non è consentita l'autorizzazione di costruzioni residenziali o destinate ad uffici per densità fondiarie superiori a 0,03 mc/mq e di costruzioni destinate ad attività produttive con indice di copertura fondiaria superiore ad 1/10.

Dette limitazioni volumetriche e di copertura possono essere superate, previa approvazione di un piano attuativo, nel rispetto delle densità ammesse dall'art. 23 e degli standard disposti dalla presente legge;

d) i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono obbligati, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non vi abbiano già provveduto, a procedere alla perimetrazione di cui all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e a dotarsi, entro un anno, di un piano regolatore generale conforme alle prescrizioni della presente legge.

Nei suddetti Comuni fino alla data di entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico, fuori dal perimetro del centro edificato delimitato ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, non è consentita l'autorizzazione di costruzioni residenziali o destinate ad uffici per densità fondiarie superiori a 0,03 mc/mq e di costruzioni destinate ad attività produttive con indice di copertura fondiaria superiore a 1/10.

 

50. Competenze degli organismi comprensoriali e delle Comunità montane.

Dopo l'entrata in vigore del piano territoriale comprensoriale, sono emanati, con decreto del presidente della Giunta regionale, su delibera conforme del Consiglio direttivo dell'Organismo comprensoriale, territorialmente competente, salvo quanto disposto dal secondo comma del presente articolo, i seguenti provvedimenti:

a) approvazione dei piani regolatori generali e delle varianti degli stessi, nonché delle modifiche dei programmi di fabbricazione;

b) approvazione dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;

c) approvazione e richieste di modifica, nei casi e nei limiti previsti dal precedente art. 35, dei piani particolareggiati, di cui all'art. 13 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e di cui all'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

d) rilascio del nulla osta ai piani di lottizzazione nei casi previsti dal precedente art. 35, lett. a), b) e c).

Le delibere dei Consigli direttivi comprensoriali di cui al primo comma, nella stessa data d'inoltro al presidente della Giunta regionale, sono comunicate ai Comuni interessati. Avverso tali deliberazioni i Comuni possono presentare opposizione al presidente della Giunta regionale entro 30 giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione.

In tal caso il presidente della Giunta regionale, con il decreto di cui al primo comma, deciderà nei successivi 30 giorni, su conforme delibera di Giunta, sentito il Consiglio direttivo comprensoriale ed il Comune interessato, sulla opposizione proposta, e apporterà alla delibera le modifiche conseguenti.

Dopo l'entrata in vigore del piano territoriale comprensoriale, è attribuita al Consiglio direttivo dell'organismo comprensoriale territorialmente competente la funzione di adottare i seguenti atti:

a) proposte di piani paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

b) nulla osta alle licenze in deroga ai piani regolatori generali, ai regolamenti edilizi e programmi di fabbricazione, di cui all'art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357;

c) delimitazione, in via sostitutiva, dei centri edificati, a sensi dell'ultimo comma dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;

d) richiesta ai Comuni e provvedimento sostitutivo di cui rispettivamente al terzo e al quarto comma dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

 

51. Altre norme applicabili.

Per quanto non disposto dalla presente legge si applicano, ove non siano con la stessa incompatibili, le prescrizioni di cui alla legge urbanistica L. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche e di cui alle altre leggi urbanistiche statali e regionali.

Con l'entrata in vigore della presente legge cessa di essere applicato l'art. 4 della legge 1 giugno 1971, n. 291.

 

52. Dichiarazione d'urgenza.

(31).

 

ALLEGATO

Laghi

1. Maggiore (per la parte italiana)10. Montorfano2. Varese11. Alserio3. Monate12. Garlate4. Comabbio13. Mezzola5. Lugano (per la parte italiana)14. Endine6. Como15. Iseo7. Annone16. Idro8. Pusiano17. Garda9. Segrino18. Laghi di Mantova

Fiumi

1. Sesia7. Oglio2. Olona8. Chiese3. Lambro9. Mella4. Adda10. Mincio5. Brembo11. Po6. Serio12. Secchia

Canali

1. Naviglio Grande5. Muzza2. Villoresi6. Vacchelli3. Naviglio Martesana7. Naviglio d'Isorelle4. Naviglio di Pavia

 

 

 

(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 20 aprile 1975, n. 16, 2° S.

(2) Termine così elevato dall'art.1 della L.R. 14 dicembre 1987, n. 42.

(3) Articolo abrogato dall'art. 23 della L.R. 19 luglio 1982, n. 43.

(4) Comma modificato dall'art. 1 della L.R. 14 aprile 1989, n. 9.

(5) Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73.

(6) Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73

(7) Comma aggiunto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73

(8) Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73, in sostituzione dell'originario ultimo comma.

(9) Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73, in sostituzione dell'originario ultimo comma.

(10) Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73, in sostituzione dell'originario ultimo comma.

(11) Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73, in sostituzione dell'originario ultimo comma.

(12) Comma aggiunto dall'art. 2 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73, in sostituzione dell'originario ultimo comma.

(13) Comma aggiunto dall'art. 3 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73.

(14) Comma aggiunto dall'art. 3 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73.

(15) Comma aggiunto dall'art. 3 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73.

(16) Comma introdotto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1980, n. 91, in sostituzione dell'originario terzo comma.

(17) Comma introdotto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1980, n. 91, in sostituzione dell'originario terzo comma.

(18) Comma introdotto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1980, n. 91, in sostituzione dell'originario terzo comma.

(19) Comma introdotto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1980, n. 91, in sostituzione dell'originario terzo comma.

(20) Comma introdotto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1980, n. 91, in sostituzione dell'originario terzo comma.

(21) Comma introdotto dall'art. 1 della L.R. 7 giugno 1980, n. 91, in sostituzione dell'originario terzo comma.

(22) Articolo abrogato dall'art. 25 della L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

(23) Articolo abrogato dall'art. 25 della L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

(24) Articolo abrogato dall'art. 25 della L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

(25) Articolo abrogato dall'art. 24 della L.R. 2 novembre 1978, n. 63.

(26) Articolo abrogato dall'art. 9 della L.R. 12 marzo 1984, n. 14.

(27) Articolo abrogato dall'art. 25 della L.R. 5 dicembre 1977, n. 60.

(28) Comma sostituito dall'art. 1 della L.R. 18 gennaio 1980, n. 9, termine poi prorogato dalla L.R. 5 febbraio 1982, n. 8, dalla L.R. 27 gennaio 1983, n. 7, dalla L.R. 14 febbraio 1985, n. 9, dalla L.R. 19 aprile 1986, n. 8, dalla L.R. 14 dicembre 1987, n. 34 ed infine dall'art. 1 della L.R. 14 aprile 1989, n. 9.

(29) Articolo abrogato dall'art. 20 della L.R. 20 agosto 1976, n. 28.

(30) Articolo dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale 20 marzo 1978, n. 23.

(31) Si omette il testo dell'art. 52.