Cebete - Lezioni di Filosofia

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Fichte

Johann Gottlieb FICHTE

(Rommenau, 16 maggio 1762 - Berlino, 29 gennaio 1814)

1. Vita

Nasce il 19 maggio 1762 a Rommenau in Sassonia. Povero, studia nel collegio di Pforta grazie all'aiuto del barone von Miltitz. In seguito segue studi di Teologia a Jena (1780-81) e Lipsia (1781-84). Tra la carriera ecclesiastica e quella di filosofo sceglie la seconda: fa il precettore in Sassonia e poi a Zurigo (dove conosce Marie Johanne Rahn (nipote del poeta Klopstock e sua futura sposa).
Ma la sua vera passione è la filosofia kantiana scoperta occasionalmente. Dopo aver divorato la Critica della ragion pratica, nel 1791 si reca dal maestro a Königsberg e gli consegna il suo Saggio di una critica di ogni rivelazione. Il testo, uscito anonimo nel 1792, viene ritenuto dello stesso Kant (di cui si attendeva un'opera sulla religione). La divulgazione del nome del giovane autore apre a questo le porte dell'università di Jena.
Le opere di politica, filosofia e religione si alternano in un crescendo di notorietà che sfocia, però, nella censura ecclesiastica sul suo Saggio sul fondamento della nostra fede in un governo divino del mondo del 1798. La polemica che ne segue lo costringe a dimettersi nel 1799.
Si trasferisce a Berlino dove entra in contatto con ambienti massonici e romantici. A Jena frequentava Novalis, i fratelli Schlegel. A Berlino frequenta Schleiermacher.
Nel 1805 insegna a Erlangen. Nel 1806 abbandona Berlino (ci sono i Francesi!) per Königsberg, ma torna a Berlino e in occasione della fondazione dell’università di Berlino è nominato professore (1810) dove muore improvvisamente a Berlino nel 1814 (in seguito a un contagio contratto dalla moglie che si prodigava con i feriti di guerra...).
Caratteristica della sua vita è agire fuori di sé per realizzare sé. Gli scritti fino al ’94 sono molto kantiani, cambiano in seguito alla riflessione: «la cosa in sé è un ghiribizzo, un sogno, un non pensiero». Su questo si basa la sua Dottrina della scienza (più volte rielaborata).

2. Opere

1792 - Saggio di una critica di ogni rivelazione
1793 - Rivendicazione della libertà di pensiero
1794 - Contributi per rettificare i giudizi del pubblico sulla rivoluzione francese
1794 - Sul concetto di dottrina della scienza o della cosiddetta filosofia
1794 - Fondamenti dell'intera dottrina della scienza
1794 - Alcune lezioni sulla missione del dotto
1795 - Compendio di ciò che è proprio della dottrina della scienza
1797 - Fondamenti del diritto naturale
1798 - Il sistema della dottrina morale
1798 - Saggio di una nuova esposizione della dottrina della scienza
1798 - Sul fondamento della nostra fede in un governo divino del mondo
1799 - La missione dell'uomo
1800 - Lo stato commerciale chiuso
1801 - Rapporto chiaro come il sole al gran pubblico sulla vera natura della filosofia più recente
1806 - I tratti fondamentali dell'epoca presente
1806 - Introduzione alla vita beata
1806 - L'essenza del dotto e le sue manifestazioni nel campo della libertà
1807 - Discorsi alla nazione tedesca
post. - I fatti di coscienza (1810-11)
post. - Il rapporto della logica con la filosofia, ovvero la logica trascendentale (1812)

3. L'infinità dell'Io

Oltre Kant. In Kant l’io penso è l’autodeterminazione esistenziale del già esistente. Quindi limitata. Il suo limite è l’intuizione sensibile. Fichte muove dalla considerazione che la cosa in sé è una chimera. L’io è l’unico principio FORMALE e MATERIALE della conoscenza.
Ecco l'Idealismo: l'ontologizzazione del trascendentale kantiano. Quello che in Kant era solo la condizione di possibilità della conoscenza ora diviene condizione di possibilità anche dell'essenza dell'oggetto. L'attività dell'io concerne non solo il PENSIERO, ma anche la REALTA'. È quindi un’attività infinita, assoluta, libera.
Non è una deduzione trascendentale, ma metafisica. È l’io che pone o crea il soggetto e l’oggetto in virtù della sua attività creatrice che è INTUIZIONE INTELLETTUALE.
La Dottrina della scienza deduce da questo principio l’intero mondo del sapere (nella prima edizione l’infinito è l’io, poi sarà l’essere, l’assoluto, Dio oltre che io... Continuità o rottura? Grandi critici come Luigi Pareyson propendono per la continuità).

4. La Dottrina della scienza e i tre momenti della deduzione fichtiana

La dottrina della scienza. La filosofia, dice Fichte, deve essere una scienza, anzi la scienza delle scienze. Il suo principio è l’io: L’ESSERE-PER-NOI (oggetto) E' POSSIBILE SOLO SOTTO LA CONDIZIONE DELLA COSCIENZA (del soggetto) E QUESTA SOLO SOTTO LA CONDIZIONE DELL'AUTOCOSCIENZA. La coscienza è il fondamento dell’essere, l’autocoscienza è il fondamento della coscienza.
Il principio della scienza è, quindi, quello di identità A=A. Ma a fondamento dell’A=A c’è l’io che dice: A=A, e questo io è Io. Quindi il principio supremo della scienza non è A=A ma Io=Io! Mentre A=A, infatti, è posto (dall’Io). Io=Io non è posto da altri che dall’Io stesso: e questa è l’autocreazione dell’Io.
Non operari sequitur esse, ma esse sequitur operari. L’essere dell’Io è il frutto della sua azione, il risultato della sua libertà. ICH IST TATHANDLUNG (dove Tat è attività agente e Handlung è prodotto d’azione).
Cfr. W. Goethe, Faust I, 1237: «In principio era l’azione».

N.B. Il principio della realtà e il principio della razionalità sono lo stesso principio, ossia il principio della logica. Tale principio (il principio di identità) non è un'affermazione statica e immota ("A", "io"), ma una azione nella quale l'io si pone uguale a se stesso. In teoria non cambia nulla, in realtà cambia tutto: tra l'io e l'io=io vi passa l'abisso che passa tra la morte e la vita, tra l'immobilità e il dinamismo, tra la sterilità e il pensiero. Essere ciò che si è è facile e non costa nulla. Porsi uguali a se stessi, ovvero diventare se stessi è la massima conquista a cui aspira il romantico. Non quello che sono, quindi, ma quello che divento è la mia vera realtà.
Dire "Io" è dire nulla, dire "Io=Io" è mettere in moto un'azione, una tensione, una realizzazione, una coscienza, un sapere, una storia, una vita! E' troppo facile essere ciò che si è, e non vi è alcun merito. Diventare ciò che si è, ciò che si deve essere, questo è il cammino della filosofia e dell'intera umanità.
Va ricordato che siamo in piena rivoluzione francese. Le libertà conquistate sono le uniche autentiche!

La dialettica. Pertanto:
- MOMENTO 1: l’Io pone se stesso come attività libera e infinita (priva di costrizioni esterne);
- MOMENTO 2: applicando il principio dialettico di Eraclito (non c’è positivo senza negativo) e di Spinoza (omnis determinatio est negatio) Fichte dice che l’Io non sarebbe Io se non si trovasse di fronte all’ostacolo di un non-Io. L’Io quindi non solo pone se stesso, ma oppone a se stesso un non-Io. Ma sempre dall’Io e nell’Io;
- MOMENTO 3: L’Io avendo posto per necessità il non-Io si trova da esso limitato. Ecco il mondo.

Un soggetto e un oggetto entrambi finiti che si oppongono (Io e Natura). Ma entrambi sono stati posti dall’Io infinito.
«L’Io oppone, nell’Io, all’Io divisibile un non-Io divisibile» (dove divisibile sta per finito).

Ecco la nuova metafisica dello Spirito e del Soggetto: la spiegazione della realtà a partire dall’io. Notiamo che:
- I momenti non sono cronologici, che l’Io è finito e infinito, che l’infinito è l’insieme dei finiti, che l’Io puro non è solo sostanza ma meta.
- L’Io infinito è la sostanza e la missione dell’io finito: l’uomo è uno sforzo (Streben) infinito verso la libertà, una lotta inesauribile contro il limite (la natura e gli istinti egoistico-irrazionali).
- L’Io infinito è il dover-essere dell’Io finito, come lo è l’umanità per l’uomo. Pertanto l’uomo deve umanizzare, spiritualizzare il mondo.

L’essenza dell’Io è lo streben. Si introduce il CONCETTO DINAMICO DI PERFEZIONE: «Frei sein ist Nichts, frei werden ist der Himmel!».

5. Scelta tra dogmatismo e idealismo

Dogmatismo e idealismo. Dopo Kant si può scegliere:
a) il dogmatismo realistico naturalistico materialistico deterministico che parte dalla natura per arrivare allo Spirito;
b) o l’idealismo che esalta la libertà del soggetto, e giunge alla Natura solo partendo dallo Spirito: esso insegna come essere uomini sia sforzo e conquista.

Dovrebbe essere una questione di inclinazione personale, al fiacco conviene trovar tutto pronto fuori di sé , il coraggioso invece libero preferisce lo sforzo. È una “scelta di fondo”, ma Fichte tenta, in tutti i modi di dimostrare che solo l’idealismo spiega il mondo e che in ultima istanza il dogmatismo non spiega né lo Spirito né la Natura.

6. La dottrina della conoscenza

L'azione del Non-Io sull'Io. Dalla relazione Io-mondo nasce la conoscenza (rappresentazione). La rappresentazione è il prodotto dell’attività riflessa dell’Io stesso che produce il non-Io che produce l’affezione. È un rimbalzo.

Però il non-Io appare sussistere per sé prima dell’Io nell’atto rappresentativo, una sorta di già dato, che però l’Io stesso mediante l’immaginazione produttiva ha prodotto rimanendone tuttavia incosciente. L’immaginazione è l’atto di disporsi a porre-creare non solo la forma ma le condizioni materiali della rappresentazione, e, come atto originario è inconsapevole (è questo uno dei passi più oscuri). Il non-Io non è una parvenza ingannatrice, ma una realtà che l’io empirico deve progressivamente interiorizzare (sensazione, intuizione, intelletto, giudizio, ragione).

7. La dottrina orale e la missione del dotto

L'azione dell'Io sul non-Io. La relazione tra Io e non-Io costituisce la conoscenza e l’azione morale. L’attività del non-Io sull’Io costituisce la rappresentazione, l’attività dell’Io sul non-Io costituisce l’azione morale.

L’esigenza morale è il vero significato dell’infinità dell’Io. L’Io è infinito in quanto si rende tale, svincolandosi dagli oggetti che esso stesso pone perché senza di essi la sua libertà infinita non sarebbe possibile.

L’azione morale è il costante sforzo di vincere la resistenza dell’oggetto, e di realizzare l’indipendenza dell’Io che non può negare la libertà dell’altro. È proprio il riconoscimento dei limiti originari della libertà che fa dell’Io un particolare individuo.

I diversi che si limitano a vicenda, per raggiungere la libertà devono cooperare in una reciprocità d’azione che fonda la comunità etica (Chiesa) e politica (Stato) e anche quella dei dotti.

È una classe particolare, quella dei dotti, in cui ognuno rivendica la capacità di investigare liberamente. La missione del dotto: l’unico vero fine della società umana è la realizzazione della perfezione morale, attraverso un infinito progressivo. Solo il dotto, anzi, i dotti possono guidare la società su questa via.

8. La filosofia politica

Lo Stato e la Nazione. La prima fase della filosofia politica di Fichte è caratterizzata dalla convinzione che il fine ultimo della vita comunitaria sia la società perfetta (insieme di esseri liberi e ragionevoli), e lo Stato, un mezzo finalizzato al proprio annientamento. Lo stato è solo il garante e il realizzatore del diritto naturale (libertà, proprietà, conservazione) per quel che riguarda le sue manifestazioni esterne. Poi si evolve l’idea di Stato socialistico che sorvegli l’intera produzione e autarchico, chiuso commercialmente e autosufficiente.

La seconda fase nasce dalle guerre napoleoniche: non più i dotti ma il popolo per cui ci vuole l’educazione in un modo che diventi un NOI SPIRITUALE: la NAZIONE. Ebbene Fichte qui è nazionalistico e patriottico: il popolo tedesco è l’Urvolk, per il suo carattere fondamentale, la lingua non contaminata, la Germania è il sale della terra, l’eletta, cade lei cade l’umanità.

9. La seconda fase: crisi del sistema

Finito e infinito. L’Io è infinito e finito al tempo stesso nell’uomo: il finito si identifica con l’infinito. Ma l’infinito si esaurisce nel finito? La divinità si esaurisce nell’uomo? Il secondo Fichte dice di no. Il sapere umano non è l’Assoluto che riposa saldo in se stesso ma solo la sua immagine, l’esteriorizzazione, è l’essere di Dio fuori di Dio.

La metafisica fichtiana termina nel misticismo di Dio limite superiore del sapere, anzi distruttore di ogni sapere nella luce divina. Il pensiero raggiunge “l’esistenza di Dio” cioè la sua rivelazione, ma l’essere rimane al di là.

In principio era il Logos. Partito dal riconoscimento dell’Io infinito come principio di deduzione della natura finita, Fichte giunge a riconoscere il principio infinito al di là dell’Io, nell’Essere, Dio. Rottura o continuità Io-Dio. Tutto sta nell’interpretazione della diversità, frattura o approfondimento? (l’ultimo è accettato dai più moderni).

10. La filosofia della storia

La storia è il progressivo realizzarsi della ragione nella sua libertà: è lo sviluppo della coscienza e del sapere dalla determinazione dell’istinto alla piena libertà della ragione (cfr. il mondo dei fini di Kant).

Conclusioni

«Fichte è un titano che lotta per l’umanità» (Hölderlin, Lettera a Hegel) che presto sarà costretto a cedere il posto a ben più rumorosi seguaci. È finito per essere solo in funzione di Hegel, ma il suo pensiero è tutto da studiare.


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