Cebete - Lezioni di Filosofia

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I. Kant

Sommario

1. VITA

2. OPERE

3. LA DISSERTAZIONE DEL 1770

4. LA CRITICA DELLA RAGIONE PURA

5. ESTETICA TRASCENDENTALE

6. ANALITICA TRASCENDENTALE

7. DIALETTICA TRASCENDENTALE

8. CRITICA DELLA RAGIONE PRATICA

9. CRITICA DEL GIUDIZIO

Approfondimenti

1. LESSICO KANTIANO

2. ...

Mappe conettuali

1. ...

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Argomenti correlati

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Immanuel Kant

(22 aprile 1724 - 28 febbraio 1804)

1. Vita

Nasce a Königsberg il 22 Aprile 1724 (ora Kaliningrad) da una famiglia modesta di artigiani: Giovanni Giorgio (sellaio) e Anna Regina Reuter che lo vuole laborioso, onesto, leale e lo educa al rigore morale pietista; sperimenta la morte prematura di alcuni fratelli e sorelle; sviluppa amore per la bellezza della natura e tramite essa si apre a Dio.

Educazione – culturale e religiosa presso il Collegium Fredericianum di impostazione pietista (F.A.Schultz): numerose pratiche di pietà e severa disciplina. Kant ricorderà con angoscia questa esperienza giovanile che forse contribuirà ad allontanarlo dalla religione positiva. Orario pesante di scuola: 42 ore settimanali, di cui 20 di Latino solo per imparare le tecniche per scrivere. Carenze nella lingua e cultura greca... non legge i classici!

Università – Nel 1740 si iscrive alla facoltà di Filosofia nell'università della sua città, si laurea nel 1747. Approfondisce con passione gli studi scientifici che prevalgono in questo primo periodo (Martin Knutzen, newtoniano). Dal 1847 al 1854 per vivere deve fare il precettore, il funerale dei genitori è pagato dal comune!

Carriera universitaria – Inizia nel 1755 con la libera docenza. Guadagna in proporzione al numero degli studenti che frequentano il suo corso, deve quindi insegnare molte ore per aumentare le sue entrate (ve lo immaginate passare con il cappello dopo la lezione?). Nel 1758 partecipa con lo scritto Monadologia physica a un concorso per diventare professore ordinario (si era liberata la cattedra di Logica e Metafisica), ma gli viene preferito un personaggio di poco valore (tal Buck). Del 1762 è l’incontro con il pensiero di David Hume che lo sveglia dal sonno dogmatico e del 1769 la "grande luce". Nel 1770, liberandosi nuovamente la cattedra di Logica e Metafisica, concorre e vince con la Dissertazione in cui già è presentata la svolta critica (De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis). Ora ha uno stipendio fisso e più decoroso per cui diminuisce le ore di lezione per dedicarsi maggiormente allo studio. Insegna con impegno e con molta puntualità secondo il suo stile: più filosofare che filosofia, come affermò. Gli anni tra il 1770 e il 1781 sono di intensa meditazione - non pubblica quasi nulla.
In seguito alla pubblicazione della Critica della ragion pura nel 1781, della Critica della ragione pratica del 1788 e della Critica del giudizio del 1790 gli viene offerta la possibilità di fare carriera universitaria, ma rifiuta sempre, preferendo restare nella quieta vita di provincia (anche per motivi di salute). Fu apprezzato durante il periodo di Federico II, ma alla sua morte (1786), cambia il clima politico (Federico Guglielmo II) e culturale: gli viene censurata un'opera sulla religione (La ragione nei limiti della semplice ragione) e viene diffidato (1794). Kant ubbidisce: se è vero che la menzogna non va mai detta, non è meno vero che la verità non sempre va apertamente proclamata.
Muore il 28 febbraio 1804 mal ridotto per la decadenza fisica e intellettuale (quasi cieco e senza memoria).

2. Opere

1746 - 

Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive

1755 - 

Storia naturale universale e teoria del cielo

De igne

Principiorum primorum cognitionis metaphysucae nova delucidatio

1756 - 

I terremoti

Teoria dei venti

Monadologia physica

1757 - 

Progetti di un collegio di geografia fisica

1759 - 

Sull'ottimismo

1762 - 

La falsa sottigliezza delle quattro figure sillogistiche

1763 - 

L’unico argomento possibile per dimostrare l’esistenza di Dio

Saggio per introdurre in metafisica il concetto di grandezze negative

1764 - 

Osservazione sul sentimento del bello e del sublime

Ricerca sull’evidenza dei principi della teologia naturale e della morale

1765 - 

Notizia sull’indirizzo delle lezioni per il semestre invernale 1765-1766

1766 - 

Sogni di un visionario chiariti coi sogni della metafisica

1770 - 

De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis

1781 - 

Critica della ragion pura

1783 - 

Prolegomeni ad ogni metafisica futura che voglia presentarsi come scienza

1784 - 

Idee di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico

Risposta alla domanda che cos’è l’Illuminismo

1785 - 

Fondazione della metafisica dei costumi

1786 - 

Principi metafisici della scienza della natura

1788 - 

Critica della ragione pratica

1790 - 

Critica del giudizio

1793 - 

La religione nei limiti della semplice ragione

1795 - 

Per la pace perpetua

1797 - 

La metafisica dei costumi

1798 - 

Il conflitto delle facoltà

1802 - 

Geografia fisica

1803 - 

La pedagogia

 

Carattere - Profondamente onesto, ligio al dovere e sincero, nel 1766 accettò un posto di vicebibliotecario nella biblioteca della sua città. Nonostante la mancanza di riscaldamento e i pavimenti in freddo marmo non mancò mai dal lavoro neanche quando la temperatura fece gelare l'inchiostro dei calamai, come risulta dai registri delle presenze.
Visse del proprio lavoro, assiduo e faticoso e non si lasciò affascinare né dal denaro né dalla gloria – rifiutò possibilità di carriera e migliori stipendi in Università più famose (come la prestigiosa università di Halle, propostagli dal barone von Zedlitz – Ministro della Istruzione destinatario della dedica della Critica della ragion pura).
Fu sempre rispettoso dell'autorità e metodico e scrupoloso nella vita quotidiana: si alzava sempre alle 5 di mattina, faceva la sua passeggiata quotidiana alle 4 (si racconta che gli abitanti del suo paese rimettessero gli orologi alle uscite di Kant; una sola eccezione quando, allo scoppio della rivoluzione francese: uscì prima per andare incontro al messaggero che portava le notizie).
Pensava concentrandosi guardando una torre che si vedeva dalla sua finestra. Quando con il cambio del proprietario del terreno vicino su cui essa sorgeva gli fu coperta da alcuni alberi piantati, non riuscì più a pensare. Dovette intervenire il comune che dopo varie insistenze riuscì a convincere il proprietario a tagliare gli alberi e Kant riuscì nuovamente a pensare!

Rapporti umani – Aiutava i poveri tramite istituzioni; personalmente non faceva mai elemosina. Aiutò chi era in difficoltà, ad es. Johann Gottlieb Fichte (ma quando questi lo tradì forzando il suo pensiero nell’idealismo spiritualista, prima lottò poi tacque). Amava la compagnia di amici ma non ebbe mai un amico intimo – non amava parlare di filosofia in pubblico forse anche per rilassarsi. Non fu molto legato a suoi famigliari che molto raramente vedeva. Non andò mai a trovare la sorella: ad un fratello rispondeva alle lettere dopo anni. Particolarmente brutto, non si sposò anche per dedicarsi totalmente alla scienza. “Vergiß Lampe” (dimentica Lampe!) il cartello che si mise davanti alla scrivania dopo la morte del suo fedele servitore (quello che lo doveva buttare giù dal letto con l’ordine di ignorare gli improperi – poi, puntualmente Kant lo ringraziava).

U.D. 3

Unità didattica n. 3
Cfr. I. Kant, De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis

La Dissertazione del 1770 Torna all'inizio

Negli scritti precritici (quelli prima del 1770) Kant oscilla tra razionalismo ed empirismo, tra ammettere o no la possibilità della metafisica. La svolta avviene nel 1770 con la pubblicazione della Dissertazione in cui, con la "grande luce", inizia la RIVOLUZIONE COPERNICANA nel campo della filosofia.

La Rivoluzione copernicana - Secondo Kant la geometria nacque quando TALETE comprese che essa era UNA CREAZIONE DELLA MENTE UMANA. Analogamente nella fisica con la scoperta che la ragione trova nella natura ciò che essa stessa vi pone.
La metafisica invece è rimasta a livello prescientifico. Può essa divenire scienza e a quali condizioni? Kant introduce una rivoluzione copernicana nel campo della conoscenza, analoga a quella di Copernico nell'astronomia, supponendo che fosse L'OGGETTO A RUOTARE INTORNO AL SOGGETTO e non viceversa, come sino ad allora era stato sempre creduto. Perciò non è il soggetto che riceve le leggi dall'oggetto, dalla natura, ma viceversa è l'oggetto che si adatta al soggetto da cui ne riceve le leggi.
Gli oggetti quindi si regolano sulla natura delle nostre facoltà conoscitive.

La tesi fondamentale del '70 è la distinzione tra:
– CONOSCENZA SENSIBILE ricettiva (passiva) che coglie le cose UTI APPARENT (FENOMENO)
– e CONOSCENZA INTELLETTIVA che è facoltà rappresentativa che coglie le cose SICUTI SUNT, così come esse sono nella loro natura intelligibile all’uomo (NOUMENO).

Data questa distinzione Kant si sofferma principalmente sulla conoscenza sensibile. In questa bisogna distinguere una materia e una forma:
– la MATERIA è il molteplice dato sensibile, la sensazione
– la FORMA è la legge che ordina la materia, è indipendente dalla sensazione.

Infine, la conoscenza sensitiva è una INTUIZIONE, cioè conoscenza immediata delle cose nello SPAZIO e nel TEMPO che sono le FORME DELLA SENSIBILITA', CIOE' I MODI CON CUI IL SOGGETTO COGLIE SENSIBILMENTE LE COSE (e non i modi di esistere delle cose stesse), cioè ancora: non è il soggetto che nella conoscenza sensibile si deve adeguare all'oggetto, ma, viceversa, è l’oggetto che, nell'atto conoscitivo, si deve adeguare alle strutture conoscitive del soggetto.

Ora però, la sola conoscenza sensibile è APPARENZA che necessita della organizzazione dell’INTELLETTO per divenire vera e propria ESPERIENZA.

Ricapitolando (ma non solo):
Oggetto dell’esperienza sono i fenomeni.
Forme dei fenomeni sono lo spazio e il tempo.
Queste sono INTUIZIONI indipendenti dall’esperienza e quindi PURE (= a priori, a prescindere dall'esperienza).
Queste, ancora, NON SONO REALTA' OGGETTIVE, MA CONDIZIONI SOGGETTIVE (ossia del soggetto, non relative!) NECESSARIE ALLA MENTE UMANA PER ORDINARE I DATI SENSIBILI.

Definizione di trascendentale
"che riguarda le condizioni di possibilità della conoscenza"
(in tedesco: transzendental)

NB. 1 – Kant utilizza un termine ben preciso per indicare CIO' CHE RIGUARDA LE CONDIZIONI DI POSSIBILITA' DELLA CONOSCENZA: TRASCENDENTALE.
Dice Kant: « Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli oggetti, in quanto questa dev'essere possibile a priori » (Critica della ragion pura, Introduzione, sez. VII).
Mentre per la filosofia tomista i trascendentali (come sostantivo) erano le caratteristiche proprie dell'ente in quanto ente (a prescindere dall'essenza particolare), ora il trascendentale si presenta solo come aggettivo (si noti bene!) e sta a indicare, appunto, i caratteri della conoscenza a prescindere dal conosciuto.
Per esempio: lo spazio è una forma trascendentale della conoscenza sensibile in quanto tutto quel che conosciamo sensibilmente lo conosciamo nello spazio, sia esso indifferentemente un cavallo o una sedia (a prescindere cioè dalla materia conosciuta sensibilmente).

Definizione di intuizione
« conoscenza che si riferisce immediatamente agli oggetti »
(in tedesco: Anschauung)

NB. 2 – Kant riferisce il termine INTUIZIONE solo ed esclusivamente alla conoscenza sensibile. Essa è « conoscenza che si riferisce immediatamente agli oggetti » (Critica della ragion pura, § 1), mentre il pensiero vi si riferisce mediatamente, ossia attraverso le intuizioni.
Kant non concepisce per l'uomo alcuna forma di intuizione intellettuale. Essa sarebbe propria esclusivamente di Dio, poiché consisterebbe nell'apprensione immediata e immateriale della realtà in sé (a prescindere da come essa appare nei fenomeni). Al contrario per Kant si ha intuizione solo dei fenomeni.
A loro volta le intuizioni (ripeto: solo sensibili) possono essere EMPIRICHE o PURE. Empiriche sono quelle intuizioni riferite a oggetti sensibili (riempite quindi di materia dalla sensibilità); pure sono quelle intuizioni riferite alle forme a priori della sensibilità (spazio e tempo). Ripeto: SPAZIO e TEMPO sono INTUIZIONI PURE.

U.D. 4

La prima "Critica"
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura

La Critica della ragione pura Torna all'inizio

Analisi del titolo:
CRITICA = è un procedimento che sottopone una facoltà umana a un giudizio preventivo delle sue possibilità e dei suoi limiti.
DELLA = è sia genitivo soggettivo (la ragione che critica) sia genitivo oggettivo (la ragione che è criticata).
RAGIONE = in generale è la facoltà conoscitiva superiore (contrapposta a quella inferiore che è la sensibilità) e comprende quindi anche l'intelletto.In senso più stretto si contrappone anche all'intelletto ed è la facoltà dei primi principi, quella che esige l'incondizionato e si spinge oltre i limiti dell'esperienza possibile (in seguito si vedrà anche che la ragione può essere considerata oltre che nel suo uso teoretico anche nel suo uso pratico).
PURA = che prescinde da qualsiasi elemento empirico, che non è contaminato dall'esperienza. Pura è la ragione che opera da sola senza collaborare con altre facoltà (sensibilità o intelletto).

Nella Prefazione del 1781 si afferma che la Critica della ragione pura è « un tribunale che garantisca la ragione nelle sue pretese legittime e condanni quelle che non hanno fondamento ».

Critica della ragione pura significa quindi l'analisi della nostre facoltà conoscitive prima che siano contaminate dall'esperienza. La ragione di fronte al tribunale di se stessa.

La scienza e il problema critico
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura

Il problema critico – Il problema principale di Kant è quello della SCIENZA.
Essa è un sapere certo, incontrovertibile, indubitabile. Ma su cosa si fonda la sua CERTEZZA? Ossia la scienza esiste, cioè è possibile DI FATTO, ma è possibile anche DI DIRITTO?
E inoltre, come quesito derivato, la METAFISICA PUO' ESSERE UNA SCIENZA?

La conoscenza per essere scientifica deve essere:
– UNIVERSALE E NECESSARIA,
– AMPLIATIVA DEL CONOSCERE.

Definizione di giudizio
« una proposizione in cui si esprime l'attività unificatrice dell'intelletto secondo le categorie »
(in tedesco: Urteil)

I giudizi – La scienza si esprime tramite giudizi. Ora, quale tipo di giudizio realizza queste due condizioni?
Innanzitutto il GIUDIZIO è un atto predicativo, una proposizione in cui si esprime l'attività unificatrice dell'intelletto secondo le categorie. In esso vengono connessi due concetti: uno funge da soggetto, un altro da predicato; i giudizi possono essere:
a) ANALITICI quando i predicati sono ottenuti per analisi del soggetto (es. il corpo è esteso),
b) SINTETICI quando il predicato aggiunge qualcosa al soggetto (es. il corpo è pesante).

I giudizi possono inoltre essere A PRIORI (a prescindere dall'esperienza) o A POSTERIORI (fondati sull'esperienza), per cui le combinazioni possibili sono:
giudizi analitici a posteriori (non sono possibili!);
giudizi analitici a priori (sono utilizzati dai RAZIONALISTI, sono universali e necessari, si fondano sul principio di identità e di non contraddizione, ma non ampliano la conoscenza perché il predicato specifica, chiarifica, analizza quanto espresso nel soggetto, per cui non possono essere i giudizi tipici della scienza (sono sterili, chiariscono solo);
giudizi sintetici a posteriori (sono usati dagli EMPIRISTI, ampliano il conoscere, ma non sono universali e necessari perché si fondano sull'esperienza sempre particolare (sono fecondi ma non costituiscono scienza);
giudizi sintetici a priori (li usa KANT!)

 I giudizi sintetici a priori
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura

Giudizio sintetico a priori – Secondo Kant è il giudizio usato dalla scienza poiché riassume in sé le due connotazioni della scienza: universalità e necessità (= A PRIORI) e ampliativo del conoscere (=SINTETICO).

I Giudizi sintetici a priori sono INTUIZIONI CHE SI APPLICANO ALLA CONOSCENZA MA NON ALL'ESPERIENZA!

I giudizi della matematica e della geometria sono sintetici a priori: es. 5+7=12 è intuito mediante il contare delle dita e quindi viene costruito. Analogamente per i giudizi della geometria: es. la linea retta è la più breve tra due punti; etc.

Il problema fondamentale di Kant è di trovare quale sia il FONDAMENTO dei giudizi sintetici a priori.

U.D. 5

Estetica trascendentale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Estetica trascendentale

Estetica trascendentale Torna all'inizio

La Critica della ragione pura si divide in due grandi sezioni:
- Dottrina trascendentale degli elementi
- Dottrina trascendentale del metodo.

Nella Dottrina trascendentale degli elementi Kant intende fare una stima del materiale a disposizione per la conoscenza umana al fine di determinare poi per quale edificio è sufficiente (se per la scienza matematica, la scienza fisica o la scienza metafisica...) e quali saranno l'altezza e la solidità di tale edificio.
Nella Dottrina trascendentale del metodo vuole determinare le condizioni formali di un sistema completo della ragione pura.

La Dottrina trascendentale degli elementi a sua volta si compone di due sezioni:
- Estetica trascendentale;
- Logica trascendentale.

L'Estetica trascendentale studia i principi a priori della sensibilità (dimostra la possibilità di giudizi sintetici a priori delle scienze matematiche in genere).
La Logica trascendentale studia i principi a priori della conoscenza intellettuale e si divide a sua volta in:
- Analitica Trascendentale;
- Dialettica Trascendentale.

L'Analitica trascendentale analizza i principi a priori del pensiero nella sua corretta attività conoscitiva.
La Dialettica trascendentale critica i procedimenti a priori illusori della ragione, è la logica dell'illusione.

Riassumento: DISCIPLINA - FACOLTÀ - FORME A PRIORI
-----------------------------------------------------------------------------------------
1. ESTETICA TRASCENDENTALE - SENSIBILITÀ - SPAZIO TEMPO
2. ANALITICA TRASCENDENTALE - INTELLETTO - CATEGORIE (12)
3. DIALETTICA TRASCENDENTALE - RAGIONE - IDEE (3)

Quindi – premesso che la sensazione è una modificazione passiva che il soggetto riceve, un'azione che l'oggetto produce sul soggetto, modificandolo e che la sensibilità è la facoltà del sentire – l'Estetica trascendentale è quella parte della Critica della ragione pura che ricerca le condizioni a priori della conoscenza sensibile. Ossia di quella conoscenza nella quale gli oggetti sono DATI (mentre nella conoscenza dell'intelletto gli oggetti sono PENSATI).

Spazio & Tempo
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Estetica trascendentale

Spazio & Tempo - Spazio e tempo non sono "determinazioni ontologiche" proprie degli oggetti, ma i MODI e le FUNZIONI del soggetto conoscente, i modi di conoscere del soggetto:
· lo SPAZIO è la forma (a priori) del senso esterno: tutti gli oggetti esterni percepiti sono percepiti nello spazio
· il TEMPO è la forma (a priori) del senso esterno e del senso interno: tutti gli oggetti esterni percepiti sono percepiti nel tempo, ma anche tutti gli oggetti di pensiero (i pensieri) sono nel tempo (si immagini un sillogismo: la conclusione "segue" temporalmente le premesse).

Perciò spazio e tempo NON SONO realtà assolute, non sono condizioni o qualità o proprietà delle cose stesse, né infine essi si danno indipendentemente dalla forma della nostra intuizione sensibile.

Al contrario essi hanno REALTÀ EMPIRICA (in quanto tutti gli oggetti debbono sottostare ad essi e in essi noi esperiamo la realtà) e IDEALITÀ TRASCENDENTALE (in quanto sono forme della nostra intuizione sensibile).
PS. Si noti il termine "idealità": non vuol dire idea (termine che avrà un significato specifico nella Dialettica trascendentale) ma è solo usato in contrapposizione con "realtà".

Geometria & Matematica
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Estetica trascendentale

Lo spazio e il tempo sono il fondamento della geometria e della matematica - La Geometria e la Matematica sono delle SCIENZE AUTENTICHE E GIUSTIFICATE, dice Kant. Esse si riferiscono all'esperienza mediante GIUDIZI SINTETICI A PRIORI, i quali (come sappiamo) sono universali e necessari e, allo stesso tempo, ampliano la conoscenza.
Sono universali e necessari in quanto la forma della loro conoscenza dipende da noi (dalle forme, dalle intuizioni pure di spazio e tempo), e ampliano la conoscenza in quanto si riferiscono all'esperienza e quindi il contenuto della loro conoscenza viene dall'esterno.

Sullo spazio si fonda la geometria, sul tempo si fonda la matematica.

Quindi i giudizi sintetici a priori sono possibili tramite la presenza in noi di forme a priori.
Tuttavia è bene rilevare che anche se geometria e matematica hanno valore universale e necessario ciò è riguarda solo ed esclusivamente l'ambito FENOMENICO.

Nota bene!

NB. – La geometria è scienza poiché io posso sapere con certezza e a priori che, ad esempio, la somma degli angoli interni di un rettangolo è 360°. Questo a prescindere dall'esperienza concreta di questo o quell'oggetto a forma rettangolare.
E' una scienza pertanto che non si riferisce all'esprerienza particolare, ma alla POSSIBILE esperienza: tutti i rettangolo che possiamo sperimentare hanno la somma degli angoli interni pari a 360°.
Questo non dipende né dalle condizioni dell'osservazione né dall'oggetto osservato, ma solo dalle strutture a priori (o forme) della conoscenza sensibile. Conoscenza sensibile che non può che avere luogo secondo modalità spaziali e temporali.

U.D. 6

Analitica trascendentale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Analitica trascendentale

Analitica trascendentale Torna all'inizio

La LOGICA è la scienza dell'intelletto in generale e si divide in:
1) LOGICA GENERALE, o FORMALE che studia le strutture o i modi di funzionare del pensiero prescindendo dai contenuti;
2) LOGICA TRASCENDENTALE che invece non prescinde dai contenuti.

Ora, la logica formale è nata perfetta già con Aristotele, dice Kant, mentre quella trascendentale è tutta da sviluppare e si divide a sua volta in:
1) ANALITICA TRASCENDENTALE che cerca di scomporre l'intelletto, di risolverlo nei suoi elementi costitutivi per ricercare in esso i concetti a priori e studiarne l'uso in modo sistematico;
2) e DIALETTICA TRASCENDENTALE.

L'Analitica trascendentale è quella parte della Critica della ragione pura che ricerca le condizioni a priori della conoscenza intellettuale.
La sola sensibilità non produce propriamente conoscenza: le intuizioni (empiriche) sarebbero materiale grezzo se non fosse ordinato, catalogato e UNIFICATO dalla facoltà dell'INTELLETTO mediante le sue forme a priori: i CONCETTI.
Allo stesso modo però i concetti dell'intelletto senza il contenuto sensibile fornito dalle intuizioni sarebbero vuoti e non produrrebbero alcuna conoscenza: "i pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche".

Analogamente all'Estetica, Kant distingue tra:
a) CONCETTI EMPIRICI quelli in cui sono mescolati elementi sensibili,
b) CONCETTI PURI (o categorie) che non li contengono.
La Logica trascendentale si occupa dell'intelletto che ha come contenuto le intuizioni pure di spazio e tempo, quindi fa astrazione dai contenuti empirici, ma non dai legami con le intuizioni pure. Essa studia quindi quei CONCETTI che provengono a priori dall'intelletto e che si riferiscono, ancora a priori, agli oggetti.

La Deduzione trascendentale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Analitica trascendentale

Le categorie e la loro deduzione
Per Kant l'intelletto non intuisce ma unifica, ordina un molteplice sensibile sotto una rappresentazione intellettuale comune.

L'intelletto è quindi la FACOLTÀ DI GIUDICARE
- i CONCETTI PURI O CATEGORIE sono i vari modi con cui l'intelletto unifica e sintetizza
- anche le categorie non sono modi dell'essere (leges entis) ma MODI DI FUNZIONARE DEL PENSIERO (leges mentis), forme sintetizzatrici
- vi saranno tante categorie quante sono le forme del giudizio
- siccome 12 sono i giudizi 12 dovranno essere le categorie
- dopo averne elencato il numero Kant deve giustificarne il valore
- ciò viene operato tramite la DEDUZIONE TRASCENDENTALE che significa giustificazione della pretesa della validità conoscitiva delle categorie
- la soluzione è analoga a quella dell'estetica circa la sensibilità
- come le cose vengono spazializzate e temporalizzate tramite delle forme a priori analogamente il Soggetto pensando le cose le ordina concettualmente secondo i modi propri del pensiero

- con l'analitica trascendentale Kant giustifica la conoscenza scientifica (fisica) ma solo a livello fenomenico

L'Io penso
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Analitica trascendentale

L'Io penso o appercezione trascendentale
Ma chi opera i processi sintetici? Secondo Kant l'IO PENSO, cioè l'unità della Coscienza o Autocoscienza. Esso accompagna quindi tutta la nostra conoscenza ma non va confuso né con l'Io noumeno né con l'io empirico in quanto esso è:
1) ATTIVITÀ unificatrice e sintetizzante,
2) una FUNZIONE di sintesi e non sostanza,
3) la FORMA delle forme,
4) l'UNITÀ SINTETICA dell'appercezione,
5) APPERCEZIONE TRASCENDENTALE.

Lo Schematismo trascendentale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Analitica trascendentale

Lo schematismo trascendentale
Poiché intuizioni e concetti sono eterogenei, Kant cerca un modo di conciliarli.
Ciò avviene attraverso quello che lui chiama SCHEMATISMO TRASCENDENTALE, ossia quella dottrina che presuppone l'esistenza di una facoltà intermedia tra sensi e intelletto che chiama IMMAGINAZIONE TRASCENDENTALE.
La conciliazione avviene attraverso la forma del tempo in quanto esso è:
a) da un lato come condizione delle rappresentazioni sensibili è omogeneo rispetto ai fenomeni;
b) dall'altro come forma è a priori e quindi omogeneo alle categorie;
c) in più ogni pensiero si sviluppa nel tempo, per cui il tempo è anche la forma del senso interno.
Pertanto una categorie può essere applicata al dato sensibile in relazione al tempo, e lo schema è dunque una DETERMINAZIONE A PRIORI DEL TEMPO; es. il cane dipinto è una immagine, quadrupede è uno schema.

Dal momento che vi sono 12 categorie, 12 dovranno essere gli schemi es.:
a) per la sostanza lo schema è la permanenza nel tempo
b) per la causalità la successione temporale del molteplice
c) per l'azione reciproca la simultaneità temporale
d) per la realtà è l'esistenza in un determinato tempo
e) per la necessità è l'esistenza di un oggetto in ogni tempo
etc.

Noumeno e Fenomeno
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Analitica trascendentale

Noumeno (cosa in sé pensata) e fenomeno 
La realtà fenomenica presuppone la realtà in sé quale suo fondamento e fonte
Tuttavia noi non possiamo conoscerla; perciò Kant piuttosto che parlare di sostanza parla di noumeno, pensabile ma non conoscibile.

Secondo Kant il noumeno si può intendere in due modi:
a) in senso negativo esso è la cosa esistente in sé
b) in senso positivo sarebbe l'oggetto di una intuizione intellettiva
Ora, secondo Kant noi possiamo intendere il noumeno in senso negativo e non in senso positivo (cioè averlo come oggetto del pensiero). Quindi il noumeno può essere pensato ma non conosciuto. Esso è UN CONCETTO LIMITE.

U.D. 7

Dialettica trascendentale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Dialettica trascendentale

Dialettica trascendentale Torna all'inizio

La concezione kantiana della dialettica - La parola "dialettica" ha assunto nella storia della filosofia diversi significati: tra i più importanti quello platonico e quello hegeliano.
Per Kant essa significa LOGICA DELL'APPARENZA. Nell'estetica e nell' analitica trascendentale abbiamo visto come per Kant le forme e le categorie valgono solo nel mondo fenomenico. Quando la ragione tenta di spingersi al di là dell'esperienza cade inesorabilmente in una serie di errori ed illusioni (trascendentali), che non sono ne casuali ne volontari ma strutturali, necessari e naturali. La dialettica è una critica di queste illusioni.

RIASSUMENDO:
1) il pensiero umano è limitato all'orizzonte dell' ESPERIENZA
2) possiede una TENDENZA NATURALE ad andare oltre
3) cercando di andare oltre l'esperienza fatalmente CADE IN ERRORE
4) questi errori sono NECESSARI e ubbidiscono ad una precisa logica
5) la Critica della ragione pura studia questi errori cercando di disciplinare la ragione nei suoi eccessi
6) DIALETTICA sono chiamati:
a) sia questi errori ed illusioni
b) sia lo studio di essi

La facoltà della ragione e la sua distinzione dall'intelletto in senso kantiano - La dialettica trascendentale studia la ragione e le sue strutture. Ma il termine RAGIONE in Kant ha due significati:
1) in senso generale indica la facoltà conoscitiva in genere
2) in senso specifico è l'intelletto in quanto si spinge al di là dell'orizzonte dell'esperienza possibile, e ciò è strutturale e ineliminabile
Perciò la RAGIONE da Kant è anche chiamata la FACOLTA' DELL'INCONDIZIONATO, la facoltà della metafisica che esprima l'esigenza dell'assoluto anche se non realizzabile.

La dottrina delle idee - Mentre l'intelletto è la facoltà di giudicare, la ragione è la facoltà di SILLOGIZZARE.
Il sillogismo deduce da principi supremi e incondizionati conclusioni particolari. Da momento quindi che per la logica classica vi sono tre tipi di sillogismo (categorico, ipotetico e disgiuntivo), tre saranno anche i concetti puri della ragione che Kant chiama IDEE (che di fatto corrispondono alle tre parti della filosofia moderna dopo Cartesio). Esse sono:
1) l'Idea psicologica (l'anima, l'io)
2) l'Idea cosmologica (l'Idea del mondo come unità)
3) l'Idea teologica (Dio).

Mentre per Platone le idee sono la vera realtà, i paradigmi assoluti dell'essere, per Kant esse sono una pura esigenza della ragione, i supremi concetti della ragione come sue esigenze strutturali o forme e delle quali non potremo mai avere una conoscenza adeguata.

La Psicologia razionale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Dialettica trascendentale

CRITICA ALLA PSICOLOGIA RAZIONALE: L'IDEA DELL'ANIMA ED I PARALOGISMI DELLA RAGIONE

Quando la psicologia razionale pretende di dimostrare l'esistenza dell'anima cade in ILLUSIONI TRASCENDENTALI, cioè ERRORI TRASCENDENTALI o PARALOGISMI.

I paralogismi sono sillogismi difettosi in cui invece di tre termini ve ne sono quattro (il temine medio ha due significati).

La psicologia razionale trasforma illecitamente l'Io penso in una sostanza ontologica, quando invece la sostanza è solo una categoria dell'intelletto applicabile solo alle intuizioni e quindi non può sintetizzare (avere come oggetto) l'io penso.
Perciò noi ci conosciamo solo come fenomeni (io empirico).

Quindi, per chiarezza, esiste:
1) l'IO PENSO che è una funzione di sintesi
2) l'IO EMPIRICO, l'io fenomenico come risultato della sintesi dell'intelletto
3) l'IO NOUMENO o sostanza reale ontologica che non è conoscibile.

La Cosmologia razionale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Dialettica trascendentale

CRITICA ALLA COSMOLOGIA RAZIONALE: LE ANTINOMIE

Quando la ragione pretende di conoscere il mondo come totalità e unità ontologica cade in ANTINOMIE
L'antinomia è una CONTRADDIZIONE STRUTTURALE della ragione e come tale insolubile.
Per Kant, in relazione ai quattro gruppi delle categorie, esistono QUATTRO PROBLEMI e quindi quattro ANTINOMIE:

1) Il mondo va pensato metafisicamente come FINITO o INFINITO?
2) Si risolve in parti semplici e INDIVISIBILI o è DIVISIBILE ALL'INFINITO?
3) le cause ultimative sono di tipo MECCANICISTICO o vi sono anche CAUSE LIBERE?
4) Esiste nel mondo una CAUSA NECESSARIA o no?

Queste antinomie sono strutturali e insolubili

Il RAZIONALISMO afferma:
1) la finitezza spaziale del cosmo
2) la indivisibilità della materia
3) l'esistenza di una causalità libera
4) l'esistenza di un essere necessario

Queste sono anche le tesi usate nella morale e nella religione e sono accettate dalla maggioranza degli uomini.

L' EMPIRISMO invece sostiene::
1) l'infinità spaziale del cosmo
2) la divisibilità all'infinito della materia
3) la struttura meccanica del cosmo
4) l'eternità del cosmo

Queste sono anche le tesi dello spirito scientifico.

La natura antinomica del sapere razionale riguardo al cosmo convince Kant della radicale insolubilità della questione cosmologica e pertanto dell'impraticabilità della cosmologia intesa come una scienza. 

La Teologia razionale
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pura - Dialettica trascendentale

CRITICA ALLA TEOLOGIA RAZIONALE: L'IDEA DI DIO E LE PROVE TRADIZIONALI DELL'ESISTENZA DI DIO

Dio è l'idea (o ideale) di un incondizionato supremo e assoluto, condizione di tutte le cose. Ebbene, secondo Kant, la metafisica ha elaborato tre prove dell'esistenza di Dio che egli critica:

1) LA PROVA ONTOLOGICA già elaborata da S. Anselmo e Cartesio la quale parte dal puro concetto di Dio per dedurne l'esistenza (l'essere perfetto è quello che contiene anche la sua esistenza)
La critica kantiana afferma che l'esistenza dedotta da un concetto è logica e non reale. Inoltre, secondo Kant, il giudizio di esistenza è sintetico e non analitico.

2) LA PROVA COSMOLOGICA invece usa in maniera trascendente il principio di causalità che invece vale solo come legame trascendentale tra fenomeni.
Inoltre essa ripropone camuffato l'argomento ontologico, in quanto anche se arriviamo dal contingente all'Essere necessario dobbiamo sempre dimostrarne l'esistenza reale in modo sintetico e non analitico.

3) LA PROVA FISICO-TEOLOGICA al massimo può dimostrare un architetto (limitato) del mondo e non un creatore e dovrebbe comunque anch'essa far ricorso poi agli argomenti precedenti.

 

L'USO REGOLATIVO DELLE IDEE DELLA RAGIONE

Concludendo la dialettica, Kant afferma che:
a) la metafisica non è scienza;
b) quando la ragione pretende di fare metafisica cade in errori e illusioni come mostra la dialettica;
c) le Idee non hanno un uso costitutivo come le categorie, cioè non determinano oggetti reali di conoscenza;
d) le Idee hanno solo un USO REGOLATIVO, cioè valgono solo come schemi e regole per ordinare e dare unità organica alla nostra esperienza, ai fenomeni. Cioè non ampliano la nostra conoscenza dei fenomeni ma UNIFICANO SOLO LA CONOSCENZA stimolando la ricerca dell'intelletto.

Perciò l'uomo deve vivere e pensare COME SE (als ob):
a) esistesse un'ANIMA che unifica tutti i fenomeni dell'uomo
b) un principio unico intelligibile, IL MONDO, da cui dipendessero tutti i fenomeni fisici
c) se esistesse DIO.

U.D. 8

La Critica della ragione pratica
Cfr. I. Kant, Critica della ragione pratica

La Critica della ragione pratica Torna all'inizio

Il concetto di ragione pratica e gli scopi della nuova critica - La ragione umana possiede un USO TEORETICO e un USO PRATICO. Il procedimento di Kant è analogo a quello della Critica della ragione pura in quanto parte dall'esistenza, come fatto della ragione, della legge morale per cercare di darne una giustificazione, cioè se sia possibile di diritto.
Nella Critica della ragione pratica Kant opera una critica della ragione in quanto determina la volontà e quindi non è pura ma possiede una realtà oggettiva. Afferma cioè che la ragione pratica è di per sé solo pratica in quanto, non potendo trovare nella metafisica e quindi nella ragione teoretica i principi del comportamento, deve trovarli in sé stessa.
Cioè mentre prima METAFISICA fondava l’ETICA, ciò non è possibile secondo Kant poiché la metafisica non è scienza e quindi non può costituire il fondamento della morale.
Perciò basta provare che esiste una ragione pratica che DA SOLA possa muovere la volontà senza motivi provenienti dall'esperienza.

Mentre Kant nella Critica della ragione pura ha criticato le pretese della ragione teoretica di trascendere l'esperienza (nella Dialettica trascendentale) nella Critica della ragione pratica critica, all'opposto, le pretese della ragione di restare legata sempre e solo all'esperienza: L'IMPERATIVO MORALE È PER KANT UNA SINTESI A PRIORI.

La legge morale come imperativo categorico - Il comportamento umano, e quindi la volontà, è determinato da PRINCIPI PRATICI, o regole generali, che si possono dividere: MASSIME (soggettive) e IMPERATIVI (oggettivi).
Questi, a loro volta, si possono dividere in IPOTETICI (prescrizioni pratiche) e CATEGORICI (leggi pratiche morali).
Le MASSIME sono principi pratici soggettivi: es. vendicati delle offese ricevute.
Gli IMPERATIVI sono invece oggettivi:
a) IPOTETICI, se la determinazione della volontà avviene secondo una condizione: “se vuoi essere promosso devi studiare”, etc. (SE VUOI ....DEVI).
b) CATEGORICI quando non esiste alcuna condizione: DEVI PERCHE' DEVI.

LEGGI MORALI SONO SOLO GLI IMPERATIVI CATEGORICI sono quindi universali e necessari per l'essere razionale, anche se data l’esistenza della libertà possono non attuarsi.

L'essenza dell'imperativo categorico: il formalismo - La legge morale non dipende dal contenuto ma è solo FORMALE. Si deve cioè rispettare in quanto legge (razionale) e non per il piacere o per i benefici che possono derivare dal comportamento.
Quindi non è morale ciò che si fa ma L'INTENZIONE con cui lo si fa.
La volontà deve pertanto adeguarsi alla forma della legge (DOVERE) e l'essenza dell'imperativo categorico non consiste nel comandarmi ciò che debbo volere, ma COME debbo volere ciò che voglio, come devo fare ciò che faccio.
Una tale concezione non mi dice però cosa debbo fare ma solo come debbo farlo per cui Kant lo esprime in tre FORMULE:

1) agisci in modo tale che la massima della tua volontà possa valere sempre, al tempo stesso, come principio di una legislazione universale, cioè che LA TUA MASSIMA (SOGGETTIVA) DIVENGA LEGGE UNIVERSALE (OGGETTIVA).
Di fatto ciò è possibile considerando gli effetti che produrrebbe nella società la scelta di una certa massima, esempio rubare, non restituire i debiti, uccidere. Vorremmo noi viverci in tale società ? Certamente no! Ciò però mostra come Kant presupponga l'esistenza di alcuni valori quali vivere in pace in società e quindi contraddica il suo formalismo.

2) agisci in modo da considerare L'UMANITA', sia nella tua persona, sia nella persona di un altro, SEMPRE anche COME SCOPO, e MAI COME SEMPLICE MEZZO (non strumentalizzare le persone).
Anche qui si può notare come Kant in contraddizione al suo formalismo consideri la persona un valore

3) agisci in modo che la volontà, con la sua massima, possa considerarsi come UNIVERSALMENTE LEGISLATRICE rispetto a sé medesima.
QUINDI SIAMO NOI CON LA NOSTRA VOLONTA' E RAZIONALITA' A DARE LA LEGGE A NOI STESSI

La libertà come condizione e fondamento della legge morale - L'esistenza di fatto della morale (ragione) si può spiegare solo presupponendo la libertà. Cioè SE DEVO, VUOL DIRE CHE POSSO, e se posso significa che sono LIBERO.
Quindi devo dunque posso e non viceversa, perché altrimenti sarebbe presupposta la metafisica alla morale.

La LIBERTA’ è allora il carattere proprio di quella volontà che può essere determinata dalla pura forma della legge, senza bisogno del contenuto.
La libertà così DEDOTTA in via morale mi permette di prendere coscienza di essa senza farmene cogliere l'essenza.

L'autonomia morale - In senso NEGATIVO la libertà si definisce come l'indipendenza della volontà dalla legge naturale dei fenomeni. Ma in senso POSITIVO la libertà è la capacità di autodeterminarsi (AUTONOMIA). L'ETERONOMIA invece è la dipendenza della volontà da qualcosa che è altro da lei.
La morale kantiana è formale, rigorosa, e presuppone la libertà e l’autonomia. Mentre, secondo Kant, le morali precedenti sono eteronome, cioè dipendono da contenuti.

I moventi della ragione pura pratica - I motivi di un’azione possono essere soggettivi o oggettivi. A loro volta quelli soggettivi possono essere esterni (educazione e costituzione civile) o interni (sentimento fisico e sentimento morale). Quelli oggettivi possono essere esterni (la volontà di Dio) o interni (la perfezione!).
Anche la ricerca della felicità inquina la purezza dell'intenzione morale – anche se agendo per il dovere l'uomo diviene degno di felicità.

Il bene morale - È la legge morale che pone e fa essere il bene morale e non viceversa.
La legge morale non mi comanda di fare il bene ma è bene ciò che la legge comanda nell'intenzione pura del dovere.
Si passa quindi dal formalismo all'agire concreto: come si media il soprasensibile e l'agire sensibile? Nella Critica della ragione pura la mediazione veniva realizzata tramite lo schema trascendentale, qui viene usato lo schema di una natura tipo immaginando le conseguenze nella società se una nostra massima divenisse legge universale morale: GUARDA LE TUE AZIONI NELL'OTTICA DELL'UNIVERSALE E CAPIRAI SE SONO AZIONI MORALI BUONE OPPURE NO.

Il rigorismo kantiano e il rispetto - Kant distingue tra AZIONE LEGALE fatta in conformità alla legge (e in questa categoria comprende anche le azioni fatte per sentimento o per farsi vedere) e AZIONE MORALE fatta per dovere.
Il rigorismo trova però un'unica eccezione nel sentimento del RISPETTO (Achtung) che dobbiamo attribuire alla legge e alle persone di dirittura morale.
In un essere perfetto la legge morale è naturale santità, in un essere finito è dovere!

I postulati della ragione pratica e il primato della ragione pratica - L'esistenza della legge morale fa postulare come suo fondamento la realtà noumenica.

IL POSTULATO DELLA LIBERTA' - L'imperativo categorico è una proposizione sintetica a priori strutturalmente implicante la libertà. Inoltre la categoria di causa secondo Kant è applicabile al mondo noumenico, non in senso teoretico ma solo pratico, morale, e quindi è possibile concepire la volontà pura come causa libera (!).

IL POSTULATO DELL'ESISTENZA DI DIO - Poiché il sommo bene, che è la somma di virtù (bene supremo) e felicità, non si realizza in questo mondo è lecito postulare secondo Kant l'esistenza di Dio che realizzi questa piena identità e conferisca al virtuoso anche la felicità.

IL POSTULATO DELL'IMMORTALITA' – Dal momento che la santità (cioè la piena adeguazione della volontà alla legge morale) non si raggiunge in questo mondo ma in un processo all'infinito è lecito postulare secondo Kant l'immortalità dell'anima.

La ragione pratica riempie così le esigenze metafisiche presenti nella Critica della ragione pura che non trovavano attuazione e quindi la RAGIONE PRATICA possiede il PRIMATO su quella teoretica.

U.D. 9

La Critica del giudizio
Cfr. I. Kant, Critica del giudizio

La Critica del giudizio Torna all'inizio

La Critica della ragione pura e la Critica della ragione pratica mettevano capo a due mondi incommensurabilmente distanti. Il primo fatto di meccanicismo, causalità e necessità in cui la libertà umana non ha spazio; il secondo segnato dalla libertà e dalla visione indeterministica e finalistica che portava a postulare quel mondo noumenico che la prima critica rifiutava.

Ora, come conciliare necessità e libertà?

Sulla scia degli empiristi inglesi e dei moralisti francesi Kant fa ora del sentimento la terza grande facoltà (dopo la conoscenza e la morale) distinta dalle altre e autonoma.

Laddove la prima Critica si esprimeva mediante giudizi DETERMINANTI, i quali cioè determinano gli oggetti fenomenici mediante forme a priori universali e necessarie, le categorie (l’universale è già dato). Una volta che il dato viene costituito ora si tratta di interpretarlo. Interviene quindi la terza Critica con i giudizi RIFLETTENTI i quali riflettono su una natura già costituita, limitandosi ad apprenderla secondo le esigenze di finalità e armonia (l’universale, in questo caso il principio di finalità, è cercato).

Non si tratta più di una necessità della facoltà conoscitiva, ma di un bisogno di quell’essere finito che l’uomo è di rinvenire ovunque una finalità.

Tali giudizi ricercano la finalità. Se tale ricerca avviene in modo immediato si chiamano ESTETICI, se in modo mediato si chiamano TELEOLOGICI.

Non vi è particolare differenza tra i due se non per il modo in cui si intende la finalità:
- se questa riguarda il rapporto di armonia tra l’oggetto e la sua rappresentazione nel soggetto si ha un giudizio estetico;
- se questa riguarda invece il finalismo interno all’oggetto stesso si ha quello teleologico.
Per chiarire (ma si complica) Kant parla dei primi come soggettivi o formali e dei secondi come oggettivi o reali.

NB. In entrambi i casi si parla di un giudizio a priori che riguarda sempre e solo un bisogno dell’uomo!

Il giudizio estetico - Non è bello ciò che piace ma… è bello ciò che viene espresso nel giudizio di gusto. Ossia in un giudizio puro (a priori). E infatti ecco le possibili definizioni (pure) di BELLO (secondo la tavola dei giudizi-categorie):

- (secondo la qualità) bello è ciò che piace senza interesse, cioè è l’oggetto di un piacere contemplativo e disinteressato. Esso nasce dal libero gioco delle facoltà umane e ci fa sentire in sintonia con il mondo in quanto non tende a dimostrare l’esistenza di qualcosa o a possedere oggetti, ma solo a contemplare la loro immagine o rappresentazione. (Ciò che è bello lo è a prescindere dal fatto che è mio, o che può rendere al suo proprietario… è bello ciò la cui rappresentazione è accompagnata in me da piacere)

- (secondo la quantità) bello è ciò che piace universalmente senza concetto. Bello è ciò che non richiede particolari conoscenze e che quindi non è sottomesso a queste. Le cose belle lo sono in modo alogico e spontaneo, non perché giudicate tali in seguito a qualsivoglia ragionamento.

- (secondo la relazione) bello è ciò che viene percepito secondo una finalità in cui manca la rappresentazione di uno scopo. Sembra un controsenso (finalità senza scopo) ma è vero: è bello ciò che manifesta una armonia interna, un accordo fra le sue parti, una proporzione, un senso, una certa logica (si badi: una logica alogica) senza però uno scopo determinato concettualmente esprimibile.

- (secondo la modalità) bello è ciò che (senza scopo né concetto) è riconosciuto come oggetto di un piacere necessario. Non ci sono regole, ma tutti sono concordi, lo devono essere, nel riconoscere il bello. Bello è ciò che ognuno percepisce intuitivamente come tale. Quel fiore è bello. Non vi è un manuale tecnico di bellezza, ma solo la contemplazione e la sua ripetizione.

Disinteressato e universale. Questi sono i caratteri fondamentali… non del bello, ma del giudizio estetico. Ancora una volta vediamo come a Kant non interessi tanto l’oggetto in sé, quanto le nostre possibilità (e le condizioni delle nostre possibilità) nei confronti dell’oggetto. Possibilità conoscitive o anche solo (in questo caso) contemplative.

Universale vuol dire che TUTTI DEVONO CONDIVIDERE il giudizio estetico.

Per comprendere questa pretesa di universalità bisogna distinguere il BELLO dal PIACEVOLE!
Piacevole è ciò che sollazza i sensi. È ovvio che la varietà dell’umano consente svariate possibilità piacevoli senza peraltro imporre un piacevole universale. Il piacevole, cioè, è legato a inclinazioni individuali (e qui si dice: de gustibus non est disputandum). Questo è tanto vero che spesso, quando si confonde il piacevole per il bello, si finisce per identificare il bello con l’attrattiva fisica (che è ciò che maggiormente influenza la sensibilità).
Ebbene non c’è nulla di più inquinato, contaminato e nulla di più lontano dal giudizio puro estetico.

Ma non ogni piacere (=dei sensi) è bello, lo è solo quel piacere (=dei sensi) che non è legato ad attrattive fisiche, interessi pratici, valutazioni morali o conoscitive.

Quindi il piacere estetico (ossia la contemplazione disinteressata alogica e universale del bello), proprio perché si basa sulle strutture del nostro giudizio a priori, è assolutamente puro e universale allo stesso tempo. Quel giudizio di gusto che non pretende l’universale consenso non si dirige al BELLO ma solo al piacevole!

Kant distingue inoltre la BELLEZZA LIBERA dalla BELLEZZA ADERENTE! Di che si tratta? Della distinzione tra qualcosa che è bello per sé e qualcosa che acquista la sua bellezza in seguito a connessioni con altro (si immagini il testo di una canzone: una brutta canzonetta può ottenere un giudizio estetico positivo qualora sia corredata di uno splendido testo; ma il testo, in una data lingua, pone in essere una serie di mediazioni, di concetti, che fanno venir meno la spontaneità del giudizio stesso).

Se si è ben compreso, si danno obbiettivamente pochi giudizi estetici puri intorno al bello. Il vero bello è raro.

Antinomia del gusto: se da un lato il giudizio di gusto non si basa su concetti perché allora sarebbe mediato, particolare, confutabile… (tesi), dall’altro se non si basasse su concetti non potrebbe pretendere la necessaria approvazione altrui.

Risposta kantiana: il termine concetto è usato in con due significati differenti. È vero che il giudizio di gusto (o giudizio estetico) non si deve basare su concetti DETERMINATI, ma allo stesso tempo si deve basare su concetti INDETERMINATI come quello della finalità…

La rivoluzione kantiana dell’estetica - Il bello non è una proprietà oggettiva e ontologica delle cose ma il frutto di un INCONTRO e di un RAPPORTO tra noi e le cose stesse. Se le belle forme sono in natura la BELLEZZA è solo nell’uomo!

È cioè indispensabile la mediazione della mente (ma si badi, si tratta di una mediazione immediata, alogica).

L’armonia, la finalità (così come spazio e tempo) sono qualità che il soggetto proietta nell’oggetto. Siamo noi che vediamo la bellezza nella natura non la natura che ci regala o ci impone qualcosa!!
Detto altrimenti: l’eteronomia estetica distruggerebbe l’universalità e la libertà del giudizio di gusto.

Il sublime - È quel particolare valore estetico che nelle sue varie modalità (tragico, orrido, terribile, solenne…) è prodotto da qualcosa di SMISURATO e INCOMMENSURABILE.

Ci sono due tipi di sublime: quello matematico e quello dinamico.
Quello MATEMATICO è prodotto da qualcosa di incommensurabilmente GRANDE che ci spaventa ponendoci di fronte alla nostra finitezza, ma ci affascina perché la nostra ragione è portata da questo a pensare all’infinito. Ancora una volta il VERO SUBLIME non è fuori dell’uomo ma in noi (ennesima rivoluzione copernicana). Non è l’oggetto che ci sta di fronte quanto la nostra capacità di provare sgomento e ammirazione prima per la cosa poi per la nostra rappresentazione della cosa e dell’infinito stesso. Il vero sublime è l’uomo!

Quello DINAMICO è prodotto da strapotenti FORZE naturali. Anche in questo caso la nostra piccolezza… o meglio la rappresentazione della nostra debolezza nei confronti della potenza della natura genera paura e sgomento cui seguono però ammirazione ed entusiasmo. Ancora una volta: la natura non è sublime in sé, ma lo è in quanto può produrre in ME immagini al di sopra di ogni immaginazione.

Quindi, mentre il bello nasceva dalla rappresentazione dell’armonia e della finalità, il sublime nasce dal contrasto tra rappresentazione e… ragione. Ovviamente il tutto in un contesto trascendentale.

DOMANDA: e il bello artistico?
L’arte, dice Kant, è bella quando ha la spontaneità della natura (e la natura è bella quando ha l’apparenza dell’arte).

Il genio (artista o natura che sia) ha le seguenti caratteristiche: originalità, esemplarità, inimitabilità.

ATTENZIONE: finalismo, armonia… sono tutte qualità esportate dal soggetto. Il mondo esterno si può studiare solo meccanicisticamente come fenomeno. L’accesso alla cosa in sé è assolutamente sbarrato. Saranno i romantici a forzarlo e, andando oltre Kant, a trasformare postulati ed esigenze in realtà.

Ultimo aggiornamento: martedì 11 marzo 2003


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