Clinamen

Scaccomatto

Fuori nevica e non c'è niente di più rilassante che intraprendere una partita a scacchi. Davvero. Possibilmente con musica tenue di flauti e violini in sottofondo, seduto su una sedia stile rococò, con scacchiera gigante e pezzi voluminosi in legno o marmo. Tutto questo però a patto che non giochi con il signor Guacci.

Gli incontri di scacchi con il signor Guacci sfociano in dispute che oserei definire grottesche . Ha un modo di giocare assolutamente privo di qualsiasi logica umana perché attua di quelle strategie che ti fanno pensare "ma quest'uomo sa che il suo scopo è fottermi il re?", poi quando pensi di giocare contro un epico imbecille che ti apre il campo per subire un matto, spunta fuori con una delle sue trappole (lui le chiama "le morse di Clementina") e ti inchioda minimo quattro pezzi pesanti in un colpo solo: una strage. Il cuore ti pulsa all'impazzata, emergono nuovi tic di cui ignoravi l'esistenza, proprio perchè eri convinto che l'avresti chiuso in cinque mosse cinque, invece guarda un po', il fesso sei diventato tu: che sdegno! Ti adiri, eviti di fissare il boia negli occhi, mentre nel cranio rimbomba solo una parola: bastardo.

In un turno tutti i tuoi calcoli si rivelano superflui, sei costretto a intavolare una nuova strategia e non puoi permetterti di sbagliare alcuna mossa. Il guaio è che non ci riesci perchè ti trasformi in un ebete, perdi la concentrazione, la metà delle mosse che fai non ci azzeccano e ti sudano le mani.

Nemmeno a farlo apposta la situazione in cui mi trovo io adesso è la medesima. Nonostante abbia la tentazione di sbattere tutto per terra e andarmene via seccato devo ammettere di essere in vantaggio con il numero dei pezzi. Il signor Guacci si accinge ad accendere un sigaro, quasi a voler festeggiare lo sterminio appena verificatosi sulla scacchiera. Evitando accuratamente di incontrare il suo sguardo, senza dubbio puntato sul mio volto, cerco di riassumere mentalmente lo stato dei pezzi.

Al signor Guacci spetta muovere. In attesa non posso non ammirare ancora la bellezza di quella scacchiera: marmo bianco levigato alla perfezione, luccicante per la luce che batte sulla superficie; i pezzi, striati appena di venature grigiastre e azzurre, sembrano forgiati da mano divina. E mentre lo sguardo cade su un alone di luce riflessa da un merlo della torre, la mano villosa del Guacci si interpone a rovinare l'incanto: la regina esegue scacco. Ma avevo previsto che muovesse così ed è inutile tale mossa.

Questa volta lo guardo in viso. E' come se stesse pensando a tutto tranne che all'incontro. Ha l'espressione di chi si sta preoccupando che non ci possa essere un limone da spremere sul tonno questa sera a cena. Immagino che si trovi in crisi e che non gli importi più nulla delle sorti della partita, anche perchè dove ha messo la regina mi basta magiarla con il re e arrivederci signora. No aspetta, la regina è coperta dal cavallo. Ma che lurido. Peccato però che io abbia una torre sulla traiettora... perfetto: torre mangia regina ed è fottuto. Non faccio in tempo a staccare le dita che lui sposta il cavallo e annuncia la mia condanna: Scacco Matto. Ommerda! Ma come sarebbe a dire scacco matto. Il Guacci si alza in tutta la sua austerità, andando a versarsi del brandy. Intanto penso: scacco matto?!?! E sì, quell''innocuo cavallo che ha difeso la regina precedentemente era lì pronto per stringere il cappio. Il re è attanagliato. Ma che bastardata, non me ne ero accorto, e pensare che me la cavo parecchio bene a scacchi. No, non può concludersi sempre così, non può ridurmi ogni volta così signor Guacci, ma perchè è così infame lei, possibile che non può farmi contento nemmeno una volta? Signor Guacci, come fa a ingannarmi con tanta disinvoltura, signor Guacci... e mentre è voltato a bere il brandy, dandomi le spalle come se volesse rendermi indegno di un qualsiasi affronto, gli scaravento la pesante scacchiera sulla testa, rovinandolo addosso al carrello degli aperitivi, che inevitabilmente si rovescia con scroscio di vetri e cristalli rotti.

- Ecco qua la tua cazzo di scacchiera! Gioca, gioca pure da solo! - Riverso a terra tenta di osservarmi, stralunato e in procinto di urlare, con la nuca già sanguinante e il sigaro ancora in mano. Nel suo tentativo di chiedere aiuto balbettando, non trovo niente di meglio che prenderlo a calci nello stomaco fino a fargli sboccare sangue, poi afferrandogli i capelli insipidi gli schianto la testa sul pavimento cosparso di vetri e vomito, tante volte quante ne bastano per fargli diventare la faccia un pezzo di carne al sugo. Bastardo. Già che mi capita la scacchiera sotto mano la uso di sbieco come una scure, in piena fronte, più e più volte finchè non mi fanno male le braccia, finchè non si spezza anche la scacchiera, su quella dura testa di cazzo. Scacco Matto signor Guacci. Nessuna risposta. Il sigaro ancora in mano.

In quel momento entra in casa la moglie. Si avvicina canticchiando, con gran rumore di borse di nylon, probabilmente la spesa. Entra in soggiorno esattamente di fronte a me; mi guarda prima in faccia per salutarmi, ma subito punta lo sguardo sullo scenario che si presenta a terra. Lasciando cadere le borse porta le mani sui capelli e urla, gli occhi come due lune piene, ma non osserva quella cosa che al signor Guacci ci assomiglia appena, piuttosto si precipita tuffandosi verso la scacchiera distrutta. - No! Il regalo del matrimonio! No! No! Ma come è potuto accadere! - Mi fa quasi ridere quel suo tentativo disperato di prendere i pezzi impregnati di sangue per riunirli alla funzionalità di un tempo, scivolano dalle mani tremanti, butterate dalle schegge di vetro. Mi abbasso accanto a lei, riflettendo con quanta facilità io abbia potuto portare dolore in quella casa. - Mi dispiace signora, è stato un incidente, non doveva succedere -.
- Lui è morto? - mi chiede lei, gli occhi straziati concentrati sui pezzi di marmo, con lo stesso tono come se avesse chiesto - La maionese è in frigo? - Non le rispondo.
Scoppiando in lacrime si lascia andare supina per terra, con un alfiere stretto al petto. Da qui posso intravederle le mutandine bianche di pizzo.

Nota: Clementina è il nome della moglie di Guacci.

Hastur