Titoli nobiliari con possibilità di Arbitrato legale avente forza di sentenza e pubblicazione del Decreto sulla Gazzetta Ufficiale Regionale della Repubblica Italiana

 

La concessione del titolo nobiliare, non essendo prerogativa dello Stato, avviene per virtù dei meriti riconosciuti alla persona dal potere, dalle prerogative, dalla corona e dalle facoltà discrezionali del Principe Pretendente al trono esclusivamente dotato di Fons e di Jus Honorum. Tale concetto è stato assunto in ogni tempo dalle Case Regnanti che hanno perso il trono a seguito di occupazione definitiva del territorio e perciò, mancando la debellatio, è sorta la figura del Pretendente. Un titolo nobiliare attuale, se meritato e ben portato, è pari a quello assunto nei secoli trascorsi, in quanto qualsiasi cosa è attuale nel momento in cui si acquisisce; ossia, tale titolo nobiliare, essendo emanazione della prerogativa Sovrana (rex nobilem tantum facere potest), si trova di fronte al Sovrano “oggetto” di fronte a un “soggetto”; il titolo nobiliare non è così originale antico, ma dativo. I titoli nobiliari e i predicati che possono essere concessi ex novo o rivendicati sono: Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone, Nobile, Patrizio, Signore, Cavaliere Ereditario; essi possono valersi con trasmissibilità alla prole o, compatibilmente ai desideri del titolato, ad altri membri e non del Casato o, a preferenza, della propria agnazione maschile o femminile. La stessa valenza vale in presenza di Lettere Patenti o titoli equipollenti di rinnovazione, riconoscimento, sanatoria e di assenso, compresa la rivendicazione d'Armi, qualifiche e trattamenti o l’elucubrazione con delineo ex novo dell’Arma gentilizia. Secondo la Costituzione (v.si la XIV norma transitoria e finale, e seguenti), allo Stato non interessa affatto che qualcuno abbia un titolo nobiliare atavico o nuovo, e non vieta di fregiarsene e farne uso nei rapporti pubblici e privati, né considera reato l’abuso di titoli nobiliari. Tale annotazione si rende necessaria per non nuocere alla dignità storica posseduta nel tempo dalla famiglia, onde il titolo diventa ricordo anagrafico, ossia biografia storica della persona o, nel caso di concessioni nobiliari, ex novo. Pertanto, riteniamo che la Patria Magistratura sia oggi l’unica autorità che, in qualità di organo accertatore e tutelatore dei diritti, come si occupa della tutela del più geloso e delicato tra i diritti della personalità, cioè quello al nome, così ha il compito e la potestà di accertare la legale esistenza di uno status particolare in una determinata famiglia e di dichiarare la spettanza dei titoli nobiliari, predicati, qualifiche e stemmi annessi al medesimo. Così motivati, valenti legali sono dopo non poche fatiche arrivati ad un elaborato cesello giuridico, che conduce a certificare la legittimità attuale del diritto affermato dal Richiedente. Quindi, riassumendo, l’accertamento della spettanza del titolo nobiliare, predicato, stemma e qualifiche in capo all’avente diritto si svolge attraverso un lodo arbitrale e secondo le norme vigenti in materia di arbitrato, a norma degli Artt. 806 e seguenti del Codice di Procedura Civile, tra il possessore del titolo nobiliare di cui si chiede l’accertamento e l’Istituto Superiore di Diritto Nobiliare. La sentenza della Cassazione Civile, Sezioni Unite 20/05/1965, n. 987, afferma che “l’accertamento preliminare della spettanza del titolo nobiliare può tuttavia compiersi a diversi fini: per la cognomizzazione del predicato, per il diritto di appartenenza a determinate associazioni, per beneficiare di particolari vantaggi, quali l'ammissione in collegi o l'attribuzione di borse di studio…” Il Supremo Collegio ha osservato, anche con riferimento alla sentenza dalla Cassazione Civile n. 2087/1961, che “gli accertamenti incidentali e le relative affermazioni sull’esistenza del titolo nobiliare… devono considerarsi anch’essi implicitamente ammessi dalla Legge e non possono importare lesione del principio della parità sociale dei cittadini, proclamato dall’Art. 3 della Costituzione Italiana”. Il Lodo assume, mediante provvedimento del Magistrato richiesto nelle forme di Legge, forza di sentenza (così la Corte Costituzionale, 12 Febbraio 1963, n. 2) fra le parti, gli eredi o aventi causa (Cassazione Civile, Sez. III, 29 Maggio 1980, n. 3552) ed efficacia di cosa giudicata se non impugnata nei termini di Legge, Cassazione Civile, Sezione I, 7 Febbraio 1963, n. 194. Il Giudice Unico, accertata la conformità del lodo alle disposizioni di Legge, lo dichiara esecutivo nel territorio della Repubblica con Decreto, mediante deposito nella Cancelleria del Tribunale, con successiva pubblicazione del Decreto sulla Gazzetta Ufficiale Regionale della Repubblica Italiana. Questa pietra miliare costituisce una verità incontrastabile, rendendo giustizia alla nobiltà ma, soprattutto, agli uomini che vantano un’eredità di onore e un patrimonio di virtù. Attività di natura legale che viene espressa da valenti avvocati e professionisti del settore. Tempi di realizzazione lodo, 180 gg.

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