Proemio

Parlare oggi di nobiltà può sembrare anacronistico perché in contrasto con gli orientamenti politici, filosofici, sociali che, alimentati e cresciuti per troppo tempo in una logica di “egualitarismo”, vorrebero negare storia e tradizione.

L’uomo che il Carducci definisce “materia e spirito-ragione e senso”, procede nei millenni, in quella sua costante ascesa evolutiva che ha per fine ultimo il monito dantesco:

“Considerate la vostra semenza, 

Fatti non foste a viver come bruti, 

Ma per seguir virtude e conoscenza”

(Inf. XXVI. 119)

La nobiltà deriva dalla nascita. Già nella Genesi appare la prima genealogia, nella stirpe di Caino (Gen. 4-16-24) e via via fino al nuovo testamento dove sono note le genealogie di Gesù (Lc 3, 23-38) tramandateci dagli apostoli Matteo e Luca. Così, la nobiltà sia “teocratica” o “cavalleresca”, “burocratica” o “cittadina”, è apparsa e si è sviluppata in ogni angolo della terra, dall’inizio dei tempi, passando in eredità a greci e latini, etruschi e celti, slavi e teutonici, indiani e giapponesi, aztechi e incas, a conferma di quella Legge Universale distintiva, comune a tutti gli uomini perché connaturata al loro essere.

La nobiltà costituisce una eredità di onore, un patrimonio di virtù, rappresenta quella “virtù conosciuta”, come la definì Cicerone, perché i Romani intendevano i “nobiles” “quasi nascibiles seu notabiles”. Cos’è infatti la nobiltà se non la nota virtù degli avi continuata nei discendenti? In quanto ogni figlio è fedele depositario del nome intemerato tramandatogli dal padre, così la nobiltà è fiera e gelosa custode di ogni sua famigliare tradizione, del nome e dei titoli, dei suoi spirituali privilegi, di tutte le sue gloriose reliquie, simbolo e patrimonio della schiatta.

Così il concetto di nobiltà, spoglio di vanagloria e privilegio, si inserisce nella sociologia, quale affinamento della specie umana nel suo continuo divenire è inutilmente uno spirito disdegnoso può rigettare le ricordanze delle età che furono.

Nobiltà significa radiosa tradizione di quanto nobile e grande abbiano operato i singoli nella collettività.

In tale contesto si inserisce la ricerca storica, la conservazione dei valori e dei simboli che è propria del nostro Istituto.

Ed è per questo che ben volentieri il Consiglio Araldico Italiano, attraverso una minuziosa ed attenta raccolta di dati storici permette di entrare in contatto con un mondo misterioso ed affascinante fatto di simboli e di colori, di storia e di incanto.

Il mondo di quella nobiltà che si origina dall’individuo per cui il poeta scriveva:

‘Or quella nobiltà se tu noìl sai, 

Che nasce da te stesso e questo il mento

 Vero, di cui fondator ti fai.

Città del Santo, A.D.  MCMXCVI           

Don Francesco Maria Mariano

Duca d’Otranto e di Lipari

La concessione del titolo nobiliare costituisce il riconoscimento morale e reale di particolari meriti e si concretizza con la mobilitazione perpetua della persona, trasmissibile in via ereditaria.

In base alla legittimità di tale potere, il nobile assume corona, stemma e distinzione araldicamente accettati anche se la nobilitazione gli proviene da Ente, cui non fanno riscontro organi competenti di altri Stati, atti a sanzionare la legalità.

Il titolo nobiliare può venire concesso appoggiato direttamente al cognome della persona, oppure legato a predicato che si richiama a località situate in territorio su cui dominò la Dinastia, la quale ancora giuridicamente viene considerata Sovrana di quei Domini, infine può essere talvolta appoggiato su denominazioni relative a proprietà terriere del candidato.

Benché in Italia e in altri Paesi a carattere repubblicano non esista la fonte di tale onore, la Magistratura in molti casi si pronunzia su richiesta dell’interessato, concedendo- con ordinanza allo Stato Civile- l’aggiunta del cognome del solo predicato relativo al titolo nobiliare, tenendo ben presente che l’Art. XIV delle Disposizioni transitorie e finali della Costituzione Italiana così dispone: “I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome. La legge regola la soppressione della Consulta Araldica”. La Repubblica Italiana non ha quindi abolito i titoli nobiliari né ha proibito il loro uso da parte degli interessati; si è limitata a non riconoscerli.

La concessione del titolo nobiliare, non essendo prerogativa dello Stato, avviene per virtù dei meriti riconosciuti alla persona dal potere, dalle prerogative e dalle facoltà discrezionali del Capo della Reale Casa, per atti indipendenti di valore e di carità e per il riconoscimento di benemerenze conseguite,privatamente o pubblicamente, ma che abbiano toccato la sensibilità del Principe, prescisse da rapporti costituiti con la cosa pubblica e con la Patria di appartenenza del candidato. Tale concetto è stato assunto in ogni tempo dalle Case Regnanti e non che abbiano conferito la particolare dignità del titolo nobiliare.

La tradizione di un titolo nobiliare viene fatta dalla persona che ha acquisito e non dalla storia, che consiste soltanto nella perpetuazione del titolo attraverso i tempi, per strumento delle discendenze che usano il titolo stesso automaticamente alla semplice stregua di un bene patrimoniale, trasmesso ereditariamente. Non esistono, quindi, valori di titoli nobiliari differenziati secondo rapporti cronologici.

Un titolo nobiliare attuale, se meritato e ben usato, è pari a quello assunto nei secoli trascorsi, in quanto qualsiasi cosa è attuale nel momento in cui si acquisisce.

In virtù delle prerogative riservate esclusivamente ai Capi di Dinastie non “debellate” e pertanto ritenute sempre Sovrane, il Capo della Reale Casa può concedere titoli nobiliari, siano essi appoggiati sul cognome o sul predicato. I predetti titoli, che vengono conferiti a persone d’indiscussa moralità, possono essere liberamente usati e non devono essere inscritti in alcun registro di Stato, poiché quelli annotati ai sensi e per gli effetti dell’ordinamento nobiliare italiano, riguardano esclusivamente i titoli nobiliari concessi dal Capo della Casa Savoia.

I titoli che possono essere concessi sono: Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone, Nobile, Cavaliere ereditario; essi possono essere concessi con trasmissibilità alla prole o, compatibilmente ai desideri del titolato, ai nipoti.

I candidati dovranno riempire il questionario e restituirlo alla ns. Segreteria.

Nell’eventualità che non si tratti di nuova concessione, bensì di riattivazione, riconoscimento o sanatoria occorre allegare alla domanda anche tutti i documenti giustificativi relativi alla richiesta.

Eventualmente l’interessato dovrà allegare cenni biografici della famiglia.

Non appena la segreteria farà conoscere l’esito della domanda, in caso affermativo l’interessato sarà invitato a soddisfare la regolarizzazione amministrativa. Tali obblighi si riferiscono alle spese di concessione che variano da titolo a titolo, diritti di Segreteria ed, infine, ad una oblazione.

Subito dopo la comunicazione del conferimento, l’interessato riceverà i documenti ufficiali che sono:

  1. Il Decreto Reale firmato da S.A.R. innanzi al Notaio della Sua Augusta Famiglia;

  2. Diploma Reale in carta pergamena di concessione del titolo nobiliare, firmato dal Principe Reale con l’autentica di firma del Notaio della Real Casa;

  3. Delineo ex-novo di stemma dipinto a mano;

  4. Passaporto di cortesia.

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