Il direttore giramondo...
Intervista a don Giuseppe Casti, direttore dell'Istituto
Salesiano di Cagliari
Scuola
pubblica o privata. Se ne discute in
questi ultimi mesi. Come vede lei il
problema?
La
nostra scuola cattolica non è una scuola privata, è una scuola pubblica perché
tutti liberamente possono frequentarla per
ricevere l’educazione che credono migliore; dunque anche la nostra
scuola cattolica è una scuola aperta al pubblico.
Se lei
avesse un figlio, in quale scuola lo manderebbe?
Ho
basato tutta la mia vita sui principi e sui valori cattolici e ritengo che
questa sia cosa più importante per la mia vita. Vorrei perciò che anche mio
figlio fosse educato secondo questi valori cattolici per poter continuare e
completare quella educazione che ha ricevuto in famiglia.
Sente
la mancanza della famiglia, dei figli?
Don Bosco ha
voluto noi salesiani inseriti in una grande famiglia spirituale; per cui è vero
che noi abbiamo rinunciato ad una nostra famiglia ma allo stesso tempo abbiamo
trovato un'altra famiglia e dei figli.
Per
noi i ragazzi, come diceva don Bosco, sono i figli che la Madonna ci manda.
A distanza
di molti decenni ormai, rifarebbe la scelta religiosa o sacerdotale ?
La
più toccante esperienza l’ho vissuta in Africa, in un villaggio abitato esclusivamente
da lebbrosi.
Perché questa è stata proprio la più toccante ?
Perché
incontrare delle persone sfigurate nel corpo ma allo stesso tempo ricche di
valori spirituali mi ha fatto capire che il nostro corpo esteriormente può
anche deteriorarsi, può anche disfarsi, ma quello che conta sono i valori che
abbiamo dentro.
I lebbrosi, sono persone che noi allontaniamo, lei cosa dice
a proposito?
Ho
incontrato lebbrosi in Africa ma ne incontro tuttora, poiché di persone
umanamente poco attraenti ce ne sono tante; ma esse non sono da allontanare
poiché anche loro sono degne del più grande rispetto e della più grande stima.
Questa esperienza la guida nella vita sacerdotale?
Sì,
molto. Dopo questa esperienza ho cercato di avvicinare tutte le persone, anche
le più povere, con il massimo rispetto.
Da qualche mese è direttore di questa scuola. È soddisfatto?
Ho
molti motivi per esserne soddisfatto; il primo motivo è quello di vedere tanti
ragazzi che tutti i giorni vengono in questa scuola: sono ragazzi sereni,
felici, desiderosi di imparare e soprattutto di crescere. Questo mi dà una
grande soddisfazione, una grande gioia per il futuro di questi giovani e per il
futuro della società sarda.
Lei come vede il futuro della società sarda?
Non
mi unisco a quanti vedono solo l’aspetto negativo della società sarda.
Ogni
giorno, quando guardo i giovani che entrano o che escono da questa scuola, ho
grandi motivi per essere soddisfatto e felice. Posso guardare con ottimismo
anche il futuro della nostra terra, del nostro popolo sardo.
La preoccupa la responsabilità di essere direttore della
nostra scuola?
Sono
preoccupato, ma sono preoccupazioni che si nutrono sempre sui giovani. Essi
sono una grande risorsa di energie e di rinnovamento, ma se queste energie non
vengono canalizzate, orientate ed educate nel modo giusto, queste risorse
possono anche diventare come degli esplosivi, delle mine che possono fare del
male.
Ma lei è ottimista o pessimista verso i giovani?
Sono
ottimista come Don Bosco, perché capisco che nei giovani ciò che c’è di bene,
di positivo, di bello è sempre più grande degli aspetti negativi che possono
esserci.
Siamo nel 2000, l’anno del grande Giubileo. Come pensa di
accompagnare i suoi studenti nell’anno giubilare ?
Il
2000 è un passaggio importante per la storia dell’umanità. Credo che il modo
migliore per vivere il III millennio sia quello di saper vedere tutti i motivi
di speranza che ci sono per la generazione futura; anche il papa lo ha detto.
Crede che il 2000 appartenga a qualcuno?
Si,
io sono sicuro che il III millennio apparterrà a coloro che sapranno guardare
con speranza questa nuova epoca.
Giubileo è festa e gioia. Che cos’è per lei la gioia?
Gioia
è poter constatare di aver riempito bene la propria vita. Gioia è anche condividere
tutto ciò che di bello, di buono, di positivo si è vissuto.
Don Bosco come vi ha educato a viverla ?
Don
Bosco ci ha educato a riempire bene la nostra vita lavorando per tutto ciò che
è bello, positivo, che crea speranza. Per noi questo è lavorare per i giovani.
Come vi rendete conto di aver svolto bene il vostro lavoro?
Quando
un giovane sa guardare con speranza al proprio futuro e trova motivi per vivere
e per spendere bene la propria vita: ecco questo è motivo di gioia sia per i
giovani che per noi.
Che uomo sarebbe Don Bosco ai nostri giorni?
Secondo
me Don Bosco sarebbe prima di tutto un uomo realista, saprebbe guardare con
occhi aperti la realtà e le sfide che ci pone la città di Cagliari.
Innanzitutto la sfida dell’occupazione: preparare i giovani ad entrare nella
società con competenza. E poi sfida culturale: saper affrontare le
problematiche d’oggi e saperne indicare le soluzioni.
Don
Bosco sapeva leggere nel cuore dei ragazzi e riusciva a capire il bisogno di
porre una domanda di senso e di spiritualità. Don Bosco ha saputo affrontare la
realtà del suo tempo e ha dato ai suoi giovani una spiritualità.
Anche
noi dovremmo dare un senso ai giovani d’oggi, di Cagliari, della Sardegna e
dovremmo saper proporre loro la spiritualità di cui hanno estremo bisogno.
(Per gentile concessione della Redazione di "World
Time", periodico della Scuola media salesiana Don Bosco di Cagliari)
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