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Lo scudetto del Cagliari compie 30 anni
Il 12 aprile 2000 è stato il trentesimo anniversario
di un giorno che certamente è presente nella memoria dei nostri genitori, ma
che ha grandissima importanza anche per tutti noi ragazzi tifosi del Cagliari.
Quel giorno la mitica squadra rossoblu, battendo per due a zero il Bari
all’Amsicora, conquistava matematicamente, a due giornate dalla fine, lo
scudetto del campionato 1969/70.
Certo,
con il Cagliari del 2000 miseramente retrocesso in B, questo può sembrare un
“amarcord” atto a dimenticare il presente, ma per me è più che altro
l’occasione di parlare della migliore squadra che la società rossoblu abbia mai
avuto, una delle migliori che abbiano mai giocato in Italia, quella squadra che
ha dato ben sei giocatori (Riva, Albertosi, Cera, Niccolai, Domenghini e Gori)
alla Nazionale di Mexico 70, quella di Italia–Germania 4–3, battuta in finale
dal Brasile del mitico Pelé.
Ancora
oggi ci sono ragazzi che hanno a memoria la mitica formazione: Albertosi,
Martiradonna, Zignoli, Cera, Niccolai, Tomasini, Domenghini, Nené, Gori,
Greatti, Riva, e le riserve Brugnera, Poli, Mancin, Nastasio, Reginato.
Nel campionato
dello scudetto (a 16 squadre), il Cagliari ha fatto 45 punti (quando una
vittoria ne valeva due), 42 reti (delle quali 21 di Gigi Riva), e ne ha subito
11, ha vinto 17 (non sempre porta sfortuna) partite, pareggiato 11, e perso 2,
entrambe in trasferta, una contro l’Inter (6° di ritorno, gol di Boninsegna
all’84’ su punizione dal limite), e l’altra contro il Palermo, alla 12° di
andata, la partita piú brutta, dove l’allenatore Manlio Scopigno è stato
espulso fino alla fine del campionato (poi è stato graziato, e ha potuto
assistere al trionfo finale). La partita decisiva è stata la 9° di ritorno,
nella quale al Comunale di Torino il Cagliari affrontó la rivale per lo
scudetto, la Juventus; al 29’ uno dei soliti autogol di Niccolai, al 45’ un gol
del solito Riva, al 65’ rigore per la Juve, tira Haller ed è parata di
Albertosi, ma viene annullato e fatto ripetere dall’arbitro Concetto Lo Bello,
tira Anastasi ed è gol, ma poi, all’82’ rigore per il Cagliari, tira Riva, gol:
finisce cosí 2 – 2, con i rossoblú sempre a + 2 sui bianconeri; con una partita
cosí, al giorno d’oggi scoppierebbero polemiche a non finire, ma quelli erano
ben altri tempi.
Ma lo scudetto non è stato il risultato di un
solo anno di lavoro, bensí di 7 anni, dal 1963, quando l’appena diciottenne
Riva arriva in un Cagliari ancora in B; all’inizio non ci vuole stare, ma poi
si ambienta benissimo, e soprattutto grazie a lui, i rossoblú l’anno dopo
conquistano la prima promozione in A; passano diversi anni, il Cagliari
migliora sempre piú, fino all’estate 1967, quando la Federcalcio impone la
trasformazione delle squadre di serie A in societá per azioni, con un capitale
minimo di 80 milioni di allora (circa un miliardo e mezzo di oggi), che il
Cagliari non ha, e le alternative sono due: o raccoglierli con una
sottoscrizione pubblica, cosa tentata ma non riuscita, o vendere Riva, e cosí
sembra all’ultimo minuto, quando invece la squadra viene “comprata”, con 160
milioni, dai piú importanti imprenditori continentali che investivano in
Sardegna, tra i quali Moratti; l’anno dopo il primo “scambio” vantaggioso, la
mezza punta Rizzo alla Fiorentina in cambio di Albertosi e Brugnera; nel 1969
un altro scambio, Boninsegna all’Inter in cambio di Domenghini, Gori, e Poli, e
cosí è fatta la squadra dello scudetto, allenata da Manlio Scopigno, detto “il
filosofo”, che creó un modulo di gioco innovativo, basato sull’elasticitá degli
schemi.
Come è stato detto ultimamente, per una
squadra che non sia la Juventus, per vincere uno scudetto bisogna meritarne almeno
tre: questo vale anche per il Cagliari di Riva, che meritava di vincere anche
nel 1969, quando è arrivato secondo alla Fiorentina, e nel 1971, l’anno
dell’infortunio di Gigi Riva, e per quell’anno forse anche la Coppa dei
Campioni. Ma per una squadra cosiddetta “provinciale” come la rossoblú, aver
vinto un campionato è giá molto, e, comunque, anche se è solo uno, tutti lo
pensiamo con piacere. Quella non fu solo una vittoria di una squadra di calcio,
fu l’affermazione di un’intera regione, della Sardegna che poteva dire di
essere finalmente entrata in Italia, anche se non del tutto, per aver battuto,
almeno per una volta, le squadre del ricco Nord; all’Amsicora, il 12 aprile
1970, c’era il pienone, composto da sardi di tutti i tipi, giovani, donne, lavoratori,
studenti… era una vittoria di tutti.
Per tutti questa vittoria ha un nome: Gigi
Riva, il protagonista assoluto e indiscusso di questo grande Cagliari, il
miglior giocatore italiano di allora, e forse di tutti i tempi; l’idolo
calcistico dei sardi, ma anche di molti continentali, affascinati dai suoi
grandiosi gol di sinistro, spesso decisivi; faceva sempre la differenza, in
campionato e in Nazionale, e non deludeva quasi mai. Chissá quale sarebbe il
suo valore se giocasse al giorno d’oggi, se riuscisse a esprimere al meglio le
sue potenzialitá, in un calcio proteso soprattutto verso il profitto, e
soprattutto se fosse al Cagliari, o in una delle famose “sorelle”
multimiliardarie.
Con questo numero di Cocktail finisce l’anno
scolastico. Auguro a tutti voi, carissimi lettori, delle buone vacanze estive,
e raccomando agli appassionati di sport di continuare a seguirlo: quest’estate
ci sono gli Europei di calcio, un calciomercato sicuramente rovente, il
Mondiale di Formula 1 con gare sempre piú decisive, e tante altre cose…
Tantissimi saluti da Ivan
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