Cocktail anno IX n. 1

Consegnare la fede alle sentinelle del mattino nell'alba del Terzo Millennio

Ero in Piazza San Pietro nel marzo del 1985: sposato da meno di un anno, avevo risposto con mia moglie all’invito del papa che aveva convocato a Roma la prima giornata mondiale della gioventù. Non ricordo più le parole pronunciate da Giovanni Paolo II in quella circostanza, ma ho ancora vivo il mio stato d’animo di allora: andare da quell’uomo che il 16 ottobre 1978, al momento dell’elezione a successore di Pietro, si era presentato al mondo invitando tutti a non avere paura ma ad aprire, spalancare le porte a Cristo: ed io diciottenne, nell’età delle grandi scelte della vita, aprii a Cristo anche le porte della relazione affettiva che proprio in quelle settimane stava sbocciando con la ragazza che sarebbe diventata mia moglie. Concluso il fidanzamento ed avviata appena la vita coniugale, quel primo appuntamento del 1985 equivaleva per me a riconfermare davanti a quell’uomo vestito di bianco che Cristo – come egli aveva assicurato – soddisfa davvero le attese dell’uomo.

Quindici anni dopo, ancora a Roma per la giornata della gioventù del grande Giubileo del 2000: questa volta, insieme a mia moglie, partecipano anche le mie due figlie di 13 e 10 anni. Ai giovani convenuti da tutto il mondo per quell’appuntamento d’agosto tanto atteso, il papa aveva detto: «Non permettete che il tempo che il Signore vi dona trascorra come se tutto fosse un caso». Oggi, a quarant’anni, anch’io posso riconoscere che la vita vissuta con le porte aperte a Cristo non delude ma svela giorno per giorno il suo significato. Non credo dunque che sia stato un caso ritornare dopo 15 anni a Roma per una giornata della gioventù da vivere insieme alla famiglia che il Signore aveva voluto nel frattempo donarmi. Mi ritrovavo così a riproporre alle mie figlie la stessa domanda del papa: «Chi siete venuti a cercare?». La risposta credo sia emersa sempre più chiara con il passare dei giorni: lungo le strade di Roma attraversate da migliaia di giovani festosi, nelle file interminabili in piazza san Pietro davanti alla Porta Santa, con la memoria dei martiri del nostro tempo durante la suggestiva Via Crucis al Colosseo, nella spianata universitaria di Tor Vergata insieme a due milioni di giovani trascinati da un vecchio che ripete un messaggio antico di duemila anni.

Già, chi ero venuto a cercare con mia moglie e le mie figlie? Sentivo profondamente vera, anche per me, l’immagine del "laboratorio della fede" proposta dal pontefice durante la veglia a Tor Vergata: un laboratorio dove si registrano difficoltà e successi, dove si attende pazientemente e dove si gioisce per quanto si sperimenta. La dialettica è sempre uguale: la Grazia, la chiamata, la risposta. Ora la mia risposta mi riportava in quel laboratorio in cui sentivo la responsabilità di introdurre le mie due figlie, ben consapevole di proporre non una vita comoda e facile ma certamente ricca di senso, nonostante la fatica di credere e la tentazione dell’incredulità. E quasi a confermare questi miei pensieri, ancora le parole del papa: «Anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, comporta una precisa presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio».

Può un genitore condurre i propri figli davanti ad uno che parla di martirio? Perché dovrebbe farlo? «Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà sì» – prosegue il papa che, quasi anticipando la mia esigenza di chiarezza, elenca situazioni concrete di vita: «Penso ai fidanzati e alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell’attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione di slealtà che può insinuarsi tra loro». Perché io genitore ed insegnante dovrei ripetere quegli inviti alla fedeltà e non unirmi al coro di coloro che dispensano la "pillola del giorno dopo", propongono una sessualità intesa come fatto ricreativo, sollecitano alla trasgressione in nome della libertà degli impulsi sensibili? Semplicemente perché desidero per le mie figlie ed i loro amici qualcosa di grande: un ideale da abbracciare, il rifiuto della mediocrità, l’impegno per migliorare se stessi e la società.

Non è facile. Torno indietro con la memoria alle difficoltà incontrate insieme alla mia ragazza nel gestire il rapporto di coppia sotto il segno di Cristo, alla quotidiana riconferma dell’amore nella fedeltà coniugale, alle tormentate scelte di solidarietà contro la logica del profitto, alla fatica di perdonare laddove sarebbe stato più facile condannare... niente di eccezionale, ma normali situazioni di vita dove ho avvertito la tentazione di lasciar perdere, di uniformarmi agli altri ed al tempo stesso un aiuto superiore per andare avanti. Adesso il dubbio: è un ideale accessibile per le mie figlie, per i loro amici, per i miei allievi? Una voce forte ed autorevole mi scuote: «È difficile. Non è il caso di nasconderlo. È difficile, ma con l’aiuto della Grazia è possibile».

Avverto la perplessità dei giovani, la loro difficoltà a credere e lavorare per un mondo solidale, pacifico, libero, rispettoso della vita, ma sento Giovanni Paolo II rassicurare i milioni di ascoltatori seduti sul prato di Tor Vergata o sulle poltrone di casa propria, ovunque nel mondo: «Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!».

Sono parole che mi ricordano la responsabilità del mio compito di genitore, educatore ed insegnante chiamato a consegnare la fede alle «sentinelle del mattino in quest’alba del III millennio». E l’alba spunta sui due milioni di Tor Vergata, riaccende i loro colori, riapre le loro orecchie ad ascoltare idiomi sconosciuti, schiude i loro occhi e scioglie le loro labbra davanti allo spettacolo appagante di esser parte di una moltitudine che "canta ad una voce sotto la stessa Croce".

Racchiudono ancora nel loro cuore molti interrogativi, e non a tutti la notte ha portato consiglio. Ci pensa Giovanni Paolo II che, tornato di buon mattino a Tor Vergata per la Messa conclusiva, così riassume i sentimenti di tutti: «Tra le tante domande affioranti al nostro spirito, quelle decisive non riguardano il che cosa. La domanda di fondo è CHI: verso chi andare, chi seguire, a chi affidare la propria vita». Con umiltà e fermezza, da insegnante e genitore, mi sento chiamato a ripetere davanti ai miei allievi, alle mie figlie ed ai loro amici – come Pietro davanti ai discepoli esitanti – «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna».

Daniele Siddi

 

HOME PAGE  |  TORNA AL SOMMARIO  |  LINKS  |  STORIA  |  ARCHIVIO  |  E-MAIL