“Non sono un razzista. Io credo nell'Islam"

 

La seguente e' la lettera di Malcolm X (Al-Hajj Malik al-Shabbaz) ai suoi assistenti di Harlem durante il pellegrinaggio fatto alla Mecca nell'aprile del 1964:

"Non ho mai sperimentato tanta sincera ospitalità ed un così profondo spirito di vera fratellanza quale quella praticata da gente di ogni razza e colore qui, in questa antica terra di Abramo, Maometto e tutti gli altri Profeti delle Sacre Scritture. Nell'ultima settimana, sono rimasto incantato e senza parole di fronte alla gentilezza mostrata verso di me da gente di ogni colore.  Sono stato benedetto dalla visita alla città santa di Mecca; ho eseguito i miei sette giri attorno alla Ka'aba, condotto da un giovane Mutawwaf (guida) di nome Mohammed; ho bevuto l'acqua della sorgente di Zemzem. Ho corso sette volte avanti e indietro tra le colline di Safa e Marwa. Ho pregato nell'antica città di Mina, e sul monte Arafat.

C'erano decine di migliaia di pellegrini, di tutto il mondo. Vi era gente d'ogni colore, dai biondi con occhi azzurri agli africani neri. Ma tutti partecipavamo allo stesso rituale, mostrando uno spirito di unità e di fratellanza che la mia esperienza in America mi aveva portato a credere  non potesse mai esistere fra bianchi e non bianchi.

L'America ha bisogno di comprendere l'Islam, perché questa e' l'unica religione che erode dalla società il problema della razza. In tutti i miei viaggi nel mondo islamico, ho incontrato, parlato e persino mangiato con persone che in America sarebbero state considerate bianche - ma in cui l'attitudine "bianca" era stata rimossa dalla religione dell'Islam. Non ho mai visto una più profonda e sincera fratellanza praticata da tutti i colori insieme, noncuranti dello stesso concetto di colore.

Potrete restare sorpresi da queste mie parole. Ma, in questo pellegrinaggio, ciò che ho visto e sperimentato mi ha indotto a modificare alcuni principi da me ritenuti veritieri in precedenza, ed a mettere da parte alcune delle mie precedenti conclusioni. Ciò non e' stato troppo difficile per me. Nonostante le mie profonde convinzioni, sono sempre stato un uomo che ha cercato di confrontarsi con i fatti e di accettare la realtà della vita che si rivela attraverso nuove esperienze e conoscenze. Ho sempre mantenuto una mente aperta, necessaria alla flessibilità che deve sempre accompagnare ogni forma di intelligente ricerca della verità. Nel corso degli ultimi undici giorni qui nel mondo musulmano, ho mangiato dallo stesso piatto, bevuto dallo stesso bicchiere, dormito sullo stesso tappeto - e pregato lo stesso Dio - di musulmani i cui occhi erano più blu del blu, i cui capelli erano più biondi del biondo e la cui pelle era più bianca del bianco. E nelle parole e nelle azioni dei musulmani bianchi ho trovato la stessa sincerità che ho trovato tra i musulmani neri della Nigeria, del Sudan o del Ghana.

Ed eravamo davvero tutti fratelli perché la fede in un solo Dio ha rimosso il bianco dalle loro menti, dal loro comportamento e dalla loro attitudine. Da questo posso capire che, forse, se i bianchi americani accettassero l'Unicità di Dio forse accetterebbero anche l'Unicità dell'Uomo - e cesserebbero di misurare, ostacolare e ferire gli altri a causa del loro differente colore. Con la piaga del razzismo che infetta l'America come un cancro incurabile, il cosiddetto cuore "cristiano" dei bianchi americani dovrebbe essere più ricettivo alla ricerca di una soluzione per un problema così distruttivo. Forse ciò potrebbe avvenire in tempo per salvare l'America da un imminente disastro - la stessa distruzione che il razzismo ha causato alla Germania ed ai tedeschi stessi.  Ogni ora trascorsa qui nella Terra Santa mi da' la possibilità di comprendere meglio ciò che sta avvenendo in America tra bianchi e neri. Il negro americano non può davvero essere biasimato per la sua animosità razziale - egli sta solo reagendo a quattrocento anni di lucido razzismo praticato dai bianchi americani. Ma poiché il razzismo guida l'America verso un sentiero suicida, io credo, dalla mia esperienza con essi, che i bianchi delle generazioni più giovani, nei college e nelle università, vedranno la scritta sul muro e molti si volgeranno verso il sentiero spirituale della verità - l'unica strada che resta all'America per evitare il disastro a cui inevitabilmente il razzismo conduce.

Non ho mai ricevuto tanto onore. Né mi sono mai sentito tanto umile ed insignificante. Chi potrebbe credere alle benedizioni che hanno coperto un Negro Americano? Alcune notti fa, un uomo che in America sarebbe stato definito bianco, un diplomatico alle Nazioni Unite, un ambasciatore, un amico di re, mi ha dato la sua suite d'albergo, il suo letto. Non avrei mai sognato di poter essere un giorno il destinatario di tale onorificenza - onorificenza che in America sarebbe stata concessa ad un re, non ad un Negro.

 

E le lodi sono per Allah, Signore di tutti i mondi.

 

Sinceramente vostro

Al-hajj Malik

al-Shabbaz

(Malcolm X)

 

tratto dall'Autobiografia di Malcolm X, scritta in collaborazione con Alex Haley

 

Fonte: www.arabcomint.com

 

 

 

 

La compassione, l'altruismo, la fratellanza e la generosità che Malcolm sperimentò a Mecca durante il  pellegrinaggio aprirono il suo cuore al vero spirito dell'Islam sunnita. Egli scrive nella sua autobiografia: "A causa dell'illuminazione spirituale con cui sono stato benedetto durante il mio recente pellegrinaggio nella città santa di Mecca, non sottoscrivo più alcun attacco contro alcuna razza. Ora cerco di vivere la vita di un vero musulmano sunnita. Ripeto che io non sono un razzista e non condivido alcuno dei principi del razzismo. In tutta sincerità posso dichiarare che non desidero altro che libertà, giustizia, eguaglianza, vita e perseguimento della felicità per tutti i popoli della terra. Io sono un musulmano"

 
 

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