Taskent, 13 Maggio 2005. E' di poche ore fa la
notizia di disordini ad Andijon, cittadina nell'estremo oriente dell'Uzbekistan.
Precisiamo subito che non si tratta (almeno per ora, mentre scriviamo) di
un inizio di "rivoluzione" come avvenuto di recente nel vicino Kirgizistan,
o come in Ucraina e in Georgia, poichè l'Uzbekistan ha già un governo
filoamericano. Ma non si tratta neppure di "piccoli disordini", visto che
il rapido accavallarsi degli eventi, con 9 morti e l'assalto agli uffici
amministrativi e ad un carcere, hanno fatto accorrere nella città il
presidente Islam Karimov.
Per comprendere meglio cosa sta avvenendo in questo
non tanto remoto angolo di ex-URSS occorre brevemente analizzare il quadro
geopolitico locale. Il presidente Islam Karimov (noto tra i musulmani come
Ibn Abdulgani Karim-oglu) ha dominato la scena politica da prima del 1989,
periodo nel quale era a capo del Soviet Uzbeko. Karimov ha cambiato il
nome del Partito Comunista Uzbeko in Partito Democratico del Popolo e ha
creato lui stesso dei piccoli partiti d'opposizione i cui segretari sono
suoi stretti alleati.
I movimenti di dissenso sono stati eliminati e
dall'11 settembre del 2001, tutti i partiti islamici e i gruppi di
opposizione sono stati inseriti nelle liste dei terroristi internazionali.
Karimov, eletto nel 2000, grazie a una criticata estensione del suo
mandato, governerà fino al 2008. Secondo molte organizzazioni umanitarie
le condizioni sociali in Uzbekistan sono precarie e il governo attua una
repressione crudele nei confronti di tutti gli oppositori.
La pena di morte è ampiamente applicata. Si pratica
la schiavizzazione forzata dei bambini per il lavoro nelle piantagioni di
cotone e la sterilizzazione forzata delle donne a scopo di controllo
demografico
L'economia Uzbeka non versa in buona salute anche se
il Paese è il secondo produttore mondiale di cotone e possiede grandi
riserve d'oro e petrolio. Il Fondo Monetario Internazionale ha bloccato
gli stanziamenti di 185 milioni di euro previsti per il 1996 accusando il
governo dell'Uzbekistan di non rispettare la scaletta economica stabilita.
Tra il 1992 e il 1998, tuttavia, il governo uzbeko ha goduto di
finanziamenti pari a 144 milioni di euro in aiuti umanitari e assistenza
tecnica da parte di organizzazioni statunitensi.
Il Paese gode di ottime relazione bilaterali con gli
Stati Uniti e con la Russia soprattutto in seguito alla partecipazione
diretta alla "guerra contro il terrorismo".
Negli ultimi anni si è intensificata anche la
compravendita di armamenti, facendo dell'Uzbekistan il più grande
esportatore di armi dell'Asia centrale con quasi 200 milioni di euro di
ricavi. Teoricamente la censura è bandita dalla legge e la stampa uzbeka
gode di ampie libertà. In pratica Human Right Watch e Amnesty
International hanno denunciato "lo stretto controllo di tutti i media da
parte dello Stato e la totale mancanza di punti di vista indipendenti".
Secondo tali organizzazioni "il giornalismo in questo Paese soffre di
dilettantismo, incompetenza e mancanza di etica".
Gli Stati Uniti hanno più volte accusato l'Uzbekistan
per la mancanza di libertà d'espressione ma, dall'intervento in
Afghanistan, secondo diverse organizzazioni umanitarie, le accuse sono
drasticamente diminuite. I canali radiofonici e televisivi, ufficialmente
indipendenti, appoggiano comunque il governo. Alla luce di queste
considerazioni, in Uzbekistan sussistono tutte le premesse per scatenare
una nuova guerra santa e la repressione indiscriminata del regime di
Karimov è la causa prima dell'imminente conflitto.
Dopo la caduta dell'URSS, infatti, si diffuse nel
Paese una delle più radicali interpretazioni dell'Islam: l'ideologia
wahhabita. Questo fenomeno ha portato alla rinascita della militanza
islamica. Due uomini presero la guida del movimento islamico uzbeko: il
mullah Thoir Juldashev e Jumaboi Khodjiev, meglio conosciuto come Juma
Namangani, il leader dell'IMU, il Movimento Islamico per l'Uzbekistan.
Juma Namangani, 35 anni se è ancora vivo, per l'Uzbekistan mussulmano
rappresenta una figura leggendaria. Nel 1987 è stato paracadutista
nell'esercito sovietico durante l'invasione in Afghanistan e, durante la
guerra contro i mujahidin, comincia a sviluppare una profonda ammirazione
per il nemico, che lo porterà ad abbracciare la fede mussulmana.
Della sua persona esistono poche fotografie e non ha
mai concesso interviste, d'altronde la sua organizzazione l'Imu, raramente
rilascia dichiarazioni alla stampa. E' comprovato che l'Imu sia stato
finanziato da Osama bin Laden, il quale aveva tutta la convenienza di
creare una nuova base operativa in Asia centrale, un'area dove in
precedenza aveva avuto scarsi contatti.
Il gruppo dal 2000, risulta inserito nella lista
delle Organizzazioni terroristiche straniere (Fto), redatta dall'Ufficio
Antiterrorismo del Dipartimento di Stato americano. Alla fine del 2002 è
cominciata a circolare la voce che Namangani fosse stato ucciso negli
scontri intorno alla città di Kunduz (Afghanistan). La notizia, diffusa
dal presidente del Tagikistan, Emomali Rakhomonov, non è stata mai
confortata da prove e troppi dettagli risultano ancora contradditori. Di
certo, se è ancora in vita, al più presto si riorganizzerà per colpire
duramente il regime di Karimov e tutti gli obbiettivi americani nelle
città uzbeche.
Ed ora iniziano i disordini nel Paese, e si può
ragionevolmente supporre che sia solo il principio di una serie di azioni
volte ad imporre uno stato islamico in Uzbekistan. Gli interrogativi da
porsi a questo punto riguardano il come si comporteranno gli Stati Uniti,
ma anche la stessa Russia, nei prossimi giorni, di fronte a questa
improvvisa minaccia di espansione talebana verso nord.
Alessandro Iacuelli
Fonte: www.reporterassociati.org