LA PENTOLA

ovvero

L’AULULARIA - di Plauto

Personaggi (27):

Presentatore

Lare                         (protettore della casa di Euclione)

Euclione               (l’avaro)

Fedria                     (figlia di Euclione, innamorata di Liconide)

Stafila                  (vecchia serva di Euclione)

Megadoro           (il vicino ricco di Euclione e zio di Liconide)

Pitodico               (servo di Megadoro)

Eunomia                 (sorella di Megadoro e madre di Liconide)

Liconide                (nipote di Megadoro, innamorato di Fedria)

Strobilo              (servo di Liconide)

Antrace                (cuoco)

Congrio                (cuoco)

Inserviente di Antrace                                      

Inserviente di Antrace                                      

Inserviente di Congrio                                      

Inserviente di Congrio                                      

Frigia                      (flautista più grassa)                 

Eleusia                   (flautista più magra)                  

Banditore

 Macellaio

Pescivendolo

Fruttivendolo

Fioraio

Profumiere

Orefice

Tintore

La Pentola          (voce fuori campo e tintinnio di monete)

     

In una piazza di Atene, nell’antica Grecia, si affacciano due case: una di un signore povero e avaro, di nome Euclione, l’altra del ricco e generoso Megadoro.

In fondo si scorge il tempio della dea Fede, accanto ad un boschetto.

   

presentazione

 

Presentatore:       Cari spettatori, buonasera!

Quella che stiamo per rappresentare, è una commedia, cioè una storia ricca di avvenimenti divertenti e a lieto fine.

L’autore di questa commedia si chiamava Tito Maccio Plauto e nacque 250 anni prima della nascita di Cristo, a Sarsina, in quella che oggi è l’Umbria. Si trasferì, poi a Roma, dove probabilmente lavorò come attore e dove scrisse le commedie che lo portarono al successo.

La commedia che vi proponiamo si intitola La pentola, ma il suo titolo originale è l’Aulularia.

Racconta le disavventure capitate ad un uomo anziano, Euclione, che, schiavo della propria avarizia, cerca in ogni modo di nascondere, agli occhi di tutti, un tesoro, racchiuso, appunto, in una grossa pentola.

Ma la generosità, alla fine, riuscirà a riportare pace e serenità.

Ora ha inizio la commedia, buon divertimento!

 

PROLOGO

LARE:                 Salve! Io sono il Lare. (sbigottito) Chi sono? Sono uno spiritello che vive in ogni casa, custodisco, proteggo e difendo la famiglia che, per questo, mi onora e rispetta come una grande divinità… offrendomi doni in abbondanza… 

                           Io, purtroppo, sono stata sfortunata: (tirando su con il naso) sono capitata in una famiglia che si tramanda in eredità, ahimè, solamente l’avarizia.

                          (Indicando la casa povera di Euclione) Vedete questa casa? Io vivo qui e il mio padrone è Euclione… sembra una casa di povera gente… in realtà possiedono un immenso tesoro!

                      Ora vi racconto bene i fatti: il nonno di Euclione possedeva una pentola piena di monete d’oro e, nel timore che gliela rubassero, scavò una profonda buca nel focolare e ve la nascose.

Mi pregò di custodire il suo segreto e di non rivelarlo a nessuno.

                            Così ho fatto. Per molti anni ho mantenuto la promessa, soprattutto perché i padroni che ho avuto si sono rivelati talmente avari e duri di cuore da non meritare tanta ricchezza.

                      Avrei continuato a rimanere in silenzio, ma Euclione ha una figlia, Fedria, bella e generosa, che tutti i giorni dell'anno, mi prega, sacrificando incenso, o vino, o altro, e offrendomi ghirlande.

Ho deciso così di svelare a suo padre il mio segreto… con quell’oro Fedria potrà sposarsi portando in dono al marito una ricca dote, degna della sua bontà d’animo.

                           Spero che vada a finire così, poiché temo che Euclione voglia tenere il bottino tutto per sé… è talmente avaro!

                            Ne vedrete delle belle… (esce di scena)

 

PENTOLA         (si sente un rumore di monete proveniente dal focolare della casa di Euclione) Ehi, mi sentite? (Urlando) Sono la pentola piena di monete d’oro. Sono nascosta qui sotto… mi sente nessuno? (Piangendo) Salvatemi! Sono prigioniera di un uomo malvagio e avaro che non vuole dividermi con nessuno! Sentitelo come urla, non fa altro tutto il giorno. Aiuuuto!

 

ATTO I

 

Scena I – EUCLIONE, STAFILA, PENTOLA

 

Sulla soglia di casa di Euclione.

 

EUCLIONE   (urlando) Via, va’ fuori curiosona! Con quegli occhiacci che ti escono fuori dalle orbite! (spingendola con prepotenza fuori dalla casa) Esci!

 

STAFILA      E che maniere!

 

EUCLIONE   (continuando a spingerla) Su, su… vai! Veloce! Cammini come una tartaruga!

 

STAFILA      (brontolando a parte) Prima o poi me ne vado sul serio!

 

EUCLIONE   Senti un po’ quanto borbotti, sembri una pentola di fagioli. Cammina senza voltarti… alt, ferma lì! Se mi spii sono guai. (Al pubblico) Finalmente se n’è andata! Volete sapere perché sono così cattivo con lei? Lo faccio perché Stafila, la mia serva, ha gli occhi pure dietro la testa e ho una gran paura che scopra dove è nascosto il mio oro. (Abbassando il tono della voce e guardandosi intorno) Ora vado a controllare se il tesoro si trova ancora dove l’ho lasciato. (Sospirando) Quel benedetto oro, non fa che darmi preoccupazioni! (entra in casa).

 

STAFILA      Non so cosa abbia il mio padrone, credo sia impazzito. Mi caccia continuamente fuori, la notte sta sveglio e il giorno lo passa a fare la guardia alla casa. Povera me! Boh! Non ci capisco niente…

 

PENTOLA     (tintinnio di monete) Non mi perde di vista un attimo. Ha paura che scappi! Lo farei se potessi!

 

STAFILA      Come farò a dirgli che sua figlia è innamorata di un giovane sconosciuto? Tremo solo all’idea!

 

EUCLIONE   (tra sé, uscendo di casa e tirando un sospiro di sollievo) Ora posso uscire tranquillo… il mio tesoro è al sicuro. (A Stafila) Vai dentro e fai la guardia!

 

STAFILA      (Ridendo) La guardia a cosa? Hai paura che qualcuno rubi la casa? Non abbiamo altro che ragnatele…

 

EUCLIONE   Mi piacciono le ragnatele e me le voglio conservare: va be’?! Sono povero e mi accontento di ciò che gli dèi mi danno!

 

PENTOLA     Che faccia tosta! Lui povero? Allora cosa c’è nella mia pancia? (tintinnio di monete)

 

EUCLIONE   Basta con le chiacchiere! Entra, chiudi la porta a chiave e non aprire a nessuno. Se i vicini venissero a chiedere la legna per il fuoco, l’acqua o qualsiasi altra cosa, dì che sono venuti i ladri e ci hanno portato via tutto. L’importante è che non entri nes-su-no. Neanche la dea Fortuna.

 

STAFILA      La Fortuna… (ridendo) abita qui accanto (indica la casa di Megadoro) e non le verrà mai in mente di bussare alla nostra porta.

 

EUCLIONE   (alzando un po’ la voce) Ora taci e fila in casa!

 

STAFILA      Taccio e filo.

 

EUCLIONE   Chiudi la porta a chiave, tra poco sarò di ritorno.

 

(Stafila entra in casa)

 

PENTOLA     Cosa non farebbe pur di mantenere intatto il suo tesoro! Qui sotto si muore dal caldo e dal fumo… voglio uscire allo scoperto. Aiuuuto!

 

EUCLIONE   (agitato, al pubblico) Allontanarmi dalla mia pentola è una vera sofferenza, ma devo andare all’agorà, perché oggi fanno della beneficenza ai poveri… (sfregandosi le mani) e io sono povero! Sono costretto a fingermi uno squattrinato, non voglio che nessuno scopra il mio tesoro. Be’ ora vado! (esce di scena correndo)

 


 

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